venerdì 24 giugno 2016



Paura di amare


Di Vincenzo Calafiore
26 giugno 2016 –Udine

<<  … non aver paura di dirlo a una donna
quel -ti amo- ! Dillo e sentirai in te una nuova
vita che non conosci e lei invece conosce già te!
Dillo con tutta la tua paura, dillo che l’ami e sarai
un uomo che danza un flamenco a mezz’aria, come
un aquilone sopra nuvole, sopra cielo, trattenuto
da un invisibile filo lungo tra cuore e anima! >>
                                              Vincenzo Calafiore

Del mio portolano, del ‘96

C’è da sentirsi soli poi, quando ritorna dentro quel mare che si agita e sconvolge ogni cosa fino a ieri quasi certezza; è l’amore!
L’amore che fa paura quanto la sua vastità, le sue profondità. Eppure io non ho mai detto a una donna – ti amo –  tanto mi metteva addosso paura solamente pronunciarlo.
Ci sono stati giorni felici ed era una felicità a me nuova ero come una barca nel suo incontrare il mare per la prima volta, non capivo perché il mio cuore batteva tanto da dolermi, non sapevo che quel dolore fosse amore, così cominciai ad assaporarlo, a farne pane di cui nutrirmi negli anni a venire.
Poi lei ancora di verginale età, si presentò una mattina d’estate davanti agli occhi miei con i suoi, ed io pensai che fosse lei quella che da tempo inconsciamente cercai in tutte quelle donne che ho avuto, fiori che duravano solo una notte.
Io già ero in cammino da molti anni prima, portando a termine il mio viaggio più di mare bastardo che di mare calmo, sono state traversate dell’anima che hanno lasciato i loro segni; non c’era più mare, non c’era orizzonte quando lei si allontanava dai miei occhi, quando non avevo il suo respiro addosso, quando non c’era il bianco dei suoi denti dietro labbra di rosa.
Quel ti amo una sera d’agosto glielo consegnai su punte di labbra che si univano per la prima volta calde, gonfie di desiderio.
Lei quasi sogno.
Il mare una notte salendo fino al mio rifugio mi portò via sempre più distante, sempre più lontano, sempre più solo su rotte a me sconosciute sempre lottando per tornare a lei che già a un altro aveva donato ciò che apparteneva al mio cuore.
Non c’era più mare, non c’era peccato.
Certe cose riescono a macinare piano, stritolano lasciando solo il necessario vivere, così tutto assume la tonalità grigia, e non c’è più voce, né cuore. Si spalancano deserti inimmaginati senza vento.
Non ci sono più parole né occhi che illuminano il buio come le stelle il cielo.
Si fa presto a dire a una donna “ ti amo” a volte con facilità sconcertante, ma amare una donna è così difficile, amarla è un infinito di altre cose, di altri mare da esplorare è andare oltre lo stesso amare.
Così lei all’improvviso giocando di sogni s’avvicina e torna in me la paura di trovarmela davanti agli occhi che ancora l’hanno cercata come Ulisse la rotta per tornare a Itaca.
E’ un amore che si scolora appena ci si allontana,
è un giorno senza sole se l’animo non prova quel dolore.
Allora lo dico quel – ti amo – ora in questa età mia di fine settembre, lo dico mentre il mio cuore ricomincia ad impazzire assieme alla mia vecchiaia puttana che se appena chiudo gli occhi sottrae ore, sottrae amore.
Ora, io ti amo.



martedì 21 giugno 2016



La vita

Di Vincenzo Calafiore    
22 giugno 2016- Udine

“ Io non lo so dove vanno i nostri cari
quando cessano di esistere, ma so dove
restano! “ 
                            Vincenzo Calafiore

