giovedì 27 agosto 2015
Conosco il tormento che c’è in me
è di solitudine nella lontananza che
mi separa.
Che farne dei miei silenzi
di tutto ciò che passa per la mente
castelli di carta che il vento porta via.
Non può la mia mente andar via
da quanto ci siamo detti, di come ci siamo amati,
delle promesse, mi fa tornare, mi costringe
a respirare i luoghi della solitudine,
la tua lunga assenza.
mercoledì 26 agosto 2015
Demos
Di Vincenzo Calafiore
Bisogna guardare e leggere “ il passato” per meglio
comprendere il presente e rendersi conto nel contempo che le “cose” che
riguardano il governo degli uomini non sono mai cambiate, perché evidentemente
non abbiamo voluto fare tesoro degli errori e delle cose buone del nostro
passato.
Dobbiamo per forza maggiore rifarci a quanto è giunto a noi
dall’antica Grecia, culla della cultura e della democrazia; ieri, Pericle
divenuto stratega ( alta carica delle
gerarchie militari dell'antica Grecia,
corrispondente all'odierno capo militare o generale ) nel 460 a.C. governò Atene per
trent’anni. Portò Atene verso la democrazia radicale, favorì la piena parità
dei diritti politici dei cittadini, introdusse il compenso in denaro per tutti
coloro che ricoprivano cariche pubbliche permettendone l’accesso anche ai più
poveri. Incrementò l’assistenza sociale accollando allo Stato anche
l’educazione degli orfani, pagò sussidi a mutilati e invalidi, assegnò una paga
ai soldati in servizio e favorì l’emigrazione dei contadini concedendo loro
terre nelle colonie.
Oggi qualcuno ha governato l’Italia per vent’anni senza
nulla concludere.
Il discorso di Pericle. Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il
nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato
democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così. Le leggi qui assicurano una giustizia
eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti
dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a
preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di
privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un
impedimento. Qui ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si
estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e
non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a
modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia
siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese
non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma
soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni
private. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare i
magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non
dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è
stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono
nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Uguale, a come siamo
governati noi italiani.
Chiunque vada al potere a
prescindere il “ colore “ per non essere sconfitto politicamente, interviene
attraverso il suo egemone, che in parte riluttante, non può tuttavia rinunciare
a dar mostra del suo ruolo di garante del giusto ordine costituito. Si capisce dunque
che molti problemi nascono dal confronto di sempre del vecchio col nuovo ed il
tentativo del vecchio di non lasciar esistere il nuovo, facendo apparire come
ingiusto il suo recente potere: ingiusto perché nuovo.
Noi ormai è già da un quarto
di secolo di promesse mancate, di fiducia vanificata, di stima siamo nonostante
tutto governati da persone imbevute più dal desiderio di mantenere le poltroni,
la notorietà, gli agi,il potere conquistati che da quello di fare qualcosa di
buono per il popolo, ciò ha generato nel tempo un indebitamento che
difficilmente potrà essere estinto, e nonostante ciò è chiara la divisione tra
potere e popolo: il potere capace di far vedere ciò che è nero bianco, capace
di modificare ogni cosa a suo vantaggio non è stato in grado di adeguarsi ai
sacrifici e severe misure economiche imposti al popolo. Quindi in conclusione avere
un concetto statico e/o negativo della storia, pensarla in termini di
immobilità, non comprenderne il perenne ritmo propulsivo, l’inevitabilità del
mutamento significa, sul piano politico,privilegiare l’ordine già costituito,
che è sempre in ritardo sul presente e rifiutare la realtà che vive all’interno
di quel ritmo e che è fatta di nascite e
morti, di crescita e di decadenza poi, e di collasso, come sta già accadendo.
lunedì 24 agosto 2015
Meglio il dialogo
Di Vincenzo Calafiore
Si assiste ogni
giorno a spettacoli di efferata violenza verso le donne violentate in spiaggia,
o per le vie delle “sicure” città, verso gli animali, il patrimonio culturale,
verso l’umanità. I telegiornali ormai sono diventati dei veri e propri
bollettini di guerra, certo, messe assieme queste cose ci lasciano in un cupo
stato d’animo, e quasi senza futuro.
Nascono come funghi
“movimenti” che a loro modo vorrebbero o avrebbero la pretesa di rappresentare
un certo dissenso ormai diffuso nei cittadini verso una classe politica che
dovrebbe rappresentarci al – governo – e invece incitano alla disubbidienza,
alla violenza.
E’ un cosa sbagliata,
sbagliatissima, da evitare con ogni mezzo e scegliere al suo posto il dialogo.
Si sa la violenza
chiama a se altra violenza, a sua causa sono scaturiti il primo e secondo
conflitto mondiale e forse il terzo è già alle porte!
Se cresce
continuamente il malcontento nel nostro paese la causa andrà ricercata in
coloro che pare non vivano su questo pianeta chiamato Italia, e non si rendono
conto di quanto siano stanchi la maggior parte degli italiani di loro e della
loro imbarazzante presenza. E’ vero anche che nulla fanno questi signori della
politica ad evitare e a evitarci la loro incompetenza, la loro ingratitudine,
il loro strapotere.
