giovedì 30 gennaio 2020

Il Fallimento della politica

“È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s'illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza.” “Più gente conosco, e più apprezzo il mio cane.” “Non dalle ricchezze ma dalle virtù nasce la bellezza.” “Ho gettato via la mia tazza quando ho visto un bambino che beveva al ruscello dalle proprie mani.” SOCRATE

C’è chi gioisce comunque, chi gioisce un po’ meno, chi stappa champagne e chi espone la bandiera. Chi vede solo i rischi e i lati negativi, chi invece si nutre di speranza. I sentimenti e le previsioni su questo finale di partita si sono spenti, e si sono riaccesi i bla bla di esperti consiglieri e visionari e soni tanti purtroppo ed è giusto che sia così, in una Democrazia. E c’è ancora chi spera che si vada diritti alle elezioni. Mentre il mio tricolore sventola alla finestra tanti italiani e stranieri continuano a congratularsi come se appartenessimo tutti a un esercito di vincitori, sento l’assenza dei grandi della politica, Berlinguer, Craxi, che oggi non sono più con noi e chissà come l’avrebbero presa questa conclusione non conclusa. Loro non ci sono più e chissà come si sarebbero espressi, ma possiamo cercare di dire noi delle cose nostre su questo capitolo che non chiude la storia repubblicana di questi anni; con modestia e semplicità, senza certezze. Nessuno è uscito vittorioso, certamente non Zingaretti che rispolvera profumatamente il suo amore per l’Italia già da altri definita un paese di merda, davvero pazzesco. Nessuno esce vincitore, ma quello che in me è certezza è che la politica, quella di ieri ai tempi di Berlinguer, Almirante, che tutti vorremmo, esce perdente, sconfitta. Questa situazione generale che stiamo vivendo non fa altro che certificare la fine della politica, il fallimento della politica e dei politici di questi tempi. Una politica frazionata e una politica incapace di essere all’altezza della sfida della grande crisi. Eppure la sensazione è che all’interno dei “ vincitori “ ci sia chi pensa di potersi attribuire il “merito”. No, davvero, non è stata la società civile. Nessuno ha vinto. Ma certamente la politica porta la colpa maggiore. Per non aver saputo rappresentare anche agli occhi degli italiani oltre che dei mercati l’alternativa pronta, unita, preparata, decisa. Unita, soprattutto e non divisa ancora fra maledette e stupide rivalità. Non saranno certo Zingaretti, Di Maio, Salvini a cambiare in meglio la politica, quella che cominci a mettere insieme persone competenti e oneste che lavorano per il bene di tutti, senza inseguire il potere che non deve appartenere a nessuno, tranne che al popolo ( ma non è così). L’Italia ce la farà? A tornare ad essere quella che un tempo contava qualcosa? Forse quando avverrà il riscatto della politica e perché avvenga bisogna però che ai cittadini sia restituito il diritto di eleggere i propri rappresentanti. Senza questo diritto fondamentale, inutile cercare di ripartire, di ricucire il Paese. Tutto resterà come prima, come adesso. Per questo motivo io credo che noi non possiamo smettere un solo istante di pretendere che insieme ai sacrifici che tutti saremo chiamati a fare e speriamo in maniera giusta ci sia ridato il voto con una nuova legge elettorale che ci restituisca la voglia di andare a votare, la facoltà di scegliere chi mandare nel prossimo Parlamento e la possibilità di interloquire e controllare i nostri eletti. Che sia Democrazia vera e piena, nel nome di quella bandiera che sventola alla finestra. Per poter dire viva l’Italia, per poterci rimanere come fosse ancora patria che purtroppo per tanti più non è!

mercoledì 29 gennaio 2020

















Saprei riconoscere la tua testa tra mille
dai capelli crespi come un mare di settembre.
Saprei riconoscerti dal modo di come ti muovi,
cammini, gesticoli con le mani!
Saprei riconoscerti da quel sorriso che sempre indossi
dalla timidezza che colora le guance
dagli occhi che si stringono  dentro un’emozione
Ti amo da quel giorno, come una carezza
Amo le tue parole sommesse, il loro raggiungermi,
parole che affondano in un bacio, e ti guardo
dritta negli occhi …. Il tuo volto..
non potrò mai dimenticare il tuo volto!
                                               Vincenzo Calafiore




Non lasciarmi mai

E ti penso accussì                                 
dentro un abbraccio
a sussurrarti: non lasciarmi mai!

Nella tua assenza, succede di
Sentirmi solo e così
sentire il mio respirare lento,
la presenza di me stesso
in questo silenzio mi ritrovo a sperare
di essere onda e avere il coraggio
di assalire uno scoglio, morirgli addosso.

