mercoledì 20 novembre 2024

 

Pare che niente possa dare vita

al silenzio dentro noi.

Non più parole, ne suoni, niente.

Nulla ci unisce.

Anima tocca anima

Solo così possiamo essere

vicino e vivi.

Dammi occhi, occhi per sentire

mani per vedere l’amore

nel misero tempo.

L’Amore è silenzio

non vuole parole

ma occhi e mani …

Su vieni,

lasciamo le nostre ombre al sole!

 

                                   Vincenzo Calafiore  

lunedì 18 novembre 2024


 

IO DEL MARE

 

Di Vincenzo Calafiore

19 Novembre 2024


   Una volta che hai visto il mare

non potrai più farne a meno di

guardarlo.

E camminerai per strade da

dove potrai vederlo sempre! “

             Vincenzo Calafiore

 

 

La barba bianca, i capelli arruffati dal vento, la carnagione olivastra, gli occhi verdi, sempre pronti a seguire le strane traiettorie disegnate in cielo dai gabbiani: Quinto Malatesta!

Questo sono io, io del mare, io dell’oceano-mare

 Seppi che al mondo molte cose potevano ridiventare buone e che per realizzare questo bastavano due persone.

Vedevo un sole che riempiva il cielo.

Paradossalmente il sole era anche il mare che scaldava piuttosto dal basso che dall’alto. Forse è così il presente, quando non fugge via, pensai.

Mi bastava scrutare il lento movimento delle nubi all’orizzonte, poco sopra Capo Vaticano, per capire che la pesca sarebbe stata buona, oppure ritirarsi in fretta per sfuggire alla burrasca.

La mia vita seguiva il ritmo delle onde e l’intensità della luce del sole, piegandosi ai voleri della luna quando era tempo di pescare, a largo della Tonnara di Pietrenere, i banchi di totani facilmente neutralizzabili, nelle ore notturne, grazie alle lampare.

Ho saputo raccontare le storie di mare ai bambini, con toni e pause con cui incantavo i giovani spettatori, seduti a terra attorno alla vecchia fontana che zampillava dentro una vasca.

La voce profonda, leggermente roca dal catrame e la nicotina inalati per anni dalle ormai introvabili “ Nazionali “m e le immaginarie geometrie disegnate nell’aria con le dita, mi facevano il loro migliore amico.

Non c’era tratto di spiaggia, tra Scilla e Reggio, di cui non conoscessi i segreti.

Spiriti di indomiti marinai si univano a pesci d’immensa bellezza nei miei racconti, allegre stenelle, e coraggiosi pescispada.

Così raccontavo le mie storie, con la dolcezza di un nonno che narra la fiaba ai bambini, come la storia dello “ Scoglio dell’Ulivo “ quel singolare albero cresciuto in cima allo scoglio corroso dal mare.

L’ulivo era frutto d’un patto stretto tra la terra e il mare.

Un patto sancito con la complicità d’una rondine che aveva rubato un chicco da una pianta secolare di Trachini e l’aveva deposto sulla vetta di quell’enorme masso caduto tra i flutti in epoche remote.

La terra e il mare, contando sull’aiuto del sole avevano poi concentrato le loro misteriose energie sull’oliva abbandonata, facendola pazientemente diventare un albero.

Per secoli la pianta, suscitando curiosità e superstizioni tra i pescatori aveva prodotto annualmente il suo prezioso frutto, un frutto però, di cui nessuno poteva godere, se non il mare, la terra e le rondini.

Tentare  d’impossessarsi di una sola di quelle olive poteva costare caro, chi saliva in vetta e si impossessava di una sola oliva la sua vita si accorciava di venti anni. Altri dopo aver commesso il sacrilegio  sono morti annegati in circostanze diverse.

L’ulivo insomma è una sorta di tempio inviolabile creato dalla natura.

Oggi racconto le storie degli immensi abissi dell’infinito, e delle bellissime fate  che affollano i scintillanti mari e le scogliere profumate del Paradiso.

