Hellas
Di Vincenzo Calafiore
19 Maggio2017 Udine
Al tempo del “diktat “ o
meglio dell’austerità imposta volutamente da questa “ Cosa “ e non casa che è
l’Europa si parlò molto come fosse uno scandalo, della Grecia, ma anche di
“ Alba Dorata “ suo
leader è Nikólaos
Michaloliákos.
Della Grecia e delle
sue condizioni economiche non se ne parla più è come quando muore un amico o un
conoscente, se ne parla per due tre giorni, poi come se nulla fosse accaduto o
con la solita scusante “ … che la vita porta ovunque “ finisce di non parlarne
più.
Quello che più
dispiace è proprio questo: il fatto che non se ne parli più, quando invece
bisognerebbe parlarne per ricordare cosa è stato fatto alla Grecia e di come è
stato ridotto il popolo greco di cui “ moralmente” o affettuosamente o per
discendenza faccio e mi sento farne parte.
E’ vergognoso.
Più di tutto è un
vergognoso silenzio!
Non se ne parla più
dell’amata Grecia ora che, oppure ora
che se la sono spartita e ridotta all’osso.
Noi italiani che
siamo il rovescio della stessa medaglia greca non avremmo dovuto mai smettere
di parlarne se davvero la Nazione Greca è come in tanti hanno affermato “ nei
nostri cuori “, non è vero, non è così, perché ai nostri mercanti d’anime della
Grecia non gliene frega nulla, come del resto alla maggior parte di quelle
popolazioni che vanno a formare la cosiddetta Europa, tanto è vero che alla
cosiddetta Europa del Nord non gliene importa un fico secco di quelle Nazioni a
Sud considerate da queste un intralcio, un peso economico, come se queste
fossero dei contribuenti inadempienti.
La Grecia non sarebbe
dovuta neanche avvicinarsi a questa congregazione di strozzini, avrebbe dovuto
restarne fuori come del resto anche l’Italia.
Ricordo quante le
pagine da me scritte lamentando la vergognosa maniera di come la famigerata
Troika l’ha “ macinata “ a suo tempo e
ora? Tsipras cede alla Troika e a Berlino: nuove misure di austerità in arrivo!
Tra le misure
adottate, l'abbassamento della soglia di reddito non imponibile da 8.636 euro a
6.000 euro, tagli alle pensioni e liberalizzazione di alcuni settori, tra cui
quello del mercato elettrico e l'apertura domenicale di negozi e centri
commerciali. Il premier Alexis Tzipras ha ottenuto, se l'intesa sarà
rispettata, il ripristino della contrattazione collettiva dal settembre 2018 e
lo stanziamento di fondi per il sostegno ai bambini, per gli affitti alle
classi più disagiate e cure gratis per le famiglie con redditi più bassi. Ieri
contro l'austerità si è tenuto uno sciopero generale di 24 ore.
Ricordo con
ammirazione l’ex Ministro Yanis Varoufakis e quanto fece opponendosi, per la crisi
economica della Grecia.
Una sua
dichiarazione:
La settimana
precedente il voto del popolo greco sulla decisione di accettare il nuovo
pacchetto di misure di austerità richieste dalla Troika (la Commissione
Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale) per rilasciare
i fondi di salvataggio, i negozianti hanno affisso una serie di fogli A4 in
bianco e nero sulle loro vetrine. Ogni foglio conteneva una sola parola in
grassetto, OXI — in Greco: “NO”. La mattina del 6 luglio mi sono svegliato
prima dell’alba, mi sono collegato a internet e ho acceso il televisore, con
attesa e timore per le notizie: il risultato avrebbe avuto conseguenze non solo
per l’appartenenza della Grecia all’Eurozona, ma anche per la definizione
stessa dell’Europa unita. Il risultato del referendum è stato uno schiacciante
OXI. Un’ora dopo, ancora tentando di capire perché provavo quella combinazione
di paura, timore ed estasi mentre guardavo le immagini della folla in festa ad
Atene, ho capito che stavo sperimentando sensazioni che avevo quasi dimenticato
esistessero: speranza politica e ottimismo politico.