Accussì …. Muoio!
Ed è un cercarti
un volerti sempre, senza tregue,
lotte continue in quel mio bastarsi mai!
sentirti addosso, sentirti mia
ed è quasi sfuggevole il sogno.
E’ quasi cielo.. aspro, sanguigno, un
arrivo in un ovunque …. amore anche in questa
solitudine, Tu sei mia!
                                        Vincenzo Calafiore
                                          

giovedì 23 gennaio 2020


Il mare

Di Vincenzo Calafiore
22 Gennaio 2020 Udine
“ .. sei più dei tuoi occhi,
più delle tue mani, delle tue labbra
sei mare. Mare di un azzurro
più dell’azzurro. In questo
mi sento meravigliosamente
solitaria vela, perduto in una bolina
che a te mi riporterà sempre
da ogni mio mare …. “
( Vincenzo Calafiore )


Hai mai guardato il mare? E’ senza strade, ne semafori, incroci, il mare non richiede spiegazioni, è il mare! Così dovrebbe essere la vita.
Che io sia di poche parole, me lo si legge in faccia, ma se guardi bene nei miei occhi vi ci troverai il mare e quello come me per parlare non usa le parole, ma gli occhi! Quindi, guardami, guardami negli occhi.
Se stai leggendo per caso queste righe, ti voglio dire che se non sei capace di amare, di lasciar perdere, altrimenti rimani. A te dico di non arrenderti. Non lasciarti sopraffare dalle insicurezze, da dubbi, che altri ti hanno messo in testa come fosse una corona.
Sii forte, più forte di quel che sei, perché c’è tanta bellezza in te anche se tu la sai nascondere bene.
Tu “ Donna “ non lasciarti andare, non mollare mai, urla più forte per farti sentire, ma non mollare mai.
Lo sai bene, qui, in questo sistema, tutto è difficile, niente è facile per te, ma tu non mollare!
Sei bella così, con le tue assenze, con i tuoi sguardi persi nel vuoto, con le tue poche parole, con la tua tristezza e la tua sfiducia.
Non è semplice ne facile essere donna, lo sai!
Non è semplice vedere il mondo con gli occhi tuoi e con quella tua testa che sa spaziare nell'universo.
Sei importante per me come uomo ma di più per l’esistenza del mondo, ecco è questo che penso di te
 “ Donna” . Ti abbraccio forte, qualsiasi cosa tu stia facendo ovunque tu sia sai che sono qui a difenderti con l’unica arma che ho a disposizione: parlare di te, raccontarti a quel mondo che non ti vuole, non ti ama, quello che calpesta la tua dignità, la dignità della persona.
Vivo da – Coatto – e da coatto mi muovo, evitando il più possibile il mondo che mi sta attorno; portando con me sempre la speranza che Dio per un nano secondo si dimentichi che io sono una marionetta che tenta di sfuggire al terribile Mangiafuoco, e magari potrebbe regalarmi uno scampolo di vita.
A colloquio con lui forse per timore non gli confesserei tutto quello che penso, ma intimamente continuerò a pensare tutto quello che dico, direi, dirò.
Ma sopra ogni cosa, c’è la dignità della persona, non sappiamo cosa sia, ma pretendiamo di saperlo, tentiamo pure di darle una definizione. Io penso che la dignità abbia a che fare con la bellezza dell’anima, come la bellezza che appare a noi e pure non sappiamo cosa sia, la riconosciamo, la desideriamo, la vogliamo, l’amiamo… insomma la riconosciamo o crediamo di riconoscerla ancor prima di averla conosciuta… come diceva Platone.
Direi che forse nessuna cosa come la dignità meglio ci definisce per quello che realmente siamo, nella nostra umanità, nel nostro essere  “ umani “.
Dovremmo essere forse più “ umani  di umanità “ che “ umani razionali “  come diceva Aristotele
“ L’uomo è un animale razionale “ e questo a renderci diverso dagli animali, da tutte le creature del Creato.
Ma ricorderei soprattutto Kant, per il quale il nostro tratto essenziale è la moralità.
Per finire dunque la dignità, questo mistero, questo tratto estremo dell’umano, che non sappiamo che cosa sia, ma che riconosciamo minimante in colui che non è più persona, non è una cosa, ma  - è – come – è – è la Donna o almeno dovrebbe esserlo … i latini dicevano: sunt aliquid manes ovvero: ciò che resta di noi non è nulla, è qualcosa: una traccia, un’impronta!
Voi dovreste scusarmi, scusarmi per quello che sono: uno scrittore.
Per quello che non sarò mai: uno che calpesti la dignità altrui.
Scusatemi  per il mio carattere, per le poche risposte, per i miei silenzi.
Non voglio più che si perdano gli abbracci, l’amore sciupato dal tempo, la prigione che mi fa coatto.
Io non perdonerò mai coloro che si sono vestiti di umanità e mi hanno fatto credere di esserlo
Non  perdonerò mai  le ingiurie gratuite, al corpo e all'anima.
Non vi perdonerò di aver rovinato per sempre un’anima pura.
Di avergli tolto la sua capacità di amare. E anche di essere amata.
Non vi perdonerò di avergli negato il vostro amore.
Non vi perdonerò di averlo fatto soffrire, ogni giorno.
Non vi perdonerò niente.
Non vi perdonerò perché voi non lo meritate, perché voi non siete speranza.
Ma vi ricordo che io come i tanti non sono da buttare, ma neanche un vuoto a perdere
Sono da buttare. Un vuoto a perdere. Non sono ne zero, ne niente … io sono, ego sum !
E me lo ripeto ogni giorno, da solo. Perché non me lo dice più nessuno e io ho bisogno di aggrapparmi a qualcosa, qualsiasi cosa per riuscire ad andare avanti così.
Per questo non vi perdono e mai vi perdonerò.
Un giorno lontano capirete, e sarete soli, come me che già lo sono!
Ci vorrebbe il mare ora, adesso.. ma il mare è anche tanta, troppa lontananza, il mare è un mare di lontananza”
Grazie per aver letto queste righe, se mai lo hai fatto
“ Cala la notte, silenziosa e meschina, chiudo gli occhi sperando di incontrare Dio, d’un tratto nella mia mente appari tu: Maree!






