Li navigo con la mia inseparabile barca “ Pegasus “, dritto a poppa con il timone stretto tra i polpacci e una ciurma di bambini intorno.

Qualcuno di quei bambini giura, d’aver sentito ancora, scivolare nell’aria la Pegasus riverberarsi tra le nuvole, altri raccontano d’averne scorto la sfumata sagoma su una candida nuvola scoglio, durante un temporale, che rischiò di risucchiare la terra e il mare….

 

 

 

domenica 17 novembre 2024


 

Accecati da troppa bellezza

 

Di Vincenzo Calafiore

18 Novembre 2024

 

“ … immagina quanto sarebbe bello

se ci fossero per noi, una spiaggia e un mare

ad attenderci. E qualcuno, una madre, una sposa,

un amore, capace di prenderci per mano e di trovare

assieme una vita … immaginarla, inventarla, e lasciarci

andare tra le sue braccia, con la leggerezza di una sola

parola che conosciamo o ricordiamo: Amore!

Questo davvero sarebbe meraviglioso,

sarebbe dolce e unica la vita, qualunque vita abbiamo.

E le cose della vita non farebbero male, ma si avvicinerebbero

portate dalla corrente, si potrebbe prima accarezzarle,

sfiorarle , poi farsi toccare. Farsi ferire, morirne, ma non importa

tutto sarebbe finalmente umano.

Basterebbe solo la fantasia di qualcuno, del bambino che abbiamo dentro

lui saprebbe inventarla una strada,qui, in mezzo a questo silenzio,

in questa terra muta, che non vuole più parlare.

Vita serena, dolce, come una strada da qui al cuore, da qui al mare!

                                    

                                                                                                                                                         Vincenzo Calafiore

 

 

Gli incontri casuali, le inutili attese, il mondo di fuori che scorre come un fiume in piena, diviso in fotogrammi!

Immagina quanto sarebbe bello se ci fossero per noi, una spiaggia e un mare  ad attenderci. E qualcuno, una madre, una sposa, un amore, capace di prenderci per mano e di trovare assieme una vita … immaginarla, inventarla, e lasciarci andare tra le sue braccia, con la leggerezza di una sola parola che conosciamo o ricordiamo: Amore!

Questo davvero sarebbe meraviglioso,  sarebbe dolce e unica la vita, qualunque vita abbiamo.

E le cose della vita non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima accarezzarle,

sfiorarle , poi farsi toccare. Farsi ferire, morirne, ma non importa tutto sarebbe finalmente umano.

Basterebbe solo la fantasia di qualcuno, del bambino che abbiamo dentro lui saprebbe inventarla una strada,qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra muta, che non vuole più parlare. Vita serena, dolce, come una strada da qui al cuore, da qui al mare!

Ma ci sono sempre situazioni di attesa, nel nostro quotidiano divenire, durante le quali è come se le nostre esistenze rimanessero sospese, in attesa di qualcuno o di qualcosa, di una risposta.

Solitamente di un evento, di un approdo, di un arrivo raggiungibile di una nuova tappa nella corsa terrena al traguardo incerto.

Non è proprio una vita questa, ma una sorta di attività strumentale e vicaria, di un’altra, intima e preziosa, visibile agli occhi dell’amore.

Quella che viviamo è una sorta di treno e di viaggi in treno! Simbolo di un’avventura umana, di vicende riflesse.

Inevitabili i simbolismi, quelli dei vagoni, delle rotaie, delle stazioni e dei polverosi scompartimenti,

micro mondi in cui di continuo si compongono e si separano nuclei d’improvvisata familiarità, rapportati alle stagioni, al quotidiano, alle occasioni del vivere.

E’ un richiamo alla riflessione dello scorrere del tempo, accelerato o ritardato come le immagini che scorrono fuori dal finestrino, mischiandosi e confondendosi alla velocità della vettura.

L’Amore, nel nostro percorso è un segno e come primo concepimento della forma di amare è la base della nostra stessa esistenza; l’amore dunque è il fondante del nostro esistere!

