giovedì 6 marzo 2025


 

Marea


Vincenzo Calafiore

07Marzo 2025 Udine

 

Adesso io in questo mare basso e senza vento, galleggio in una lunga deriva, che non va da nessuna parte; racchiuso tra gli scogli, in poco mare, posso vedere nei tratti tra uno scoglio e l’altro il mare grande, azzurro e spumeggiante è una visione bellissima, di grande respiro e di libertà assoluta.

Mi pare di essere in paradiso, assorto nei miei pensieri; è una condizione di impareggiabile serenità, che mi porta in alto, e come un gabbiano guardo il mio mare da lassù, da quel cielo dipinto e tratteggiato dalle ali.

Tutto questo è racchiuso come in uno scrigno, nella parola, nel verbo amare; forse da me coniugato malamente per aprire una breccia nel suo cuore, provato da molte tempeste.

Marea!

E’ in piedi e fissa il mare dalla finestra aperta, il mare calmo in questa notte di marzo che sembra appartenere a un’altra stagione vissuta in una precedente vita.

Il suo profilo è nitido contro il profilo del mare e, dolcissima melodia sembra invadere la stanza.

Inizio a prendere i primi appunti … di notte i pensieri diventano superfici vitree su cui scorrono scene d’amore e di carezze, baci, è un inganno del forte desiderio di averla; sono dei riflessi strani che gli occhi ingannano, cerco un registro per potervi annotare queste sensazioni notturne.

E’ bellissimo tornare a scrivere dopo tanto mare, sono forse lo scriba dei suoi sogni.

La mia mente barbaglia come il mare, sotto la miriade di immagini che lei cattura e mette a fuoco.

Il volto di Marea ha una luce diversa, i suoi occhi cerulei brillano di luce bellissima, come mai li ho potuti vedere.

So cosa sta pensando in questo momento, la sua mobilità, la sua maniera di guardare sono forme di amore che ancora devo imparare a conoscere, per poterla amare come vorrei; non mi è difficile parlare di lei.

La penna stilografica corre sul foglio, a tratti si ferma come se in un  -bianco – si cancellassero le mie immaginazioni, come precipitassero in un vuoto d’aria; ma subito l’emozione nello scrivere di lei mi cattura, torna a proiettarsi in me il senso dell’amore.

Dunque da quando ho cominciato a scrivere, mi ha ripreso una strana voglia di vivere, che avevo dimenticato per troppi anni. La piccola lampada che rimane accesa tutta la notte è un faro, è la mia salvezza dall’incubo di non sapere amare; è uno degli incubi che mi perseguita da un po’ di anni a questa parte.

La solitudine in me è una tempesta che strappa le labbra, è come tagliare le ali a un gabbiano!

Ricordo il sogno, quando la incontrai e ci siamo trovati a distanza ravvicinata, è stato come trovarsi con angelo volante, ci siamo abbracciati e, baciati …..

Nell’alito acre, che i miei pensieri mandavano ho respirato l’emozione di risalire il cielo tra le sue braccia, ma anche la duplicità del Tempo che rimaneva romantico, dolce e insieme mielosa sua presenza.

Poi aprendo gli occhi per un breve attimo ho potuto vedere il vero volto della solitudine nell’abisso del vuoto attorno a me!

La sintonia con una donna, quando è profonda è uguale al rapporto che si ha con una melodia ascoltata; c’è sempre qualcosa di indefinito o di indefinibile che definisce il destino.

Guardare una donna negli occhi è un qualcosa  che ha a che fare con il ritmo del cuore, con la delicatezza che è propria del volo di una farfalla.

Me la ricorderò negli anni migliori se mai ci saranno, con l’innocenza testarda della mia vita!

Ricorderò lo splendore del suo corpo che mai ho potuto vedere e mai vedrò.

Sono anni ormai, da quando il mio essere < Ladro di Coriandoli > non mi ha permesso di fare ritorno sulla terra … ogni giorno ho rimandato questo appuntamento con la morte, e sono rimasto in quella stretta al cuore che si chiama: Amore, amare una donna!

Questa si che è vita, vivere!

mercoledì 5 marzo 2025


 

L’allegria

( in attesa della vita che verrà)

Vincenzo Calafiore

 

Udine, 5 Marzo 2025 ( in attesa della vita che verrà)

“…. l’allegria?

