Così … un giorno…
Di Vincenzo Calafiore
29 Settembre 2020 Udine
“ …… così dopo tanto mare
e lune tagliate dalle nuvole,
su queste spiagge vanno via gli anni.
Ma tu raccontami di te, delle tue
folate di vita, dei tuoi sogni
che come pagine ai giorni si scompigliano
senza certezze, più di amarezze, più di solitudine,
dimmi di te così lontana, così irraggiungibile …. “
Vincenzo Calafiore
( ASTRONAVE A REMI “ PEGASU “ )
Delle albe attese ho perso il
conto, come pure non ricordo più ormai il calore del tuo corpo, le sensazioni
lasciate sulla mia pelle dalle tue mani.
Io con la mia morte a cui
racconto ormai da anni la stessa storia, accetta la mia stupida realtà, ma
rimane la mia agonia per una malattia che conosco e che non riesco a curare.
E’ come se lei avesse rimesso
assieme i pezzi, giusto per farmi sopravvivere, per rassicurarmi che mi lascerà
ancora qui su questa spiaggia di granelli conosciuti, più volte fatti scivolare
dalle mani … come lunghe fila di prigionieri allo stesso identico destino: la
consapevolezza di esistere!
Ma loro, gli altri
prigionieri, gli altri morti vivi … ? Quelli che ho intravisto nei miei
“ altrove ” nei sobborghi di
città metalliche e luci artificiali, nelle favelas di Rio e di Buenos Aires,
nelle periferie di Napoli, nelle bindovilles di Roma, quelli che legalmente si
mettono in prigione, si torturano, si fanno sparire per sempre?
Quelli dei nuovi Vel d’Hiv e
delle Dachau velate in tutta fretta?
Io che vivo nel mio regno “ dell’oltre
“ che senso ha?
Tu si che lo sai, riflesso
allo specchio senza età, perdutamente innamorato della vita, tu sì che lo sai
che il mio Regno dell’Oltre sta dentro e no fuori.
E’ luogo e non luogo.
E’ tempo non tempo.
E’ sotto ed è sopra.
Nel Regno dell’Oltre i colori
hanno suoni, i suoni colori, le parole sanno di parole, i verbi si raccontano,
le età svaniscono, i sogni si materializzano solo in quella striscia di terra
tra cielo e anima o nelle profondità degli oceani in te.
A quel Regno ci arrivi nudo,
o a piedi nudi, cavalcando un’onda … sai perché?
Per sfuggire all’iniquo
tiranno o per esplorare l’anima.
Ci arrivi senza corpo, perché
l’hai perduto o abbandonato sulla riva dalla quale hai spiccato il volo verso l’Oltre
al confine dei confini…
Ci arrivi senza parole, perché
ti sono state portate via..
Ma tu sai che te ne è rimasta
una sola in fondo all’anima è una parola magica: Amore! Che fa spalancare la
porta del tuo sogno stipato e difeso, e dischiude giardini fioriti di alghe e
colorate meduse.
Porti con te il dolore e le
delusioni, le tristezze, le solitudini, le amarezze, ti perdi nei labirinti ove
insegui l’amore senza mai poterlo raggiungere; inseguito dai mostri che lo
vorrebbero ingoiare, sei sfidante o sfidato, libero e allo stesso tempo coatto.
Forse, se ancora possibile
Amore, il suo eterno è lì … in fondo agli occhi che ti guardano perso in quel labirinto
di mare e di cielo attorno alla luna, con le mani allacciate da bambino, da
bambina.
Da qualche parte la fiaba d’amore
è un dono d’amore!
E io mi sono attenuto a
questo. Non saprei scrivere, raccontare, inventare senza la grande capacità di
amare e di dare agli altri il proprio amore e chi è capace di prenderlo lo
prenda.
Ma come faccio a spiegare al “
nulla “ che io non sono uno scrittore, che la mia fantasia non riesce a trovare
una grammatica adeguata a comunicare col – nulla - ?
Spiegare al nulla che io sono
sempre vissuto nelle strade, nelle piazze, nelle galere, e qui che ho incontrato
l’amore: la vita! Così un giorno mi ricorderai.