“ Amare “ è una sorta di filo rosso che ci collega alla vita, non solo è il suo senso ma è anche il significato  di tutte le dimensioni racchiuse in questo immenso – Amore – un angolo di esistenza fatto di incertezze,membra, fisicità … cose ruvide e per contro, il pensiero, la sospensione incantata, l’angoscia distratta che richiama alla memoria frantumi di echi perduti, nel giornaliero, molecola di qualcosa che sfugge: una materia crivellata di vuoti, lo sfilacciato sipario che si abbassa sulla recita di tanti volti ridenti e inquieti!

giovedì 14 novembre 2024


 

 

Come sarà il mio tempo?

 

Di Vincenzo Calafiore

15 Novembre 2024 Udine

“ La fortuna di trovarsi qui, adesso

in questo fottuto millennio di rovine e di disastri,

e di avere ancora voglia di vivere e di amare

nonostante tutto la vita!

Perché sai, la vita non è quella di questo girone d’inferno!

La vita è quella che tu hai dentro, quella che ogni giorno

scrivi pagina dopo pagina e nel mentre sentire l’ebbrezza

dell’amore, la voglia di arrivare ogni giorno in riva al mare

per iniziare un nuovo viaggio!

E’ questa la fortuna, la fortuna di essere, di esserci, di riuscire

a pronunciare ancora adesso in questo fottuto millennio:

<< Io Amo >> !

                                                   Vincenzo Calafiore

 

 

Attorno a una visione o immagine, scriveva Calvino nella sua lezione sulla visibilità, ne nascono delle altre ed è come se si formasse un campo di analogie, di simmetrie, di contrapposizioni.

Sta alla scrittura poi di cercare l’equivalente dell’immagine visiva, in uno sviluppo tendenzialmente coerente, tendenzialmente perché in realtà è una molteplicità di possibilità che si connette tra sensazioni e pensiero, perché la somma di informazioni, di esperienze, di valori solo potenzialmente si identifica in un mondo dato in blocco, senza un prima e un poi.

Il paesaggio della memoria finisce  con l’apparire distante, alternativo alle visioni e alle sensazioni del presente.

Ed è nell’abitare questa distanza che forse sarà possibile cogliere le modalità delle forme che si accompagna al diverso percorso mentale.

La vita che si è persa.

La vita che non si è vissuta.

In una situazione visione-memoria che scandisce l’accaduto con tutta l’irrevocabilità del giudizio e che fissa inesorabilmente ciascuno alla propria storia. Un paesaggio che non è così semplicemente, come appare ad un primo sguardo.

Una forza estranea e indistinta, seduta da qualche parte, provvede a riordinare i ricordi dando loro significato e freschezza,come una storia del giorno prima. E allora rassegnarsi e proseguire per strade impervie.

Gli arabi chiamano “ pianura proibita” quei territori della scrittura dove lo stile pianeggiante nasce dopo un lungo sforzo e difficili prove.

Forse si potrebbe usare di Stendhal un epigrafe: “ la scrittura è come uno specchio portato lungo una strada- La strada come metafora della vita. Lo specchio, iconostasi tra soggetto ed oggetto, tra segno e significato, come metafora della mente.

In dicembre, l’undici dicembre, suonerà la campanella di una casella testé superata, sarà il mio compleanno. Che non festeggerò, semmai prenderò nota sul mio portolano, scriverò di come è stato questo viaggio fin qui compiuto, basteranno poche righe per compensare il significato della mia età.

Dovrei sentirmi onorato, perché il mio capo canuto indica o sta a indicare saggezza; ma non mi sento un saggio contrariamente semmai un “ picaro” un lestofante, un furfante che si aggira tra le stelle a caccia di sogni da realizzare, e volerlo, desiderarlo con tutta l’anima realizzare tutti i sogni che di notte cadono nella mia rete. Da ladro di coriandoli quale sono non ho monete nella mia scarsella ma solo sogni, per pagare Caronte …..