Peccato che sia morta! In questa vita

sociale triste, dove il malcontento e il rancore

non smettono di crescere fra la gente nauseata

da una corruzione talmente esercitata, da

diventare normale, come fosse una funzione

vitale: mangiare,bere, fare sesso …. “

                                Vincenzo Calafiore

 

L’allegria? Peccato che sia morta! In questa vita

sociale triste, dove il malcontento e il rancore

non smettono di crescere fra la gente nauseata

da una corruzione talmente esercitata, da

diventare normale, come fosse una funzione

vitale: mangiare,bere, fare sesso !

E’ un pensiero che nel tempo è diventato qualcos’altro,

una costante, specialmente questa sera, sempre più lontana dal mare e dalla risacca, sempre più distaccata dalla realtà. A guardare l’altra faccia è come guardare il mistero, invece è un qualcosa di diverso, è uno spartito musicale dell’universo, una musica a noi sconosciuta.

Se la si potesse ascoltare, sarebbe come tendere l’orecchio dentro di se, verso le profondità dove esiste un mondo inferiore, e uno superiore dove esiste un “linguaggio” che siamo noi.

E’ che questo “ linguaggio “ è sconfinato silenzio, sconfinata solitudine, ecco perché, mi sembrano inutili le parole che ho in mente, nel cuore, di cui abitualmente mi servo.

Sono molti i momenti in cui ho la netta sensazione che queste parole non servono e non potrebbero servire a niente, tanto non cambierebbe nulla.

Un tempo ero più che convinto che la bellezza fosse ovunque, la bellezza è qualcosa che sentiamo dentro, perché è fatta di parole, delle parole più belle da cui siamo stati formati.

Ed io la sento, in me.

Certi momenti  riaffiorano i contorni di una notte, non una notte qualsiasi ma la notte in cui mi sono perso su una riva rischiarata dalla luna, incantata dalla risacca e di tanti lontani orizzonti mai raggiunti.

Vorrei chiedere a questa magica notte di impedirmi di ricordare, rimango zitto, arreso, mentre la mente torna indietro nel tempo.

E mi pare che la notte che s’appresta vada facendosi  più quieta intorno al mio perdermi e ritrovarmi tra le braccia dell’amore, che m’appare come fantasma, quieta e perfino clemente, intorno al mio desiderio di amare.

Nel mio delirio ho potuto vedere la mia vita, confusa  tra le tante cose ammucchiate nell’odore stagnante di muffa; la vidi sotto la luce di un lume che la rischiarava come un volto votivo.

Sorrideva al vuoto, e mi sembrò bellissima e quando mi disse: “Ciao, come stai” con quel tono che una madre riserva a un bambino, mi sono fatto forza per non correre tra le sue braccia, e anche io le risposi: “ Ciao Vita”! C’è stato solo un gran silenzio, sospeso nell’aria catramata di questa notte dagli artigli affondati nella pelle.

Basta poco e finisce l’incanto, la vita che ho è una brutta, bruttissima copia di quella che avevo, un tempo l’allegria e la vita andavano a braccetto, oggi la vita non sa più ritrovare l’allegria, è andata perduta nelle impronte lasciate dai cinghiali. Così quella notte ho visto la vita scivolare nuovamente nel suo naturale alveo delle cose ripetute, della noiosa quotidianità …. Stavo per chiederle:

“ liberami” !

Liberami dalle abitudini, dal potere occulto plasmato addosso alle persone. Di lasciami andare al di là delle barriere dello spazio e del tempo, in un fiato umanissimo, che si espande su uno specchio delicato e segreto: la mia anima.

Tornare lassù dove tutto è cominciato, fra gli angeli!

La mia anima ha una sua strana luce, i suoi occhi sono azzurri, come mai li ho visti, è un oceano, un oceano-mare, sempre in movimento, sempre spumeggiante, sempre più di vita.

Guarda! L’infinito che c’è in me.

 

 

domenica 2 marzo 2025


 

Sulle ali di una farfalla

 

Era una di quelle sere che hanno un potere, magico di contemplazione, come se una coscienza di forti poteri magici, si fosse librata in aria con l’intenzione di guardarci, con le strade deserte, le piazzette vuote di gente.

Era come se tutto avesse un gran sentore di un qualcosa che sarebbe accaduto da lì a poco dal cielo.