venerdì 17 gennaio 2020


Vieni e mordi l’anima
Di Vincenzo Calafiore
18 Gennaio 2020 Udine
“ ….loro, gli altri, sono tutto ciò
che io ho perso!
Io sono tutto quello che loro
avrebbero voluto essere. “
         ( Vincenzo Calafiore )

Tu come sempre arrivi, come un treno di nuvole dai bordi svaporati, vieni e ti fermi e mi guardi tanto da non farmi capire nel posto dove sono.
Fuori, la luna riflette la sua luce sui tetti, brillanti per ingannare il buio,c’è un silenzio, il silenzio che precede l’alba, tutto tace!
Lo sapevamo bene quanto fosse meraviglioso calarsi nella vita dell’altro, è stato come scendere in apnea nel trasparente ventre di un mare cristallino, quello che sta negli occhi tuoi.
Tutto tace come le loro bocche …. Io comincio a scrivere di te per loro, dopo aver fumato da uno dei miei orli preferiti la mia prima sigaretta; mi sento uguale a l’ultimo gabbiano che infreddolito e stanco rientra dalla caccia notturna, umido di mare, profumato di salsedine.
Io scriverò di te a loro, sui vetri appannati delle finestre e dei finestrini di vagoni fermi in una sperduta stazione oltre la frontiera.
Lo scriverò sui muri di città fatiscenti e sommerse dai rifiuti, sui muri di metrò, nei bagni delle stazioni, ultimi avamposti di una civiltà arrotolata nei cartoni. Scriverò di te amore, a loro, gli ultimi che mi hanno dato una storia da raccontare: la nostra storia.
Non basterà un oceano a dividerci.
E’ la passione della vita, la voglia sfrenata di vivere, di amarci, a prenderci, che ci vuole, che ci tiene uniti in una infinita umanità.
Non c’è cosa più bella della vita. Anche quando questa ti piange negli occhi.
La follia è quella di lasciarsi andare in cose che non servono a niente, cose che non sanno di amore … potremmo anche raccontarci tutto ciò che si vuole, ma la vita, la vita è l’unica cosa bella davvero,in questo tempo che ci sfugge di mano, che ci porta inesorabilmente alla rovina.
Il sipario alle mie spalle aperto, dietro una scena neutra, mi tremano le gambe, la paura di non ricordare, di sbagliare “Tutto quello che conta non finisce mai “ il mio monologo all’amore, alla vita. E lì davanti ai miei occhi che cercano nel buio, di cui avverto il patos, il lungo respiro che mi assale, comincio: “ Davvero credi che tutto quello che conta non finisce mai? Lei mi ha sorriso, forse per la stupidità della domanda, forse per via dell’espressione del mio viso, un po’ smarrito .. lei mi ha risposto dopo averci pensato un po’ – Si credo davvero che non abbiano mai fine le cose a cui tieni, come amare una persona… e se l’ami è per tutta la vita, per sempre.
Sai come sono, quando scrivo qualcosa mi prende una certa frenesia, mi ci butto dentro, come l’ape dentro una campanula. Un libro, non è solo un libro, un mucchio di parole, parla, racconta, è anima, è vita tradotta in parole e le parole hanno voce e anima, suoni e colori… le parole sono vita!
Ecco come quando ti dico: ti amo! E’ di vita che si tratta, di donazione, di luce, calore,fame,fame di amore e di dolcezze, di carezze, di sguardi, di solitudine, di silenzio, di serenità…. Di vita, è questa la vita … è amore!
Oh.. vita sei mancata, mi manchi ogni giorno di più.
Sento avvicinarsi il lento respirare del mondo, ed è quello che più temo oltre che perderti.
Perché vedi, io e te siamo la stessa cosa, la stessa razza, abbiamo un’ombra che proiettandosi si allunga all’infinito e noi piano piano la raggiungeremo, non sappiamo cosa potrà esserci oltre, ma ci andiamo lo stesso, ugualmente mano nella mano nei fasci d’una felicità dentro, che non ci fa sentire ciò che il mondo ci butta addosso.
Ci amiamo e sai perché?
Perché tu sei mare ed io riva… assieme siamo e saremo sempre più vita!
Sempre più amore per un sempre a portata di vita.



giovedì 16 gennaio 2020


Sei bellissima

Di Vincenzo Calafiore
17 Gennaio 2020 Udine
“ Quelli che sono più difficili da amare, sono quelli che ne hanno più bisogno. “
Socrate.


