Giovinezza, addio
Di Vincenzo
Calafiore
2 Settembre 2021
Udine
“… amare è
riconnettersi alla vita
e ai sogni che sono
poi i veri protagonisti
del nostro tempo. E
sono loro i sogni
di cui parlo. Sogni
di quando eravamo bambini
e le estati ci accoglievano
con tanta generosità.
Questo voglio
credere, a cominciare con l’aver ritrovato una lettera mai inviata, in mezzo a
un libro di latino a una fanciulla di cui sono stato
tanto innamorato, lei
si chiamava: Giovinezza! “
Vincenzo Calafiore
Cara,
questa è una di
quelle estati uguali a quelle della mia gioventù : sfinita dal frinire di
cicale, cornucopia colma degli aromi del basilico, dell’origano; e questa notte
non avendo altro mezzo per raggiungerti, ti scrivo una lettera che forse mai
leggerai.
E’ una maniera per
stare con te!
Sai quei miei
settantacinque anni sono passati così in fretta da non essermene reso conto ….
i miei anni più o meno trentacinquemila giorni.
All’apparenza
sembrano un’eternità, un tempo infinito eppure adesso, ora che li guardo con
attenzione e con tutto il tempo che ho, mi sembrano invece siano stati brevi,
troppo brevi!
Vedi ? Sono stati
così veloci da non concedermi il giusto tempo di ricommettere gli stessi errori
della giovinezza! Devi sapere che mi sento e vivo come un sopravvissuto
dinosauro, vengo da un passato remoto tragico e drammatico come un dopoguerra.
Cara sono così brevi
gli anni dei vent’anni …..
Ora tu mi hai
lasciato, è già passato molto tempo, di te non so più nulla, ma ti ricordo
ancora come la mia vita di adesso: fatta di ricordi.
Amore mio, sono
finiti i due tempi e sto giocando i miei tempi supplementari, per vivere non
rimane che la mia memoria che ogni sera al tramontar del sole e sorge la
malinconia, mi propone ricordi!
Sai? Loro sono la
dea bendata della nostra vita e io tremo solo al pensiero di perderli o
lasciarli andare via nel nulla. Penso che chi non abbia più memoria non abbia
più vita; la loro sequenza è quella di un vecchio film in bianco e nero,
montato senza un filo conduttore, senza la colonna sonora dell’amore.
Amore mio, i ricordi
sono gocce di pioggia che lentamente scivolano su lastre di vetro; mi sono
accorto mentre ti pensavo che le mie mani stavano giocando con un metro e un
metro è di cento centimetri sui 75 centimetri c’è una tacca rossa, è una tacca
importante, ma la domanda che mi faccio questa notte è: quanti centimetri ho
ancora a disposizione?
Dimmelo amore!
Certe notti, caro
amore mio faccio un appello, un silenzioso appello, e sono molti davvero gli
assenti giustificati!
Adesso, in questa
notte placida di tempesta voglio parlarti, scriverti una lettera perché sono
convinto che i miei giorni non andranno perduti, perché la mia storia, la
nostra storia, la lontananza, hanno dimostrato che si può amare, si deve amare,
che l’amore vincerà sempre ora e domani come fino al numero civico 75 di quella
via che si snoda verso il tramonto.
Forse ha avuto
ragione, aveva ragione, quel poeta che conosco molto bene, che scrisse: Questo
è il dolore della vita, che si può essere felici solo in due: Io e l’Amore che
è in me!
Mia giovane
compagna, amore mio!
Quante solitudini e
quante tristezze fra queste righe, nelle ore dedicate alla lettura di testi
antichi, la mia più grande fortuna!
Giovinezza, per me
sei stata la sicurezza, il punto di riferimento, perché qualsiasi cosa mi fosse
successa tu saresti stata sempre dalla parte mia, assieme a tante cose della
mia vita che non è stata mai semplice.
Ho sempre preso
delle decisioni conscio delle mie responsabilità, ho lavorato sempre, non mi è
stato mai un peso perché mi è sempre piaciuto posso confessarlo? Sono stato
sempre onesto e sincero, umano, di troppo umano destino.
Poi dopo tanti anni
mi sono capitate cose che non mi sarei mai aspettato che quello che scrivo
fosse letto in Giappone come in Russia, In America come in Australia, in
Messico come in Argentina.
Quanti viaggi ho
fatto! Ho potuto conoscere i miei fantasmi coi loro pigiami di seta colorata …
a guardarli sembravano nuvole nei bordelli allegri, piccoli ruffiani dagli
occhi spenti e che sorridevano venendomi in contro.
Sono stato a
Sarajevo!
Vicino allo Stadio
Olimpico c’era un enorme cimitero …. Le croci dei cristiani, le colonne
sepolcrali di legno dei musulmani; qualcuno aveva messo su una tomba un
cartiglio: i morti non gradiscono che il silenzio nelle preghiere!
E adesso anche se tu
mi hai lasciato continuo a fare quello che so fare: scrivere; un foglio di
carta, una biro e ritorno a vivere.
Ricordo di Sarajevo
quelle giornate di tardo autunno, il sole che appariva a tratti, faceva
brillare le pietre sotto le croci e mi venne in mente l’Italia che sognavo
mentre il silenzio divorava l’ora; mi fa paura l’abitudine al dolore, alle
violenze, alle sopraffazione, ai lasciti come quelli di un amico, di un amore
in cui si ha creduto.
Quello che ho fatto,
l’ho fatto per raccontare agli altri le cose dentro che vedevo: oggi, questo
oggi poco emozionante, penso che ho avuto tutto da te, tutto arriva tardi per
non parlare della morte che arriva quando meno l’aspetti!
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