Ma mi chiedo invece come sarà il mio tempo all’indomani dell’undici dicembre?

Certo non ci sarà alcuna forzatura, alcun tentativo di apparire inossidabile, per apparire “trendy”.

La dignità umane del congedo è fondamentale per chi va ma anche per chi resta a ricordare, schiacciato dal peso del rimorso che lo corroderà dentro come un tarlo fino alla fine.

 

 

“ La fortuna di trovarsi qui, adesso

in questo fottuto millennio di rovine e di disastri,

e di avere ancora voglia di vivere e di amare

nonostante tutto la vita!

Perché sai, la vita non è quella di questo girone d’inferno!

La vita è quella che tu hai dentro, quella che ogni giorno

scrivi pagina dopo pagina e nel mentre sentire l’ebbrezza

dell’amore, la voglia di arrivare ogni giorno in riva al mare

per iniziare un nuovo viaggio!

E’ questa la fortuna, la fortuna di essere, di esserci, di riuscire

a pronunciare ancora adesso in questo fottuto millennio:

<< Io Amo >> !

                                                   Vincenzo Calafiore


«Τυχερός που βρίσκομαι εδώ τώρα

σε αυτή τη γαμημένη χιλιετία ερειπίων και καταστροφών,

και να έχω ακόμα την επιθυμία να ζήσω και να αγαπήσω

παρ' όλα αυτά, ζωή!

Γιατί ξέρετε, η ζωή δεν είναι σαν αυτόν τον κύκλο της κόλασης!

Η ζωή είναι αυτό που έχεις μέσα σου, αυτό που κάνεις κάθε μέρα

γράψτε σελίδα μετά από σελίδα και νιώστε τη συγκίνηση στη διαδικασία

της αγάπης, της επιθυμίας να φτάνω καθημερινά στη θάλασσα

για να ξεκινήσετε ένα νέο ταξίδι!

Αυτή είναι η τύχη, η τύχη να είσαι, να είσαι εκεί, να πετύχεις

να προφέρουμε ακόμα τώρα σε αυτή τη γαμημένη χιλιετία:

<< Αγαπώ >>!

 Vincenzo Calafiore

“ Qué suerte estar aquí y ahora

en este puto milenio de ruinas y desastres,

y seguir teniendo ganas de vivir y amar

a pesar de todo, ¡vida!

¡Porque ya sabes, la vida no es como este círculo del infierno!

La vida es lo que tienes dentro, lo que haces cada día.

escribe página tras página y siente la emoción en el proceso

del amor, las ganas de llegar cada día a la playa

para comenzar un nuevo viaje!

Esto es suerte, la suerte de estar, de estar ahí, de triunfar.

pronunciar todavía ahora en este maldito milenio:

<<Me encanta>>!

 Vincenzo Calafiore

“Sorte de estar aqui, agora

neste maldito milénio de ruínas e desastres,

e ainda ter vontade de viver e amar

apesar de tudo, vida!

Porque você sabe, a vida não é como este círculo do inferno!

A vida é o que você tem dentro, o que você faz todos os dias

escreva página após página e sinta a emoção do processo

do amor, da vontade de chegar todos os dias à beira-mar

para iniciar uma nova jornada!

Isso é sorte, a sorte de estar, de estar lá, de ter sucesso

ainda pronunciar agora neste maldito milênio:

<< Eu amo >>!

 Vincenzo Calafiore

“ The luck of being here, now

in this fucking millennium of ruins and disasters,

and still wanting to live and love

life despite everything!

Because you know, life is not that of this circle of hell!

Life is the one inside you, the one you write every day

page after page and in the meantime feel the thrill

of love, the desire to arrive every day on the seashore

to begin a new journey!

This is the luck, the luck of being, of being there, of being able

to still pronounce now in this fucking millennium:

<< I Love >> !

Vincenzo Calafiore

 

mercoledì 13 novembre 2024


 

POIESIS

 

Di Vincenzo Calafiore

14 Novembre 2024 Udine

Immagina cosa sarebbe la vita, senza l’Amicizia e senza amici!