Sei bellissima!
Chissà quante volte l’ho pensato, quante volte non te l’ho detto, sei bellissima! Bellissima per me, per i miei occhi, per le mie labbra quando pronunciano il tuo nome assetate dei tuoi baci.
Mi basta sapere che te l’ho detto, magari nei modi più strani, nelle maniere mie più diverse, te lo dico sempre: sei bellissima!
Perché non dirlo alla donna che si ama?
L’amore a volte toglie il fiato, l’amore è non doversi vergognare, mostrarsi così come si è, con qualche ruga in più, con tutti i segni che la vita ci lascia addosso nel suo lento passare; in fin dei conti noi altro non siamo che sassi nel fondo di un ruscello che scorrendonci sopra appiattisce e liscia fino a farne granelli di sabbia.
Ma tu, amore che vai, resta! Restami accanto anche quando non lo merito, tu non lasciarmi andare, acciuffami quando scappo, stringimi a te se di notte vivo un incubo.
Amami e io ti amo.
Fammi innamorare tutte le volte che guardo i tuoi occhi, ogni volta che respiri, tu resta sempre, fammi sognare tra le tue braccia.
Sei l’amore che riempie il cuore, e sei bellissima!
Bellissima perché esisti nella mia testa, nel mio cuore.
Vorrei che tu sapessi che ti ho amata già altre mille volte, ti amerò ogni volta che chiami il mio nome..
Lasciami il tempo di esplorarti, conoscere il mare che è in te, ma amami non per solitudine, non per abitudine ma per certezza.
Vorrei prendere le tue mani e portarti via, andare per sogni, andiamocene via da questo mondo ostile, ovunque tu voglia perché noi esisteremo  ovunque!
E’ difficile guardare con occhi così innamorati e dire alla propria donna: sei bellissima?
Amarti è inevitabile, una cosa impossibile non fare.
Io mi chiedo, come possa calmare la voglia di abbracciarti, la voglia di baciarti, di sentirti dire che mi ami… dicono tanto che il coraggio non è da tutti, ma a restare sono i più coraggiosi, quelli che rimangono nelle tempeste e non abbandonano mai chi amano, questo non è da tutti, amare non è da tutti.
Io sapevo, lo so il motivo della tristezza, forse è di amore, di carezze furtive, di un cuore in subbuglio, no piatto in un vivere sempre uguale, uguale perfino nella morte.
Forse amare sarà il rimanere abbracciati e ascoltare i ritmi placidi dei respiri, senza il bisogno di dire nulla che non sapessimo già!
Io lo so, sono consapevole di avere un carattere strano, che non sono una persona aperta, che se mi arrabbio mi arrabbio con tutti, che vivo in una specie di isolamento. E’ che certe volte sono assente nella mia vita stessa e che sto lontano da quella degli altri, ma non della tua, tu ci sei sempre, anche quando ti allontani un po’ alla volta, anche quando mi tradisci!
E’ che il più delle volte mi rifugio nel mio mondo e non capisco per quale ragione non riesco a spiegare quello che dentro di me succede, forse non capirebbero, forse ci vorrebbe qualcuno che tendendomi le mani mi direbbe: lascia per un po’ il tuo mondo, i tuoi disagi, le tue paure e vieni tra le mie braccia, io voglio che tu rimanga nel mondo mio, io sono qui per te, perché ti amo!
Non è mai accaduto.
Ho imparato solamente a nuotare nei tuoi oceani mentre annegavo nel mio mare!



martedì 14 gennaio 2020


Se scegliessimo di rialzare la testa

Di Vincenzo Calafiore
15 Gennaio 2020 Udine

Editoriale

Il SUD non vedrà mai la luce
è inutile che ci illudiamo
e lasciamo che ci raccontino bugie
e vengono ancora a fare promesse.
Roma altro non è che una rana urlatrice
allo stesso tempo sa essere squalo che
continua a divorare, a imbrogliare.
Ci lasciassero almeno la dignità
di fare a casa nostra le cose che vorremmo fare,
di scegliere almeno noi di morire come meglio
ci piace e non essere pian piano come è stato
fino ad ora, strangolati, dalla mafia e offesi
da politici incapaci. “