La nazione greca
aveva rifiutato una logica economica quasi universale, quella che esonera da
ogni colpa il sistema finanziario responsabile della peggiore catastrofe
economica dai tempi della Grande Depressione. È una logica che richiede che sia
la gente comune a pagare per i calcoli sbagliati dei mercati globali, una
logica che ha cancellato i debiti delle banche, ma non ammette la stessa
indulgenza per quanto riguarda gli effetti rovinosi del debito su singole
nazioni. Dopo una settimana la mia speranza e il mio ottimismo sono svaniti e
il governo della Grecia, in carica da sei mesi e guidato da Alexis Tsipras del
partito di sinistra Syriza, appare sul punto di accettare i termini del salvataggio
che erano stati rifiutati dal suo stesso popolo. Yanis Varoufakis. Il
carismatico ministro delle finanze greco ha dato le dimissioni immediatamente
dopo il risultato del referendum. Varoufakis, un economista con una lunga
carriera accademica, ha la doppia cittadinanza Greca e Australiana, e ha
lavorato per un periodo di dieci anni all’Università di Sidney. La sua
condizione di outsider nel club politico dell’Unione Europea, il suo rifiuto di
usare il linguaggio tecnocratico e di conformarsi allo stile burocratico sono
costantemente stati elementi stridenti nei negoziati con la Troika. Ma per
molti versi il forte risultato del referendum può essere visto come una
conferma della sua tattica e della sua franchezza.
“Ero al Ministero delle Finanze, dove ho
rilasciato una dichiarazione, poi mi sono recato agli uffici del primo
ministro, il Maximos [che è anche la residenza ufficiale del primo ministro
greco], per incontrare Alexis Tsipras e gli altri ministri. Ero molto felice.
Il sonante NO, inatteso, mi trasmetteva l’incredibile energia della gente in
piazza. Avevano superato la paura, e avendo loro superato la paura, io
camminavo a un metro dal suolo. Ma nel momento in cui sono entrato nel Maximos
questa sensazione è semplicemente svanita. Anche là c’era un’atmosfera
elettrica, ma con una carica negativa. Era come se la leadership fosse stata
superata e lasciata indietro dal popolo. E la sensazione che ho intercettato
era di terrore: cosa facciamo ora?”
Ma per Varoufakis la
spietatezza delle misure di austerità fa parte di un gioco politico che la
Commissione Europea sta portando avanti al fine di spaventare altri stati
membri. “Questo è il metodo di
Schäuble per ottenere concessioni dalla Francia e dall’Italia, questo è sempre
stato il gioco. Il gioco era tra la Germania, la Francia e l’Italia, e la
Grecia era — non esattamente un capro espiatorio — abbiamo un’espressione in
Grecia….” il mulattiere fa schioccare la frusta perché il
mulo ne senta il rumore”.
Al di là delle differenze ideologiche, al di là dei compromessi e delle
limitazioni della realpolitik, i ministri delle finanze europei, i colleghi di
Varoufakis nell’Eurogruppo, le persone con cui ha negoziato nella Troika,
capivano le dimensioni della crisi umanitaria nel suo paese? “Si trattava di una combinazione di indifferenza
e di interessi personali. Bisogna capire che per alcuni di loro il programma di
austerità greco era il lavoro della loro vita, era la loro creatura. Come il
Dottor Frankenstein: è un mostro, ma ciononostante è il tuo mostro. Ad esempio,
Poul Thomsen, che ha guidato il programma greco per conto del FMI dal 2010 al
2014, è stato promosso sulla base di quel lavoro, ed è ora il capo europeo del
FMI. Quando questi personaggi guardano gli effetti di quello che hanno fatto —
la gente per strada che cerca cibo nei cassonetti della spazzatura, la
fenomenale disoccupazione — subentra il normale processo di
auto-razionalizzazione: o dicono a se stessi che doveva essere fatto così
perché non c’era altro modo, o danno la colpa al governo greco per non aver
applicato a sufficienza le riforme”. Ma credevano davvero che l’austerità fosse l’unico modo di mantenere
la Grecia nell’Eurozona? “È una
visione molto cinica e utilitarista quella per cui al fine di forgiare il
futuro occorre sacrificare le persone improduttive che sono dei buoni a nulla.
Ora quelli più intelligenti tra loro — e ce n’è molto pochi — vedono
chiaramente che tutto ciò è una fesseria [rubbish]. Erano
in grado di vedere che il programma che stavano attuando era catastrofico. Ma
sono stati cinici. Hanno pensato: “io so quale lato della mia fetta di pane
viene imburrato “ La cosa
interessante è che il ministro delle finanze della Germania è, tra tutti loro,
quello che capisce meglio tutto ciò. In una pausa di una riunione gli ho
chiesto: ‘Ma tu lo firmeresti, questo accordo [al posto mio]?’
e lui ha detto: ‘NO, non lo farei. Non va bene per il tuo popolo’. La cosa più
frustrante è che a un livello personale è possibile avere questo tipo di
conversazione umana, ma nelle riunioni è impossibile, è impossibile ottenere
che l’umanità ispiri la politica [policy-making]. Il
dibattito politico è strutturato in modo che l’umanità resti fuori dalla porta”.
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