Come la risacca restituisce sulla riva ciò che si butta, la memoria mi restituisce delle immagini che dapprima oltre a non avere significato per me, io non rammentavo affatto.

Una farfalla che era entrata nel mio studio, mi ricordò un sogno bellissimo di quando avevo raggiunto un altro mondo bellissimo, pieno di fiori e cieli fantastici, la cosa strana era l’astronave che appena toccò il suolo di quel mondo si dissolse in una quantità infinita di farfalle; e a quanto mi disse un frate cappuccino, io ero stato in paradiso.

Era entrata nel mio studio forse attratta dalla luce della lampada sulla scrivania, lasciava immaginare la paura e la meraviglia allo stesso tempo che la spingevano a tanto; quando attraversò la luce ho potuto vedere tutta l’ampiezza delle ali sotto i miei occhi i suoi bellissimi colori.

Rimasi affascinato  dalla sua forza, dalla sua voglia di vivere, dai suoi colori; in quel momento c’erano delle vite che si immergevano l’una nell’altra, ed era una bella sensazione.

La gente stava in casa e, dai televisori giungevano notizie di guerra, quella del Golfo.

Le notizie calavano come corvi, sulle case e piazzette, nei vicoli ombreggiati dalle buganvillea, arrivavano ingigantite in quell’aria d’incanto.

Nel mentre l’immagine della farfalla non mi abbandonava, rividi mia madre quando con garbo mi insegnava i suoi pensieri sulla vita. Mi insegnò cos’è il pensiero e mi spiegò la sua energia che sopravvive a ogni cosa e, a come queste energie messe assieme, fanno la storia di un uomo, della razza umana, erano in realtà la vita eterna.

Ho imparato da lei ad annotare i miei pensieri, lei lo faceva su un quaderno, io sul mio portolano.

Lo sfoglio piano, lo rileggo forse per ricordarmi chi sono, lo scritto rimane negli occhi, la mia scrittura pare che si dimentichi di se stessa si interrompe con le – note- i richiami … volando la mente mia raggiunge un – altrove – il cassetto ove è custodito il mio romanzo:

“ Il Ladro di Coriandoli “ istintivamente lo apro a pagina 46 come il mio anno di nascita, accendo un sigaro e mi metto a leggere.

“ Alfonso ( è il personaggio principale ) non si dava pace di essere un padre abbandonato dalla propria figlia che ha cinquant’anni. Lei non si è mai preoccupata dei suoi genitori, non voleva essere e mai sarebbe stata la loro badante, così aveva confidato a una sua amica e, questo pensiero li aveva raggiunti per vie traverse.

Lei non è mai stata bene nella sua casa e con i suoi genitori e, appena possibile abbandonò tutto per sparire nel nulla. Alfonso non si da ancora pace e, questo pensiero lo ha divorato dentro come un incurabile tumore. “

Richiudo il manoscritto e penso al dolore custodito dentro come un bene prezioso da questo uomo,perché è l’unico a riportarlo ogni notte a sua figlia che ormai non ricorda neppure il suono della sua voce. Penso alla sua vita di inferno, ma soprattutto alla solitudine e alla tristezza che si è portato addosso come un vestito per tutta la vita.

Ma la domanda è: come si fa a vivere così, come ha fatto a sopportare tutto ciò?

 La  penombra nasconde ogni cosa, le persone, studiata per creare certe atmosfere, è allo stesso tempo un antidoto alle angosce, esalta le speranze e, prima di superare il limite di quel buio incerto

mi trovai di fronte al mio sogno più bello.

Ma era un inganno, un’emozione da poco, che essa trasmetteva, emozione percettiva e l’impalpabile luminosità che i sensi prendono prima degli occhi a rendere profondamente diversa la mia vita in quel preciso momento, capii ed ebbi la conferma che a ben altra dimensione io appartengo

venerdì 28 febbraio 2025


 

La luna oltre la siepe

VINCENZO CALAFIORE

“ … sto commettendo lo stesso

errore di cui fin’ora ho incolpato

la mia stupida convinzione che l’amicizia

è il bene assoluto.