Sono stati giorni duri, tremendi, in cui il forte vento della vita è soffiato con violenta improvvisa realtà, dell’esserci e del non esserci più.
In questo spazio armonico di pace e serenità custodito gelosamente, sì è aperto improvviso scenario diverso, cioè, che nulla è per sempre ma neanche momentaneo, è tutto provvisorio, tutto da vivere in un sol sorso quotidianamente senza nulla sprecare. Così è l’amicizia, così è l’amore, così è l’amare le persone che stanno accanto, così è la vita.
Gli scenari di questo palcoscenico che sembravano conosciuti e amati in ogni loro “essere” sono all’improvviso cambiati pur rimanendo a pieno nel loro essere significato pregno di amore, affettuosità, amicizia, tenerezze.
Tutto all’improvviso è divenuto ricordo, amicizia, di cui rammentare e raccontare parole e gestualità, quotidianità fatta di grande rispetto, grande Amore che la mia dolce amica Teresa ha saputo infondere e far crescere in ramoscelli divenuti poi alberi: i suoi alunni, i suoi amici, la sua famiglia.
Ora tutto questo non potrà più essere nel personale quotidiano di tanti.
Non potrà esserci nella vita di tutti noi che l’abbiamo avuta come grande amica, non potrà più esserci nella quotidianità del suo sposo che tanto l’adorava e ha amato, condivisa, in ogni giorno della loro stretta vita.
Lei Teresa Casali era un’esplosione di colori, allo stesso tempo un turbinio di sentimenti inscindibili quali la famiglia, il suo sposo Claudio, i suoi figli, il suo nipote Alessandro che tanto ha amato e lo faceva con grande facilità, con grande normalità; non a caso io le diedi il nomignolo di “ garibaldina” perché così era forte e ostinata capace di piccoli gesti che manifestavano un – comunque – troppo umano, troppo destino ma anche amore donato senza nulla chiedere mai in cambio.
Tolmezzo, come Prato Carnico la ricorderanno a lungo.
Non si tratta dunque di morte, poiché essa è quando nessuno ricorda, quando nessuno nomina. Teresa questo scricciolo di donna tutta effervescente come lo è la vita per certi aspetti, lascia nei cuori di chi ha avuto la fortuna di conoscerla, un grande vuoto e un’assenza che restringe più che allargare gli orizzonti, lei è dove noi vogliamo sia, è come noi vogliamo sia: viva!
Vive in quei ricordi che mai sfumeranno, o in quelle parole che sono rimaste nella testa, sono questi i registri che ci aiuteranno noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerla a non dimenticarla.
La chiesa e il cimitero, poco distanti l’una dall’altro, la stessa distanza tra cuore e anima; l’una stracolma dentro e fuori e lungo la strada ad attenderla per salutarla, e in chiesa a pregare perché la sua anima raggiunga il giardino dei giusti. Il piccolo cimitero guarda verso i monti quasi a voler donare a chi è lì, la serenità come quella che aveva sul suo volto, Teresa è morta serena, sorridendo, forse a voler dire al suo compagno di viaggio, - sii tranquillo che io ci sarò sempre - !
E chissà quanti fiori cresceranno sul tuo prato!
Teresa, noi ci conoscevamo da poco e mi hai accolto nella tua vita con grande gioia ( la mensa del Signore ) mi hai fatto dono della tua amicizia, quante risate, quanta allegria! Era bellissimo ascoltarti come vederti essere fermata lungo la strada da un saluto, da una stretta di mano a Tolmezzo come a Prato Carnico, Pesariis o Pesaria, e per tutti una parola di conforto e per te?
Era, il 18 giugno del 2016 una data da ricordare!

domenica 12 giugno 2016



Quel che rimane

Di Vincenzo Calafiore
13 giugno 2016- Udine

“ E, nell'impalpabile stasi silenziosa del sonno, tutto si risveglia, gli amanti sono ricongiunti e Psiche volerà al cielo con Amore e lì dimoreranno, felici, ... “


Se si potesse in qualche maniera sentire il respiro della vita, non saremmo affossati dal peso delle cose inutili addosso.
Se solo si potesse urlare quel sentire dentro di tanto amore senza paura, non saremmo così soli!
Eppure così, coi nostri confini invisibili dividiamo il tempo con altre persone sperando di non essere delusi o traditi, supportati e confortati da un Dio buono a cui fiduciosi nei silenzi andiamo a riparare nelle procelle di un quotidiano convulso.
Ma immancabilmente accade che a deludere a volte sarà la persona che più si ama a cui si è creduto o l’amico, così si conosce l’apatia, il rifiuto, ed è come andare per margini nella solitudine, nel distacco.
Il commercio degli affetti è un redditizio mercato in cui si svolgono cortese compravendite al dettaglio come fosse cosa normale dimenticando che di sentimento si tratta. Abituati a non dare valore alla scansione temporale del quotidiano, come se dovessimo aspettare il momento che verrà per vivere davvero questa vita. Non ci rendiamo conto che la stiamo già vivendo nella sua implicita pienezza dandole un’impronta originale e irrepetibile. Forse bisognerebbe fermarsi e riflettere, pensare, un istante: sto dando valore alla mia vita, o la do per scontata? Il tempo scorre intanto in un vivere di senso o privo di senso?
A volte succede che il “ presente” o l’amico, la persona che si ama possono non essere più rassicuranti, appariscono invece noiosi nel loro ripetersi. Se consideriamo la routine quotidiana, gli incontri saranno soliti, scoloriti, anonimi. Se viceversa siamo in grado di affrontare con umanità, le opportunità, la sacralità del presente, ciò che scorre quotidianamente e monotono, si colorerà di insolito e apparirà interessante. Era il 1985 e 1986! Ricordo le lezioni, allora, di Remo Bodei, di Sergio Moravia, di Sergio Givone, di Aldo Giorgio Gargani, di Cacciari, di Pier Aldo Rovatti, di Mauro Ceruti, di Maurizio Ferraris, di Vittorino Andreoli. Prima che la filosofia diventasse spettacolo ci s’interrogava - un po’ sulla falsa riga di quel che avveniva al San Carlo di Modena - intorno agli orizzonti culturali contemporanei, si cercava di comprendere il rapporto tra etica, politica, filosofia, si esaminava lo sgretolarsi delle ideologie di fine secolo, s’indagavano risposte possibili agli interrogativi dell’uomo contemporaneo nella post-modernità. Ci fu grande interesse all’idea iniziale di Riccardo Tosi, e forse perché ancor freschi di filosofia grazie anche ai nostri insegnanti come Adriano Vignali, dopo aver incontrato a Pisa il prof. Aldo Gargani, avevano deciso di offrire a un pubblico vasto ed eterogeneo riflessioni  che fino allora erano di pochi studiosi.
Ricordo il grande successo della lezione di Padre Ernesto Balducci (chi oserebbe oggi parlare di uomo planetario?) ne conservo le sue note!
Oggi sembra che la filosofia abbia conquistato un grande spazio nella società dello spettacolo e mette a dura prova la cultura di questi anni un po’ oscuri. I filosofi possono aiutarci a pensare e a ridare un senso profondo alle nostre azioni. Un po’ come la meditazione, quella che rimanda all’idea di esercizio, di ripetizione, di applicazione di tutto l’essere personale.
Verrebbe voglia di dire: C’est la vie! In questo dissacrante e anonimo in cui come me tanti sono costretti a vivere pietose manifestazioni di intelligenza e di cultura, altro non è che polvere di pseudo!
Pervadono il cattivo gusto e la demenzialità, l’ignoranza, la durezza, la scellerata violenza che per sopravvivere costringono all’isolamento, al rifugiarsi in sogni che mai si avvereranno, come quello di amare certi di non essere traditi o peggio ancora messi da parte perché noiosi!
Concludo:
“Per gli antichi meditare è leggere un testo e impararlo a memoria con tutto il proprio essere, con il corpo perché la bocca lo pronuncia, con la memoria che lo fissa, con l’intelligenza che ne comprende il senso, con la volontà che desidera metterlo in pratica“. (Jean Leclercq)