A un certo momento della “ nostra “ storia a noi viaggiatori dello Stretto che cominciavamo a conoscere quelli che venivano dal – Nord –  ci era parso davvero che l’Italia fosse la nuova prospettiva, fosse la modernità, fosse la patria!
Quando la nostra vera patria era invece la nostra terra, il nostro Stretto, questo non lo avevamo compreso ieri come oggi ancora.
Non sto parlando degli emigranti con le valigie di cartone, ma di avvocati,prefetti,medici,insegnanti, ricercatori,scrittori,ferrovieri,marinai,contadini,funzionari di banche,diplomatici,frequentatori dei traghetti che nonostante tutto vedevano l’avanzare della paccottiglia della marginalità vedevano l’Italia nel colore cangiante dell’acqua e un nuovo modello di lingua nazionale.
Cercavano l’Italia in quelle diverse velocità delle correnti, nei vortici, nelle “ scale di mare”, nelle
“ macchie “ che improvvisamente si mettono a friggere, come allora friggevano la dialettica storiografica del napoletano Benedetto Croce e il teatro di Pirandello.
Friggeva la “ Mafia “ siciliana, la “ Ndrangheta” calabrese, con le loro spartizioni del territorio, coi loro sporchi traffici, con il loro spadroneggiare, coi soprusi,con la loro intensa coi poteri forti dello Stato, coi bambini sciolti nella calce viva, con le stragi, con gli assassinii. Li abbiamo lasciati fare, li abbiamo lasciati vivere fino a diventare oggi un Stato contro lo Stato e, non sono più i rozzi e gli ignoranti di ieri, sono gente di cultura, sono imprenditori, sono politici, sono cambiate sono più forti sono organizzate mentre noi siamo rimasti sempre gli stessi dei – sottomessi – dei conquistati, incapaci di riprenderci e di riconquistare la nostra libertà, la nostra dignità, senza pensare che comunque questi potenti criminali sempre topi sono, sempre vigliacchi, sempre rintanati vivono e da rintanati continuano a foraggiarsi e a crescere con il loro esercito di manovalanza.
E in questo viaggio immaginario su un ferry boat, mentre la costa calabrese si avvicinava, i meridionali non si accorgevano che quel traghetto non somigliava alle loro idee di Stato rigoroso, che dai suoi cittadini e servitori esige zelo, dedizione, efficienza,pulizia.
E infatti su quegli stessi traghetti che diventavano via via più sgangherati, più vecchi,più pittoreschi, sempre più –isola- i continentali, quelli del Nord, venivano nel meridione a cercare stereotipo di razze dimenticate con quel tanto di selvaggio che da sempre ha affascinato quelli in cerca di emozioni e sensazioni forti, profonde e sensuali come quando si addenta un panino di grano duro imbottito di mortadella o si abbraccia un corpo acerbo, forte nudo.
A Taormina, questi raffinati hanno cercato, poeti e intelligenze, hanno cercato e trovato carne insulare rigenerativa dei loro nervi sfibrati.
In tutto questo marasma, l’accondiscendenza siciliana e calabrese ha rovesciato il mito e la sindrome del terrone raccontandosi nei film, nei romanzi, nella letteratura, come gli altri li volevano allora e ancora adesso li vogliono: mesozoici o paleolitici, esclusivi, liberi, separati purchè reclusi.
Lasciamo fare quando ci dicono – terroni- , abbiamo smesso di sorridere o di divertici, perché abbiamo imparato a nostre spese, siciliani e calabresi, che in viaggio siamo sempre su un ferry boat, sempre sullo Stretto della separatezza e della marginalità, siamo sempre dei sottomessi, dei vinti, degli arresi ai soprusi del potere di mafiosi e politici corrotti.
Lo Stretto dunque è un universo povero dove un uomo vale meno di un asino e la donna meno del maschio, lo Stretto è forse il mito arcaico dell’Onore e del Disonore, della virilità, della cortesia e della dolcezza, della cultura e del pudore, della fragilità, della gentilezza che prevalgono dappertutto come in Sicilia e Calabria, come a Milano e più in su.
Mentre il ferry boat è il  - come se – nulla fosse cambiato, un ammasso di ferraglia che lentamente avanza e arranca nello Stretto e a guardare bene tutto si dilata, sempre più trasparente, sempre più invisibile, come noi meridionali, sempre più distanti sempre più invisibili agli occhi di un Nord vampiro e arruffone, menefreghista, ignorante con le tasche pieni di – schei - !






L’ Amore è a SUD

Di Vincenzo Calafiore
14 Gennaio 2020 Udine

“ Può un’amicizia a un certo punto
divenire  - fratellanza e più -? Si
può divenire più che fratellanza.
Come è successo a Tinozzu e Marbizza
due bambini che sono diventati vecchi
senza mai perdersi nonostante le lontananze
le distanze. L’amicizia è un attendersi, è
un pensarsi reciprocamente, un appartenersi.”
                                                             Vincenzo Calafiore

L’ Amore è a Sud, il Sud stesso è amore! 
Se mi viene in mente “ Santa Caterina “ il Rione di Santa Caterina o il Gran Ducato di Santa Caterina, ove sono nato e vissuto, c’è Stefano Federico, il mio Amico, il mio riflesso e io il suo, il compagno di banco, eravamo come il mare e la spiaggia, lo siamo ancora adesso che stiamo diventando vecchi, indomiti sempre come lo è il Sud, come lo sono tutti i “ SUD “ del mondo.
“ Stricto sensu “ diceva la mia insegnante di latino, - lo Stretto è troppo largo” diceva mio nonno e respirando acqua salata, si immalinconiva quando lo straniero che veniva dal Nord diceva a qualcun altro …. -  Guarda quella è l’Italia – .

Stefano Federico questo “ pezzo “ è a te dedicato: il mio amico!

Sono, io e ancora adesso, quel modello di meridionale che, andando e venendo sui ferry boat, esporto Meridione e importo Italia, una specie di Unità d’Italia che, tuttavia, quando ero sul traghetto non mi sentivo mai pacificato, mai tranquillo, ne prima ne ancora adesso.
Mio nonno diceva  - Noi non siamo pesci -, lo ripeteva e diceva pure di averli visti i tonni che in banco attraversano lo Stretto.
Io li ho visti non dai traghetti, ma andando in barca:
 “ là dove u mari esti mari – là dove il mare è mare” ! E dove però, non ci sono le fere, i pesci degli abissi, l’orca.

“ Ci fa Calabresi o Riggitani l’umanità anfibia dello Stretto, parca come una terra vergine e allo stesso tempo eccessiva come un mare sconfinato, come un oceano dentro altri tanti oceani. “