Di fronte al lento morire delle coscienze bisogna reagire, in qualche maniera prendere posizione per ricominciare a sperare, avere più fede, più vicinanza a Dio.

Chi può dire di che cosa sono fatto, se non lui?

Ho guardato abbastanza questa vita da sapere che l’amicizia è buona, tanto da non poterne fare a meno; ma è per questo motivo che uno si stanca di stare solo  e cerca di mettere radici, di avere amici, perché la sua vita valga e duri qualcosa di più che un comune giorno.

La malattia più bella del conoscere, dell’amare, del narrare è fare della vita poesia: poiesis !

L’Amore graffia il mondo, addolcisce l’esistenza, allontana dalle crude realtà ci fa scivolare nel lento e mieloso scorrere del tempo. E’ un viaggiare con un orizzonte da superare, con un sogno nel cuore, con una dimensione interiore, immergendosi il più delle volte nel profondo di se stessi, delle proprie ansie, della propria paura del vivere se viene meno l’amore.

La verità è che questo mondo così com’è non è più un luogo sicuro è come vivere seduti su un vulcano che potrebbe esplodere in qualsiasi momento.

La modernità finisce ogni giorno e ogni giorno prolunga la sua “ esistenza” con una magia ipnotica, falsa, occulta ciò che è in piena evidenza: non crediamo più alla nostra avventura su questo pianeta.

Non abbiamo più nessuno a cui credere, l’amicizia è stata bandita, o ridotta allo stesso pari dell’interesse, non abbiamo una religione che ci tenga assieme, non un progetto da condividere!

Bisognerebbe avere il coraggio di denunciare l’imbroglio della modernità, il suo aver portato l’umano dalla civiltà del segno alla civiltà del cinghiale.

Per nostra causa –scelta navighiamo in un mare di merci e intorno a noi un panorama di solitudine, le nazioni senza frontiere, confini violati, gli individui ridotti a delle mere cifre o peggio ancora di drogati dipendenti.

Viviamo in megalopoli illuminate a giorno e di strade ormai in mano alla delinquenza, con cartelli luminosi che suggeriscono e indicano, avvisano …

Che cosa resta della vita?

Avremmo bisogno di cultura, di poesia e non di questa modernità incivile!

Siamo prigionieri di un autismo corale, una nuova pandemia diffusa nel mondo; occorre scendere sempre più nel profondo delle nostre esistenze, delle nostre vite senza più punti di riferimento, trascinati sempre più da una sorta di paura liquida tanto per citare Zygmunt Bauman.

Bisognerebbe riscoprire la dolcezza del vivere, di guardare la vita con gli occhi sognanti dell’uomo che cerca, con il viaggio, di scarnificare la realtà, di metterne a nudo il corpo, delicatissimo, complesso, generoso, della – grazia – con tutta la sua essenza!

Bisognerebbe avere il coraggio di farlo, individualmente,e poi sempre più fino a essere un nu ovo ordine, un nuovo principio, quello della –grazia - , della gentilezza, dell’educazione, del rispetto della vita personale e altrui!

Ci vorrebbe il coraggio di iniziare con la convinzione che qualcosa di miracoloso sta attraversando il mondo; una rivoluzione del sorriso e della pace che viene da un mare gremito di storia e di bandiere bianche che non significa arresa, ma rinascita!

La nostra salvezza è “ Poiesis “ la poesia che ancora c’è in noi, sarà questa nuova religione che ci terrà insieme, questa antica bellezza armoniosa che andrebbe protetta e accudita.

Potrebbe essere un bellissimo ritorno alla vita, più che una fuga dalla vita stessa!

 

 

lunedì 11 novembre 2024


 

                                     La paura dell’Amore

 

Di Vincenzo Calafiore

12 Novembre 2024 Udine

 

Mi è venuta in mente la mia vita in questa alba strana, e non l’ho riconosciuta! Questa che ho non la considero come tale e mi sento uno fuori da ogni logica a salvarmi è stato sempre il pensiero da primate, cioè di rimanere sull’albero e nutrirmi di foglie.