Mi sto compiacendo della mia delusione

e della sconfitta morale elaborata come

la cosa peggiore nel modo in cui i falsi

amici che detesto si compiacciono della loro

mediocrità. Stupidità è anche arrendersi

alla mediocrità. La fantasia che è generosità

per certi versi, oggi in questo mondo capovolto

e irrazionale è l’arma più micidiale, l’unico

spazio ove c’è la fuga dalle cose morte! “

                            Vincenzo Calafiore

 

 

Sto commettendo lo stesso errore di cui fin’ora ho incolpato la mia stupida convinzione che l’amicizia è il bene assoluto.

Mi sto compiacendo della mia delusione e della sconfitta morale elaborata come la cosa peggiore nel modo in cui i falsi amici che detesto si compiacciono della loro mediocrità. Stupidità è anche arrendersi alla mediocrità. La fantasia che è generosità per certi versi, oggi in questo mondo capovolto e irrazionale è l’arma più micidiale, l’unico spazio ove c’è la fuga dalle cose morte!

Più ci penso in questa notte illuminata da una luna gigante oltre la grande siepe della solitudine, e più mi convinco che un passato può tornare presente, rimettermi nelle esatte condizioni di spirito e di corpo che furono di un tempo.

Ci sono parole, silenzi e, gesti, voci che ritornano come se i tanti anni non mi dividessero

da quell’estate del ’73 !

Spensierata età, spensierata estate.

Jukebox ad alto volume e “ Sapore di sale “ ballato stretto stretto su una mattonella!

Mi colpiva la sua bellezza, un non so che di nitido, di primavera, ciò mi aveva meravigliato, sopraffatto.

L’ho sempre pensato che ci sono donne nate da particolari sortilegi della natura, che in stato di ebbrezza, si è divertita servendosi dei tratti e delle forme più belli per creare simile beltà.

In lei mi era sembrato prevalessero la disponibilità e la dolcezza; aveva una grazia che la rendeva particolare e allo stesso tempo sfuggente.

Di sera l’aspettavo seduto su una barca, pronta a prendere il largo … arrivava con il suo vestito indiano e si andava in un’ansa tra gli scogli a parlare ….. Erano dei bei “ vissuti indimenticabili momenti “ della piacevolezza e della beltà, insomma con lei mi trovavo serenamente a mio agio e provavo un gran benessere cose che solo certe rare donne sanno dare, non so perché ma mi trovavo con lei sempre mano nella mano o con una mano posata sulla sua spalla e mi piaceva questo mio gesto  che riusciva a darmi la bellissima sensazione di una lunghissima conoscenza reciproca.

Riuscivo a percepire il ritmo del suo respiro, il senso più intimo di un’esistenza destinata.

Per me era importante rendermi conto che stavo portando qualcuno per mano, con la voglia di essere amato, contraccambiato, oggi in questo mondo non capita quasi più, vi siamo disabituati.

Era così piacevole quel camminare insieme,ridendo e fermandoci a volte per darci un bacio.

Le mani non devono invecchiare mai! Devono rimanere adolescenti piene di desiderio del contatto, anche nel modo di amare.

La primavera era esplosa in mille fragranze e, noi continuammo a camminare, di strada in strada, respirando a fondo quei profumi che invadeva la città, sorridevo a vederla come una bambina a lasciarsi andare e a farsi cadere addosso quei profumi, quei fiocchi di futuro incerto.

Quando, guardandomi negli occhi mi disse: << Andiamo al mare, in barca. E facciamo l’amore?>>

Lo propose con la sua gioiosa consapevolezza, senza finzioni.

Essa era un mio intenso desiderio, che in una certa maniera prescindeva da me, cercava le sue provocazioni, i suoi spazi, senza che i buoni propositi della mente potessero farci nulla e ciò non rendeva volgare l’atto sessuale, al contrario.

Sapevo che accentando, mi sarei immerso in attese intemperanti e calde, una dimensione dove avrei potuto vivere altre mille vite…

La verità è che la “ Pegasus “ viaggiava in me attraverso meravigliosi spazi. Felice, felice anche di un nuovo mondo, un mondo in cui mettere piede!

 

martedì 25 febbraio 2025


 

Ancora una volta

Vincenzo Calafiore

Di nuovo, in piena notte, la sensazione di una presenza, senza nessuno intorno a me.

Sentivo i suoi passi. I passi di una donna.

Pensavo che non valesse la pena girarmi e vedere chi fosse, lei, lo sentivo in me assapora il piacere di rimanere al mio fianco.