E’ invece bello questo mio mare proprio perché è stretto, perché affacciandoti dal Lungomare di Reggio Calabria puoi vedere la Fata Morgana, Punta Faro, Messina, e lei la Regina, la Dea dello Stretto: L’Etna!
Perché sono appunto questi gli Stretti, scorciatoie che i mari e gli oceani si sono inventati per favorire l’incontro di umanità.
<< Lo Stretto è un dono di Dio, il Ponte è un dono a Dio >> dico sempre io che soffro ora come allora di Stretto, che sognavo di passarlo con un lungo salto, che ho amato e ancora adesso, la pancia dei ferry boat che ingoiano treni,camion, macchine e cristiani. Amo quei graffiti di amore e di nostalgia che i passeggeri dalle carrozze ferroviarie a pochi centimetri incidono sulle parete bianche della stiva.
Ricordo con un po’ di nostalgia quei “ Caterina ti amo, un – Frocio – e il più straordinario:
“ Solo su “ Reggio “ il ferry boat più bello si sente la separatezza di una terra che non si congiungerà mai con il futuro “.
Eppure noi mio Caro Stefano non abbiamo capito la – poesia e la bellezza – del somigliare e sentirci
“ Scilla e Cariddi “, e non solo perché sorelle povere o tenute in povertà, luoghi storici della Cultura e dell’Amore, che imputa a una politica italiana strafottente e unitaria ogni frattura, ogni singola miseria.
Il punto è mio Caro Stefano che nessuno ancora adesso ha capito che Meridione equivale a umanità, amore per le cose semplici, che Messina e Reggio sono un’unica città divisa da uno Stretto di mare e da un abisso di problemi che ti fanno bestemmiare contro Polifemo troppo piccolo come gigante, troppo grande come uomo, brutto come un cane cirneco.
Non abbiamo compreso le bellezze che sono in noi e nelle misteriose correnti dello Stretto.
Da una parte Scilla e dall’altra parte Cariddi, le Sirene della follia, dell’oltranza umana che alberga in noi Meridionali, la presunzione che discende da Prometeo, e Ercole, campione dell’intelligenza che non riesce a superare le Colonne…. Noi che non riusciamo a congiungere la sete di conoscenza con l’oggetto della conoscenza.
E tuttavia quando il sole si levava appena sotto quella luce da  “ Mattino del Mondo “ a noi Meridionali e abitanti dello Stretto ci sembrava davvero che l’Italia fosse la patria, così non è stato, e siamo stati traditi, mio Caro Stefano o Tinozzu !
Lo Stretto è la maledizione del poeta o dello scrittore che senza Scilla e Cariddi non sarebbe mai esistito e mai potrebbe nuovamente esistere “
                                                                                         Vincenzo Calafiore a Stefano Federico                                                            


              



domenica 12 gennaio 2020


A volte mi è difficile inventarmi

Di Vincenzo Calafiore
13 Gennaio 2020 Udine

Mi chiamo Vincenzo Calafiore e sono nato a Reggio Calabria, splendida città di mare. Compio gli studi e mi appassiono alla scrittura. Non ricordo un solo momento della mia vita in cui non abbia sentito il desiderio e l’esigenza di scrivere, nero su bianco le mie sensazioni, i miei pensieri, le mie più belle emozioni. La scrittura è parte integrante di me.






  Non so, è possibile raccontare una cosa a qualcuno, e sperare che  mi capisca davvero? “  Vincenzo Calafiore

Mi piace scrivere, non è un vizio, è una passione ma allo stesso tempo una piccola condanna, quasi che ogni capitolo possa essere paragonato a una storia di qualcuno che ha vissuto o sta vivendo o che da poco avrà chiuso. Ed è vero, o almeno sono convinto; ma anche che si tratti di questo.
Tutto accade meravigliosamente di notte …. i dettagli sono limpidi, tutto si allinea e mi trovo perduto in un qualcosa di sconosciuto che sta nascendo, prendendo vita mi coinvolge, mi porta via.
Non sempre è così, ma scrivere, sì, scrivere non è bello è bellissimo.
Quella piacevole stanchezza, quella insolita spossatezza che mi prende e mi tiene così fino alla fine, valgono da sole come un tesoro.
Esco sul balcone sia d’estate che d’inverno a fumare la mia sigaretta e nel guardare il volto del nulla, tornano in mente immagini e pensieri mai assopiti, e mi sento essere come un fornaio che spera di fare un buon pane:
Nella mia testa e nei miei occhi ho visto l’amore danzare, noi non ci conoscevamo eppure ci tenevamo per mano, è lì che ti ho presa! Dove ho avuto paura, ho mollato la presa e ti sei fatta vicinanza.
A volte è paura, a volte è coraggio, a volte è semplicemente amore.
C’è che sto morendo dalla voglia di ritrovarti fosse anche in una parola, negli occhi,in un rigo.
A quel mare lontano che sento rumoreggiare in testa chiedo di essere guardato e non solamente visto, essere ascoltato e non soltanto udito ….
Vivere lontano da casa non è per chiunque. Bisogna avere un cuore grande, tanto da grande da fare da valigia a tutto quanto si lascia: panorami, mare, amore, genitori. Questo bagaglio batte come un cuore anche quando pesti un suolo che non ti appartiene o quando sei steso su un letto che non ha la tua forma. Conosci amici che non sono tuoi, città che non è la tua.
Devi avere un cuore grande che contenga anche questo bagaglio. Un cuore che a volte ha paura che altri lo abbiano dimenticato. Un cuore così grande eppure così fragile … è lì che si ferma, va in blocco, ti confonde tanto da non sapere più chi sei. Cadi a terra e ti chiedi chi sei e cosa stati diventando, dove stai andando e sai perché? Perché quando parti, più che andare verso una meta, vai verso un destino: il tuo!
“ vorrei essere guardato e non visto, essere ascoltato e non soltanto udito”.