venerdì 10 giugno 2016




Quanto bello è …

Di Vincenzo Calafiore
11 giugno2016-Udine


Tómate tu tiempo para desnudar mi alma para descubrirme entera,
observa mi corazon,
asòmate a mi alma,
deslizate por ella.
Cuando aprendas todo de mi
y ya no te queden dudas, quizás te broten versos, entonces.....


La cosa più bella che ci possa accadere in questo nostro viaggio, e non importa si esso lungo o breve, è l’essere nella condizione di amare: è come viaggiare su un’astronave senza una meta in mezzo al blu.
Andare a letto e sentirla respirare dentro anche se lei è lontana,
sentirla vicina allungando le mani,
e svegliarsi con quel desiderio di poterle dire: buongiorno o ciao, come stai!
Per questo essere grato a Dio che conoscendoti ti fa questo meraviglioso dono: amare!
Vivere il tuo tempo non da idiota seduto dietro un finestrino di un tram che fa lo stesso tragitto tutti i giorni da mattino a sera e tornare a casa vuoto più di quando hai appoggiato i piedi a terra, alzandoti; no, questo non è vivere che è un’altra cosa.
Ora di questo grande sogno è rimasto ben poco.
Si vive in città ghettizzate, periferie abbandonate dall’anima ove il degrado è cosa usuale, normale la violenza di ogni genere, normale la lontananza dalla vita in questi quartieri che a guardarli sembrano cattedrali nel deserto, che non ci appartengono! , ove i sogni muoiono prima ancora di nascere.
Così succede che dei bambini volino giù nel vuoto da un quinto o sesto piano per mano di un pedofilo, per causa della lontananza da Dio.
Succede in queste megalopoli di uccidere una donna solamente perché non te la dà o perché ha deciso di mettere la parola fine a una storia, o perché ti lascia per un altro uomo che le da quello che tu non sei stato più in grado di darle: amore!
Amore e non sesso,
amore e non oggetto di desiderio.
Ma siamo certi che l’uomo improvvisamente sia diventato una bestia, capace di morte?
Le cause o le colpe andrebbero ricercate nel profondo dell’anima di questa società ormai allo sbando, guidata da governi che pensano solo ai propri interessi e non stabiliscono regole, principi, che non sono certo esempi di moralità.
Ecco forse a mancare tanto è la moralità in questa società ove si ragiona di centimetri e di diametri, ove il pensiero più forte è hard, ove si guarda di una donna di come ancheggia, o le tette, il culo e viceversa uomini fighetti sempre più anoressici, sempre più profumati e lucidi sempre più affeminati, sempre più violenti: ma che razza di società è?
Non tutto è così, come sempre c’è per fortuna un lato “colorato “ caldo e sicuro, bello e umano; un lato che ancora sa coniugare il verbo amare e penso a quei padri di famiglia che portano a casa pane e speranza, desideri e sogni, speranze per il futuro. Penso a quei preti che non violentano bambini ma fanno della loro vita missione di amore, a quegli uomini che della donna ne fanno regina della loro vita nonostante le distanze, nonostante le difficoltà economiche, nonostante la tristezza del vivere con cui ogni giorno si scontrano.
Mi piace svegliarmi e avere in testa la sua canzone, negli occhi il suo sorriso e già il desiderio di dirle: ciao, come stai?