Mi emozionava l’idea di essere seguito da questa sconosciuta, e con la stessa emozione la portavo per le vie della mia vita, spostandomi, tendevo l’orecchio, temendo di perderla da un momento all’altro, che svanisse la sua presenza.

Invece era lì docile e serena nella distanza giusta.

 Dal balcone si vedeva la luna, c’era la luna, bianca di cipria, con quella luce che è degli innamorati.

Mi fermo a guardarla, penso che lo stia facendo anche lei, la mia sconosciuta.

Persi nel medesimo incanto guardando all’insù.

Nel tempo, ormai questa storia va avanti da anni, è venuto a crearsi un dialogo silenzioso su certi significati e misteri dell’anima, legata allo spazio celeste.

Nel buio cerco il suo volto, poterne in qualche modo con la punta delle dita sfiorarlo, dopo aver forzato i confini del mistero …. Almeno comunicasse con me, mi dicesse una parola.

Il cielo concede una schiarita, piena di luce, ci sono solo io …. Immagino per un attimo il suo pudore, la sua incertezza, messa forse in imbarazzo dall’atmosfera intima creata dalla luna!

Quando la mia mano invisibile, le si insinuò lungo il collo, per le spalle, passando al seno. Lei alzò il mento e, rovesciando indietro la testa, subiva il piacere della carezza, con gli occhi incantati dalla luna. Le sollevo la falda del cappello, e insinuavo il viso, per darle un bacio sulle labbra.

A notte fonda, solo, davanti a un foglio bianco e una stilografica, pensando a un inizio, ripensando alle strane sensazioni vissute ad occhi chiusi, come a voler scrutare l’ignoto, capisco che la vita si porta come una gatta sotto il braccio, verso una precisa destinazione, attraverso tempi pieni di attese.

Mi piacerebbe prenderla nel sonno …!

E’ questa, sensazione addosso, o è un desiderio?

E’ un qualcosa che va al di là della superficie della vita, registro ogni suo senso, ogni sua emozione, sanno di intatto, di immacolato.

Forse tutto questo è un sogno che si è fatto ricordo.

Qui in questo remoto, è spuntato il giorno! Bocca amara, e posacenere pieno di sigarette consumate avidamente, sono ancora una volta solo con i miei delusi desideri.

Sono come un vino spento in un bicchiere!

Qui è essere ai confini dei confini.

E ancora una volta il giorno mi sorprende con la mia voglia di prendere in giro la mia vita, seduto a scrutare un tramonto: già anziano, ma coi lineamenti di un ragazzo che vuole prendere sotto braccio la vita ….. appunto … l’avanzare degli anni.

Sono posseduto da un’umanità di ombre, eppure ancora capace di ricordare, anche la più breve felicità o una malinconia.

Il giorno accende il mio volto e l’alone lo rende sospeso nell’ombra, rimango senza idee, perché vivere è una specie di idea, sorriderle, amarla con lo stesso stupore della prima volta!

Sono così felice!

Felice di seguire le nuvole, le forme stravaganti che assumono le nuvole.

Sono infinitamente grato a questa vita.

Vorrei dare alla gratitudine parole adeguate e, riesco a malapena ripetere a bassa voce come fosse una confessione.

“ Stanno per raggiungerti gli anni. Ti offriranno ancora desideri di complicità fra sopravvissuti in un mondo che non conosce più l’incanto. Ti faranno viaggiare e perfino fuori dal corpo e l’altro mondo diventa lontano o sfiorabile carezza che si potrebbe dare o ricevere.

Non confondere i veri amici coi ciarlatani sfruttatori e profittatori della magia, sappi distinguere senza paura. Prendili, accoglili come Folletti o come Chimere che continueranno a incantarti!

Ciao scrittore … Ciao scrittore mi ripete la mia donna ombra, poi aggiunge … si ero io a seguirti, ti seguo da una vita, a te piace essere seguito … farti mille ipotesi nella tua testa … inutili, perché sono sempre io a seguirti, perché in fondo, ti amo mio scrittore, ciao! “

 

 

 

 

 

domenica 23 febbraio 2025


 

La mia mediocrità

VINCENZO CALAFIORE

 

…. ricordo la mia casa, poco più avanti

i binari che si infilavano in una lunga galleria.

Appena oltre i binari  un lungo fossato finiva

sulla riva e c’era il mare.