Ad esempio sono tre
anni che è in ballo la storia dei nostri Marò, ma colui che si inchinò allora,
al governo indiano, rispedendoli a casa loro e consegnando quindi la loro vita
nelle loro mani è ora un senatore a vita, prende i suoi bei quattrini, si gode
gli agi messi a sua disposizione fregandosene del danno e della figuraccia
fatta fare a una intera nazione.
Gli esempi sarebbero
tanti e vale la pena ricordarli, e a cosa servirebbe? Tanto non cambierebbe
nulla ugualmente.
Ma il pensiero va a
quei “movimenti” molto estremi, pericolosi quanto la rabbia, e il rancore che
riescono a seminare per il loro segreto e intimo tornaconto personale, le dittature
oltre ad avere vita breve sono state sempre funeste e la storia recente è ricca
di esempi; se a questi aggiungiamo pure il malcontento e la mancata democrazia,
la mancanza di dialogo il gioco è fatto!
domenica 9 agosto 2015
Un tempo non lontano
Di Vincenzo Calafiore
L’alba si presentò
come una sposa, coi capelli ingarbugliati e pelle vellutata, col sorriso sulle
labbra e una leggera brezza che piegava leggermente le cime degli alberi. Io mi
sono alzato male, accade ormai da tempo e ancora adesso non sono riuscito ad
abituarmi al mio viso senza neanche la smorfia di un sorriso, perché questo mi
è stato portato via così alla stessa maniera a milioni di italiani. Io
purtroppo nel corso della mia vita ne ho viste tante, ho visto le cosi
peggiori, ho visto l’ipocrisia, ho sentito false promesse, false verità; ma ho
visto troppe bandiere sventolare nelle piazze per cause fatte ritenute giuste
mentre in realtà la vera causa stava da un’altra parte.
Sono ormai un
dinosauro, roba da museo, ma ho ancora delle cose da dire affinchè le nuove
generazioni sappino con chi hanno a che fare.
Ho visto le rovine e
da queste rinascere città, botteghe di artigiani e c’era nell’aria una
grandissima voglia di rinascere, di riscatto, di moralità.
Ma ho visto anche
distruggere ciò che era stato ricostruito, la Cirio….. perduta, l’IRI
distrutto, alcuni esempi.
Poi ho visto
abbandonare i rioni, i paesi, le campagne e treni carichi di contadini che
andavano a Torino con tutte le speranze racchiuse in delle valigie gonfie e
scatole di cartone legate con gli spaghi più strani, erano i treni che
partivano pieni e tornavano vuoti per ricaricare gente da scaricare ai piedi di
un miraggio chiamato FIAT.
E’ da una vita che
sento dire le stesse cose, per il Sud. E’ una vita che ci prendono per il culo,
è una vita che ci fanno l’elemosina, offendendo la nostra cultura, la nostra
dignità, la nostra storia, la nostra operosità e invece siamo stati bollati
come incapaci, peso per il grande nord, colonia per lo stato che di memoria
corta ha forse dimenticato che il nome della nazione Italia identificava un
tempo la Calabria, non ricorda che la guerra di indipendenza l’ha pagata debiti
compresi degli stati confederati, la Calabria e se noi ora chiedessimo i danni
e gli interessi del prestito?
Non sorrido più
perché lo schifo e la delusione sono diventati dei pesi insopportabili; non
sopporto più vedere una massa di gente che se ne sta lì in quei palazzoni ben
stipendiata e con tanti privilegi perenni, tutti alla faccia di un popolo che
non è più in grado della più minima reazione.
E’ un popolo strano
l’italiano che si preoccupa più del campionato di calcio che del suo avvenire,
o del fatto che non riesce più a mettere un franco da parte!
E’ un popolo senza
stimoli, capace di adagiarsi a qualsiasi situazione giusta o ingiusta che sia
che gli viene imposta.
Ma ci sono le
telenovele, le lunghe trasmissioni in cui si parla tanto senza venire a capo di
niente, ci sono i grandi discorsi dei nostri politicanti che parlano tutti la
stessa lingua se si tratta di intortarci…. Ma provaci almeno una volta a
levargli un solo centesimo dalla tasca….
E sono tutti la
denunciati e processati, ladri con tanto di certificato DOC, camaleontici con
quel motivetto in testa che fa: …… oggi quà e domani là ! Passano da un partito
ad un altro come una puttana da una stanza d’albergo in un motel .
Che cosa dovremmo
aspettarci da loro? Miseria e debiti a parte? Un bel niente!
Chissà se prima di
morire vedrò la loro fine e il cambiamento radicale dell’Italia vestita
finalmente di onore e di orgoglio! Chissà… e intanto il cuore mi si stringe nel
pensare che mio nipote forse sarà o farà parte di qualche generazione perduta.
Pensateci Italiani!
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