E’ una sopravvivenza, un sopravvivere quotidiano, fatto per lo più di rinunce e di lontane abbandonate speranze.

Potrebbe essere considerata questa cosa, vaga rassomiglianza alla “ vita”, a una costrittiva solitudine, sarà così?

Vero anche che ogni individuo ha della solitudine una percezione tutta sua mentre per alcuni rappresenta la noia del fare ogni giorno le stesse cose, un po’ come un criceto che corre dentro la ruota … e ci sono quelli che accolgono o accettano la solitudine di buon grado, quasi con un pizzico di entusiasmo.

Un po’ per snobbarla, un po’ per esorcizzarla! E’ dunque inevitabile invidiare la capacità di costoro con cui ne intrattengo il rapporto.

Questi sono gli “ artisti dell’evitamento, essi vorrebbero cancellare la noia  diluendola con le finte emozioni, una sorta di anestetico per non sentire il dolore.

In ogni caso, sia che adottino una strategia inibitoria sia, al contrario, una strategia esibizionistica, hanno in comune lo stesso denominatore: la dipendenza, infatti, gli artifici cui ricorrono finiscono per illudere e vivere una vita da specchio.

Se ogni individuo, infatti riuscisse ad interrogarsi ( pochi hanno il coraggio di farlo ) sul perché non riesce a rimanere solo potrebbe anche pensare perché non sappia stare in armonia con gli altri.

La “ paura di guardarsi dentro “ rappresenta il più delle volte la molla che fa scattare il timore del silenzio, identificato col “ nulla”, col “ vuoto esistenziale”.

“ Solo “ può definirsi colui che oltre ad allontanarsi dagli altri, evita di entrare in contatto con se stesso.

Se gli incontri interpersonali, si realizzassero sotto l’auspicio del riconoscimento reciproco, e se la gioia del donarsi si coniugasse con un analogo atteggiamento dell’altro, potrebbero nascere rapporti e contatti autentici, privi di paure e pregiudizi insensati e quanto meno sgradevoli.

Da dove si potrebbe ripartire nei rapporti umani?

Forse dal considerare che la sfiducia verso se stessi e poi verso gli altri sia l’errore più grande e che è importante invece ritrovare l’amore di sé smarrito, per non perdere con esso il treno della vita.

Cercando l’amore di sé continuamente nella conferma degli altri non lo si troverà mai.

Se invece lo si alimenta dentro la propria soggettività, sarà la vita tutta un’altra cosa.

La solitudine quindi si rivelerà una preziosa alleata della nostra stessa esistenza; potrà essere riconosciuta come “ l’angolo tutto nostro” ove riparare per ritrovarsi.

Ma in tutto questo fare …. Manca una figura molto importante necessaria ed è Cristo!

Che non bisogna mai lasciare, semmai trattenerlo il più possibile nella memoria!

Cristo << non è cultura>>, quell’uomo appeso alla croce non può essere confuso con  un avvenimento culturale.

Caso mai è la stessa cultura che viene cambiata dalla sua presenza, come del resto la nostra vita, e dall’incomprensibile fenomeno di un uomo che muore per redimere tutti gli altri.

Forse ancora oggi, il miglior tentativo di compendiare il pensiero di Cristo: “ Cristo è l’idea personificata della moralità ! “

Rimane infine che una cosa vera e unica sia il nostro viaggio da 100 a zero! Non è tanto importante la durata di questo viaggio, quanto il vissuto a volte crudo, talvolta visionario, talvolta poetico.

E’ un viaggio senza un orizzonte geografico, ma di dimensioni interiori. Come ogni viaggio esistenziale, che si rispetti bisognerebbe immergersi nel profondo di se stessi e lì trovare Dio, per offrirgli tutte le nostre paura, tutto il mal vivere in questo tempo provvisorio infestato di cinghiali e cannibali…. Quei divoratori di anime!