Quante volte ho attraversato quella galleria

per raggiungere l’altro mare; dal promontorio

il salto più bello nel blu, ad occhi aperti e risalendo

seguendo la forma dello scoglio, potevo ammirare

i ricci di mare e granchi ….. “

                                                Vincenzo Calafiore

 

 

A un certo punto il mio male la teneva chiusa con le sue ragnatele, lì era stata custodita la mia adolescenza, sono stati custoditi i miei ricordi, la fionda, il coltellino, la mia cintura di cuoio, oggetti che hanno fatto parte di una vita andata persa assieme alla casa.

Accanto alla macchina da scrivere, la M80 la scatola con tutti i miei manoscritti, sul coperchio avevo scritto vistosamente “ Le storie di Enzo “.

Le lettere scritte a mia madre, invece sono conservate in una scatola azzurra. Sono lettere felici, come lo ero io.

Mi chiedo che fine faranno, in quale mani cadranno. Farei meglio a bruciare tutto.

Forse penso queste cose così brutte perché sono attraversato da una velenosa tempesta, proprio in questa notte magica, là fuori c’è un cielo splendente di stelle, l’aria è serena, profuma di tiglio, sono lì in fila, quando li piantai, li ho curati bene e legati a un alto tutore. Ora sono altissimi e svettano in cielo, mi regalano con il loro intenso profumo delle serate magiche, che in qualche modo mi riportano alla mia casa, alla mia adolescenza. Ma ora in questa mediocrità non sono più in grado o meglio guardando la vita con occhi diversi sono diventato un “ appartato” uno che non vuole più avere a che fare con la mediocrità in generale, preferendo la mia.

Il mio rimanere in questo stato mi ha evitato la forzata condivisione di pensiero con il resto, con l’intorno che non riconoscendosi mediocri si sentono gratificati e da gratificati vivono una parvente vita.

Ogni mattino l’eco mi porta lo sferragliare di un treno che corre veloce, e non posso fare a meno di pensare allo scorrere veloce dei giorni, degli anni. Ed ora eccomi sono come un treno fermo in stazione, che vorrebbe ripartire pur avendo accumulato moltissimo ritardo ed essere conscio di trovarsi su un binario morto.

Così più di una volta mi reco in stazione a vedere i treni partire e passare, immedesimandomi in un viaggiatore in attesa di un treno che mi porti da qualsiasi parte.

Davanti a un enorme specchio, per la prima volta nella mia vita mi sono visto interamente, non mi ero mai reso conto di quanto lavoro avesse compiuto il tempo, mi vedo diverso da come mi ero immaginato, i miei tratti hanno ceduto, la faccia è di un vecchio che chiede aiuto al suo grande giudice, quella faccia che non avrei mai voluto vedere, che avevo sperato fino all’ultimo di non vedere.

Poi la mia mente torna ai miei binari da cui è sempre possibile, con un colpo di testa, saltare sul primo treno che passa per sfuggire a questa umanità deludente.

Dell’umanità su quei binari sono presenti, e ben raffigurati, il passato e il presente, la realtà e la finzione, il normale corso delle cose e il presagio del soprannaturale; è un avanspettacolo da bassi fondi, deludente …

Si fa giorno, sul divano pieno di cuscini. Il sole filtra da una delle finestre è l’unica cosa viva, nel pulviscolo sospeso nell’aria i sogni si dissolvono nella penombra. Diventa parte viva di Marea ancora addormentata; la mia gelosia mi fa pensare ipoteticamente al suo corpo abbandonato in mani altrui, perdo il lume della ragione.

In bagno davanti allo specchio:

<< E’ un onore, per me >> esordisce l’immagine riflessa.

<< Lei è lo scrittore che più preferisco>>. Ho letto tutti i suoi libri e leggo ciò che scrive.

Amo quel suo stile incisivo! … E il suo coraggio di rimanere ancora qui alla Corte delle Anime Nane.

Sa perché l’amo? Perché lei non ha mai barato. Detesto le persone che barano, ecco perché la seguo come un’ombra, vorrei, voglio essere come lei.

L’osservo, la studio, ci deve essere da qualche parte un cifrario per poterla decifrare, solo così potrei trovare tutto quello che non dice nei suoi scritti ….

Passo una mano sugli occhi e quando li riapro spero che il mio riflesso sia andato via, e invece lo trovo ancora li con dei fogli in mano, comincia a leggere, sempre più incalzante, poi si ferma e mi dice: è bellissimo ciò che scrive, io non saprei da dove cominciare ecco perché l’amo!