Ora mi trovo in mezzo a un mare grande, più grande di un oceano, è un navigare in solitaria in contro alle tempeste, giorni e giorni di silenzio, sembrano quei giorni senza alcun motivo per continuare a navigare; giorni in cui non mi ricordo come si faccia a piangere o a sorridere a vivere, in cui vince la stanchezza fino a schiacciarmi.
Tutto passa e va.
La voglia di scrivere  e di destinare ogni attimo a questo, ora quasi non c’è più.
Manca il desiderio bruciante di buttare via il mondo “vero” e rifugiarmi in uno fittizio.
Manca il desiderio di scappare dalla realtà per tuffarmi nei sogni e navigare fra pensieri e poesie da scrivere, rendere me stesso sotto forma di parole.
Manca quella che un tempo era passione … adesso cos’è? Nulla, forse. Non è un addio tragico, non ho perso l’ispirazione, non sono stato sopraffatto dalla vita vera, no! Semplicemente, prima c’era il motivo o la motivazione, ora non più.
Ora sono un – bò -, dopo una vita trascorsa a cercare di capire se “ scrivere” mi rendesse in qualche modo felice e invece mi ha reso “ diverso”. Ora non conta più, adesso più che vivere, sopravvivo e rimango con quella parte di me il cui fuoco va spegnendosi lentamente sotto una cenere bianca … quasi come la neve! Nevica!
Chissà se ritornerò a fuggire dalla vita, ad andarmene in punta di piedi come sono entrato!
C’era il mare, e il mare aveva l’odore forte di salso, aveva una vela gonfia di vento e un sole, un sole caldo. L’odore di quel mare mi piace ora come allora e mi piacerebbe almeno una volta immergerci le mani, guardarle in trasparenza, vedere il sangue scorrere, gli inchiostri diluirsi. Avere qualcuno con cui guardarlo in silenzio lì con me sulla sabbia, senza pensare a nulla. Avere la testa vuota, sentirsi leggeri senza più nessuna preoccupazione, sentirsi finalmente felici, scoprire che il mare e la vita hanno lo stesso nome: amore!
Io e il mare! Il mare non ti chiede di innamorarti ti fa innamorare. Non importa come accade: ti innamori e basta!
In fondo l’amore fa così, giunge così. Non ti chiede, non ti chiede nulla, l’amore ti sceglie e basta!
I rumori delle mie pagine si sono placati. Ci guardiamo attraverso questo strano specchio che è la pagina di un libro. E penso a te che mi hai letto, che mi hai ascoltato e reso diverso, nei tanti pezzi di specchio, perché io sarò diverso ogni volta che mi leggerai e diverso per i tanti che mi leggeranno. Questo è il segreto di uno scrittore, della loro vita indomabile.  Ciao





mercoledì 8 gennaio 2020


Guardami negli occhi, non aver paura delle mie tempeste


Di Vincenzo Calafiore
07 Gennaio 2020 Udine

…… 2020 .. mi mette paura,
sa di futuro. Un futuro ignoto e freddo,
lo stesso che si incontra nei ventri degli
spazi siderali.
Ma io sono qui, su questo grumo di terra
ove incombe perpetuo un vento di guerra.
Non solo guerre, ma anche insoddisfazioni
e tristezze, solitudini e squallore.
Io sono qui e come un verme cerco di sopravvivere
al mio stesso pensiero che forse a un certo punto
la vita avrà sempre un’alba bella, tanto bella
da non poter fare a meno di esclamare: Vivere! “
                                              Vincenzo Calafiore

Adora l’Amore, fanne la tua vittoria, il tuo unico viaggio.
Pensa anche che dopo l’uomo, ci sarà un altro uomo. Dopo un libro, ci saranno milioni di libri. Dopo un’emozione ci sarà una nuova emozione. Dopo la cupidigia ci sarà il denaro e dopo, denaro ancora denaro.
Ma dopo l’Amore …. Dopo l’amore ci sarà solo che vita!
A volte mi assale un qualcosa di indefinito o che non saprei definire: non è desiderio, non è paura, è un terribile ignoto dentro, che mi minaccia, stringe la gola.
Mi guardo a uno specchio, con gli occhi stanchi, ho sussurrato … non sono più quello che ero… devo essermi perso forse da qualche parte, tra le speranze e le delusioni quotidiane.
C’è in verità che mi sento così stupidamente umano, così stupidamente fuori luogo perfino nei miei sogni che nonostante tutto continuano a esserci nella mia poca vita.
E c’è la tristezza di una realtà celata cioè della necessità di sapere che tutto ha una fine, perché altro inizierà, insomma la necessità del sapere che sempre si potrà ricominciare.
E’ bello sentire qualcuno che ti dica … ciao a domani è una conferma e domani ci sarà!
Bello sapere che quando torni tardi la sera qualcuno ci sarà sveglio a letto ad attenderti. Poi andare a letto, baciare tra la nuca e il collo e stringersi. Non è da perdere, non lo si può perdere! 
Perché l’amore non inizia e finisce mai. L’amore è una battaglia, una guerra; l’amore è Vita.
Farei scivolare il braccio intorno alla sua vita - balli con me?-  direi. Con quale musica poi? Tutte e nessuna perché  non ha importanza. L’importante è ballare ora con me al buio e basta!  Le emozioni forti mentre si comincia a muoverci adagio, lo strascichio dei piedi sul pavimento liscio, il fruscio degli abiti la musica che ci accompagna. Ben presto trovammo il nostro ritmo. Volteggiando per la stanza, sentimmo nell’anima una sinfonia di dolci note. Continuammo a volteggiare finché le labbra non si incontrarono.
Capimmo con quel ballo che il futuro è un mare che ti prende e ti porta via. Ma è soltanto un sogno!
Però se capita l’occasione … senza musica né abito da sera… balla perché è la vita ti chiede di ballare!  
È importante dire di sì.
Per quanto si possa dire che le parole non sono importanti, penso all’immenso piacere di  ascoltarle, è come esserci dentro, bello pensare che magari saranno per qualcuno. Ma rimane costante la malinconia che ha l’odore della pioggia e mette addosso lo stesso freddo delle distanze, delle dimenticanze, degli allontanamenti, del disamore. Invece si dovrebbe anche chiedersi: chi sono io?
E rispondersi, sono nessuno o sono un uomo o una donna che ha sofferto molto nella vita, che niente è stato facile, che tutto quello che si possiede è frutto di duro lavoro, di dignità e libertà.
E’ di un vissuto malinconico che si tratta, ed è bello come una fotografia in bianco e nero
Una foto che mi appartiene, fatta di tanti sogni e di tante imperfezioni, di errori. E’ di dignità che si tratta, quella che non ti fa chiedere niente a nessuno, ma è anche una assurda recita dello stare bene, ( quando invece non è così) e di mostrare sempre e comunque la parte allegra come un pagliaccio. Ma la verità giunge a sera, a sipario calato, quando soli con se stessi e ci si leva la maschera, è allora che  riaffiorano le sofferenze e il dolore.
Sapere del dolore, conoscerlo, amarlo pure perchè appartiene e non è condivisibile con nessuno. Siamo anime insofferenti, mai in pace.
La distanza.
Lei divora l’anima, rode il cuore.
La distanza è l’assenza sono come una spada che costantemente è lì e penetra lo stomaco, e continua, continua sempre fino a oltrepassare l’anima.
Una volta mi è stato detto che qualcosa dentro di me ricorda il mare.
È questo che si ama di me?



