La “ dignità “ questa sconosciuta
Di Vincenzo Calafiore
24 Luglio 2021 Udine ( Italy )
“ Sunt aliquid manes “
( ciò che resta di noi non,
è nulla, è qualche cosa ).
Della dignità della persona, di questo vorrei
parlarvi.
So bene che sarà uno di quei miei “ pezzi “ neanche
preso in considerazione, perché non è leggero, oggi è questa che si ama: la
leggerezza. La ipocrita leggerezza del vivere, perché non bisogna pensare, con
l’epigrafe tombale del falso pensiero: la vita è già difficile di suo e non vado
a complicarla con altri pensieri … meglio la leggerezza ….. e via!
Ma che cosa è la dignità?
Potrei tranquillamente affermare che non lo sappiamo,
che ci pare di saperlo, che tentiamo di definirla; la dignità innanzi tutto è
qualcosa come la bellezza, che noi vediamo e apprezziamo che non sappiamo però
definire, la riconosciamo … e la riconosciamo ancor prima di averla conosciuta,
proprio come dice Platone della bellezza.
Perciò invito a pensarla, pure platonicamente, in
questa chiave come qualcosa che non sappiamo cos’è, ma che certamente è, perché
appare e noi la riconosciamo; siamo per così dire
“ costretti “ a riconoscerla, e non solo la
riconosciamo, ma riconosciamo in essa qualche cosa di
- essenziale – che riguarda noi.
Direi di più, senza timore di sbagliare, forse nessuna
cosa come la dignità meglio ci definisce per quello che siamo, nella nostra
umanità, nel nostro modo di essere uomini, nel modo di essere Donna.
Neanche la razionalità, né la moralità, e sto facendo
riferimento alle grandi definizioni storiche di ciò che si pensava fosse
l’essenza di essere un uomo, una donna.
Aristotele, scrisse: “ L’uomo è un animale razionale “
e cosa se non la razionalità ci distingue dal resto delle creature, fa di noi
un - unicum – in tutto il creato; ma ricordo
anche, soprattutto Kant, per il quale la nostra essenzialità è la moralità.
Dunque la dignità è quel qualcosa che meglio ci
definisce e più profondamente dalla razionalità e moralità.
Ma, vi chiedo, cos’è allora la dignità?
C’è una semplice considerazione da fare e non è
banale, nel momento in cui a un uomo o a una donna, fosse tolta la moralità, che è qualcosa di
fondamentale oltre che essenziale, resterebbe, un qualcos’altro e questo è, la
dignità.
Per meglio comprendere immaginate qualcuno che ha
perso tutto, e chi perde tutto se non colui che muore? All’uomo che muore non
si chiede di essere razionale, neanche di essere morale ….
Ma quanta dignità c’è in lui, quanto è misteriosa.
Pensando dunque alla morte sarà lei a – restituirci la
dignità – anche all’uomo indegno di averla, proprio perché morto le viene
restituita, anche se per tutta la vita non ne ha avuto.
E’ interessante, perfino accattivante scrivere della
dignità, anche se oggi in questo odierno da Medioevo Oscuro, chiunque è
autorizzato o si autorizza di altrui, calpestare e levare dignità, e questo
declino, questa morte dell’umanesimo, ci hanno fatto cadere e vivere in un
medioevo oscuro.
I latini dicevano “ Sunt aliquid manes “ vale a dire:
ciò che resta di noi non è nulla, è qualcosa di unico ed essenziale.
Ciò che resta di noi nel senso fisico, e soprattutto
nel senso spirituale, la memoria, la traccia, sia pure povera, misera, infima,
è qualche cosa, sunt aliquid manes, e questo qualche cosa è costituito dalla
dignità, dalla dignità della morte, dalla dignità del cadavere. Un arcano, un
mistero, il cadavere che vuole essere sepolto dignitosamente. Non c’è niente
che ci fa essere quello che siamo, ab origine, più di questo: la sepoltura.
Siamo diventati uomini, e abbiamo avuto accesso alla
dimensione più propria della nostra umanità nel momento in cui abbiamo
incominciato a seppellire gli altri uomini, a seppellire ciò che resta di loro.
La sepoltura di questo qualcosa è la risposta ad un
appello che questa – cosa-non cosa – rivolge a noi, un appello, che ci viene,
badate bene, da una profondità molto radicale che non quella della razionalità.
Non c’è prova più bella del fatto che alla radice del
nostro –essere – quello che siamo o quello che eravamo, c’è la moralità, non la
razionalità, ma anche qualcos’altro di molto più importante:
la dignità!
E noi sappiamo da sempre, o meglio dovremmo saperlo e
tramandarlo, insegnarlo, educarlo, a pensare che non c’è offesa maggiore che si
possa fare a un uomo, a una donna, che mancargli, che mancarle di rispetto,
quando è vivo, quando è viva, quando muore, e dopo che è morto.
Non a caso i russi, i grandi romanzieri russi, hanno
evocato una bellissima e misteriosa figura:
lo “ iurivodivo
“, il folle di Dio, quel folle che misteriosamente è più vicino a Dio di tutti
gli altri, di tutti quelli che hanno una grande razionalità.
Ecco dunque, la dignità è ciò che sta in alto, nel
punto più alto dell’esperienza umana, e ciò che sta in basso, nel punto più
basso dell’esperienza umana. Sta là dove l’uomo realizza, in modo più compiuto,
più perfetto, la sua essenza, la sua umanità, e sta là dove questa essenza,
questa umanità è invece proprio al contrario minacciata se non addirittura
negata.
La dignità dunque è questo: è autodeterminazione, è
libertà, è vita!
“ Fatti non foste a viver come bruti “ !
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