 

giovedì 20 febbraio 2025


 

Al Vespro

VINCENZO CALAFIORE

 


All’imbrunire, gli ultimi raggi solari entrano in casa colorandola di rosso.

Seduto al tavolo cerco di leggere un buon libro, sorseggiando un buon cognac, senza riuscirci, perché la memoria martella la mente con i suoi incantesimi.

Non conoscevo tutti i suoi aspetti.

Quando si è giovani non c’è il tempo di rimanere con lei e ascoltarla. Ma, a questa età mia, pigra e svogliata, il tempo è divenuto prezioso, importante, tanto da non sprecarlo.

Questa è il tempo della ponderatezza, è un tempo di sospensioni e quindi si può dare ascolto e tempo alla memoria, lasciando alla “ grande vecchia” la possibilità di proporre le sue narrazioni.

Non è rimpianto. Non è di rimpianto che si tratta.

Mentre continua nelle sue stesure, la memoria, cerco di figurarmi il mio giudice, che leggerà la mia vita senza giudicarmi. Che rilievo potranno tutte le cose che ha appuntate? In apparenza nessuno. Eppure immagino il

            ( Il mio giudice )

mio “ gran togato” restarne coinvolto, possibilmente da me affascinato e una volta conquistato, non mi giudichi, non mi condanni. Penso, illudendomi, che là, nella mia memoria egli vada cercando fra le infinite righe di parole, quelle emozioni in grado di illuminare la sua vita che la mia.

In verità provo disaggio nel sentire il suo sguardo freddo, penetrante, addosso, e un confuso sentimento di amicizia e rammarico allo stesso tempo per il mio stravagante giudice.

In certi momenti vorrei incontrarlo, prenderlo per mano e condurlo nel mio labirinto, non quel labirinto ideato diabolicamente perché uno si perda; ma l’altro, quello della fantasia, la fantasia dello scrittore ove mi sono perso, per fargli provare l’oblio, una fuga dallo squallore del quotidiano a cui per una vita intera sono stato costretto, dalle delusioni che l’hanno assediata.

Sarà proprio lui, a cui basteranno le mie meravigliose immaginazioni per dar vita a un nuovo universo in cui collocarmi fino alla fine del mio viaggio.

Fosse per me tradurrei tutta la mia memoria in versi e, la sera, nelle ore del vespro rileggerla da una spiaggia al mare.

Ora ho in questo mio tempo lebbroso dar la caccia alle diverse vite che mi pare di aver vissuto.

Le ho annotate ai margini dei fogli del mio portolano, furtivamente, quasi timoroso che il mio giudice se ne accorgesse, non le ho mai cancellate, in effetti quei fogli hanno avuto da sempre il mio concetto d’universo!

Le mie < circostanze > !

Le riprendo, con una mia logica, seguendo una mia simmetria ragionevole. Lo sguardo cade nel vuoto dove è apparso il ricordo di una schiena rosea, natiche ben modellate, lunghe gambe che stringono le mie mani e sogno ad occhi aperti nei colori infuocati del vespro.

Allora, mi rendo conto di quanto sia bella la vita, è davvero bella, di una bellezza unica, semplice, pulita, straordinariamente al femminile!

La luce man mano lascia il suo posto alle tenebre, e mi trovo in un ambiente buio e polveroso, pieno di cose coperte disseminate qua e là, tuttavia la polvere con il suo pudore nel depositarsi e avvolgere le forme, viene messa in evidenza dal filo di luce che entrando da una fessura viola quella solitudine: la mia memoria ha aperto le sue stanze!

E quando vado ad aprire una finestra le forme manifestano tutta la loro grazia.

Alla luce si diffondono, variano le loro tinte con grandi macchie di colore qua e là, come le foglie e i fiori di un autunno mai profanato.

Ai mie piedi c’è un baule che conserva i sogni fantastici d’una età perduta: la mia adolescenza, cose che si sono salvate dall’oblio.

Sono rimasti chiusi 78 anni; sto per riaprirlo, ma mi fermo col cuore che prende a battere!

Il mio sguardo si fissa sul pavimento, dove in mezzo alla polvere galleggiano orme, impronte di piedi femminili, e subito capisco che sono i passi della mia gioventu!