Non ne vale pena




Di Vincenzo Calafiore
09 Gennaio 2020 Udine

( Tratto da Blu Oltremare)
     Romanzo in cantiere


Arriva il momento che ti rendi conto dei giorni che passano veloci e delle distanze che in essi restano, e ti scoraggi, ti arrendi dinanzi a un alto muro.
Ma, Tu ! Invece sei qui, in quei miei pensieri che quando mi raggiungono, sono come un branco di lupi che cacciano per divorare.
Perché sei qui?
E’ una domanda oggi più che mai ricorrente, più sovente, più devastante; perché a questa domanda l’unica risposta la potrebbe dare il cuore.
Perché sei qui? Perché è lui a volerlo, è lui a volere ancora farti vivere e per farlo si serve dei momenti vissuti, delle emozioni, della felicità dello stare assieme …. È un incanto che spaventa, fa paura. O semplicemente perché forse non posso fare a meno di pensare alle cose che vorrei fare, a ciò che vorrei dire.
Per quanto faccia finta di nulla, che è tutto normale, è del rimanere condannato a vivere entro le distanze, che non lasciano speranza ma neanche l’illusione di un approssimarsi , mentre tu sei lì irraggiungibile, lontana come un sogno che si vorrebbe realizzato.
Mi raggiungi sempre in tutti i miei ovunque, mi raggiungi sempre con le tue scorciatoie, con le poche parole che solo tu sai, è come quando sto lavorando e alla radio trasmettono la mia canzone:
“ Amapola “ cantata da Natalie Cole ! La ricordo a memoria, la canticchio anche stonatamente …
Quella canzone … e allora comincia a muoversi un piede, poi canticchio a occhi chiusi con un microfono che è la tua immagine. In poco tempo mi perdo  e quasi surrealmente balliamo assieme.. mah!
Allo stesso modo il più delle volte mi prende il pensiero di te e immancabilmente Tu arrivi, come un uragano, scompigli e confondi, a me escono parole tenute lì in quella nostalgia chissà da quanto tempo
arrivi e sei qui, in questo mare che ti accoglie, sei qui vestita d’infinito, di questo mondo mio.
Sei qui e rimani dentro le parole, sei lì come ogni giorno dentro i pensieri e parole mai dette, le stesse che ti danno forme e colori mentre gli occhi ti osservano cambiare come un cielo più di no che di si!
Ma è un sogno o semplicemente quella strana sensazione di esistere o solamente la dolce amara sensazione di quando si trova qualcosa che da tempo non trovavo; so che mi appartiene è solamente mia, anzi forse da sempre mia, lontana, lontana! Addolcita dalla malinconica attesa di un qualcosa che mai più accadrà.
Ora che sei qui ! I miei demoni notturni si placano, e torna la serenità come dopo un temporale.
Il cuore mi suggerisce di allungare le braccia a cercare, cercarti sempre anche quando le mani non ti raggiungono!
Ho smesso di fare questo sogno ormai da tempo, ha fatto male solo che a me stesso e così quando tra la folla mi giro a cercare i tuoi occhi trovo le distanze che sembrano o sono infinite che annullo con quel mio solitario – ti amo – sussurrato in mente quasi come una preghiera.
E vorrei dirti, in qualche maniera che ti sento viva e sognante in me, nonostante il lezzo della nausea, e il dolore di quel malinconico prendere coscienza: come due rette parallele non si incontreranno mai più!
Cercarti sempre, anche quando le mani non possono raggiungerti … ma ho smesso di crederci, pensarci, sperare che il vuoto si colma.
Ma il cuore, sciocco, ama la speranza!
Pensavo tempo fa a quel giorno in cui sarebbe arrivato un “ scusami “ a come mi sarei sentito, quale significato dargli, la valenza quello che ho sentito allora è stato solo che gelo, il gelo dell’anima.