Dieci gradi a Sud di Valona
Di Vincenzo Calafiore
15 Febbraio 2021 Udine
Uno scrittore finisce sempre
per svelarsi attraverso ciò che scrive, ma qualcosa di più intimo e profondo
arriva dalle riflessioni, quando racconta le proprie letture di una vita, quelle
che lo hanno formato, cresciuto, perso nella fantasia e assieme aperto al
mondo.
La letteratura è un viaggio
fra scrittura notturna e diurna, fra sogni e illusioni, paradiso e nostalgie,
ricordi.
Ogni giorno o quasi
cominciare una storia, disegnando il carattere per sviluppare una piacevole
lettura, sentire il sapore della narrazione che ha lo stesso identico sapore
dell’amicizia, dell’amore, che è poi ciò che viene donato a piene mani, ma la
domanda è: chi è capace di
raccogliere e allo stesso tempo aprire
ed entrare in un altro mondo?
Lo scrivere o la scrittura è
un’essenza della realtà che può fare a meno della realtà! Che può sostituire
ciò che non esiste e rappresentare un’assenza, costringere la realtà o la
naturale assenza a presentarsi nella sua inafferrabilità, perché la scrittura
fa intravedere sempre un lampo di verità, più della realtà che la cela nella
sua esteriorità.
Purtroppo la realtà odierna è
fatta di contraddizioni e chiaroscuri, disincanto e disillusione, gelatinose
menzogne, la pappa di cui ogni giorno si nutrono le masse, con la quale tanto
volentieri si ingannano gli altri e se stessi.
La penna di un buon scrittore
alla fine smaschera il vuoto su cui poggia la realtà e gli orpelli con i quali
si vuole celare la reale condizione di grande disagio che si vive, ed anche
accorgersi dell’amore che esiste nonostante il baratro a cui affrettati ogni
giorno si va in contro.
Dunque è nella cultura, nella
letteratura l’approdo, la letteratura è quindi il continuo viaggio fra
scrittura diurna in cui il buon scrittore si batte per i propri valori e i
propri principi e quella notturna in cui uno scrittore ascolta e ripete ciò che
gli suggeriscono i propri demoni, i sosia che abitano nel fondo del suo cuore,
anche quando dicono cose che smentiscono i suoi valori.
Dopo una notte così non sono
più lo stesso, le mie idee sul tempo e la distanza cambiano. Quattro, cinque
nodi, sono un’andatura esasperante per superare il confine di questo millennio
barbaro e cruento.
Ma lentamente questa lentezza
mi possiede. Mi invade un immenso, taciturno e incomunicabile rispetto della
vita mia e altrui. Non sono più nessuno come individuo.
Sono solo una delle anime che
a milioni sono passate, di qui, da questa terra un tempo tonda, ora appiattita
dal peso della sua stessa mattanza.
Penso alle vite perdute, quei
viaggiatori viaggianti, pellegrini illegali quegli scrittori e attori, attori
di strada, saltimbanchi e giocoliere, buffoni e pagliacci, che sono morti per
un viaggio che l’umanità compierà
comunque in un ignoto fuorviante.
Allora capisco le leggende
del mare di questa vita, sulle voci, le
ombre e i morti che ritornano.
A quattro nodi la lentezza
prende possesso di me! Non dormo è troppo forte il desiderio di tornare da lei,
il mio porto sicuro.
La mia lunga notte “ turca “
dell’Albania finisce dove inizia l’ombra greca di Corfù e già sembra di tornare
a casa. Navigo verso l’isola giallina in una foschia color anice, il mare si
riempie, la chiglia si solleva e comincia a volare…. la vita a volte torna
Guardo, lato di terraferma,
gli ultimi profili del paese delle aquile, comincia l’Epiro e tutto va bene,
penso a lei, a come mi accoglierà, se nulla è cambiato, se mi amerà come prima.
Ma arriva la bonaccia, un
gran silenzio scende sul mare e su di me, di tutte le esperienze di mare, la
più brutta è l’assenza di vento …. Come nella vita, così col mare … con le
tempeste combatti, con le bonacce ti arrendi!
Ma vale la pena rimanere
fermo a vele flosce e attendere il vento, e intanto immaginare cosa lei starà
facendo sicura in casa, se mi penserà, se vorrà che torni da lei.
Il mare respira la vecchia
Moya greca e tace, come tace adesso il cuore nell’attesa di tornare a battere,
guardo di quel mare la trasparenza dei blu e dei verdi, mi tuffo in un mare
senza patria sul quel confine sottile tra la vita e la morte.
Verso il tramonto, quando il
sole sta per tuffarsi nel mare, la barca ha uno strattone che la fa tremare
tutta, le vele si gonfiano di vento e torna a volare a filo d’acqua; è come
quando torni a casa il cuore si gonfia tanto di gioia e voli sulla strada per
raggiungerla perché è lì che stai bene ed è lì che vuoi tornare!
Sbarco e cambia tutto …..
odore di fiori, e aria mielosa di mimosa, fichi e lenzuola al vento, rumori di
stoviglie, parole come coriandoli nell’aria… e mi ricordo di quella volta che
le andai in contro con un fiore in mano alla festa di San Domenico, in riva al
mare, della notte trascorsa in riva al mare, quando le tolsi di dosso la sua
camicia bianca e sciolsi i suoi lunghi capelli neri trattenuti da un nastro
rosso….
Quel che vedo è un orizzonte
che mi divide dal mare e dalle lusinghe dei sogni, gli interni di un’anima ai
limiti di se stessa, le fascinazioni, le feste di agosto, quando per mano su
quella riva andavamo in contro alla vita con un sorriso … e i suoi lunghi
capelli mi sembravano lunghe spighe di grano maturo.
Ora mi pare d’essere una
figura sgusciante dalle pieghe dei giorni, giorni sgranati nella ricerca di un
sommerso cristallo di incantesimi e l’altalena dell’ieri dentro un oggi che non
ha patria né cuore.
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