
Di Vincenzo Calafiore
05 Giugno 2020 Udine
Se mi venisse chiesto adesso se sto vivendo, forse
risponderei di non sapere di vivere, questa così com’è non è vita; semmai è un
insieme di cose diverse messe assieme, avvolte in un foglio di parvenza.
E’ un qualcosa che non ha profumo, o se c’è non è persistente,
dura pochissimo, quasi niente; più che di vita si tratta di un immane ovile ove
è possibile muoversi in tutte le latitudini, ma sempre entro le restrizioni, i
confini, i limiti, le apatie, le indifferenze, le morti in solitudine, le
solitudini, le tristezze, le illusioni e nulla di più, nulla di più vero di
questa grande illusione.
Io credo invece di “ viaggiare” con la mia “ Pegasus “ di vivere
a bordo di essa ove poter incontrare, Senofonte, Pericle, Platone, Socrates,
Aristofane.
E’ un viaggio che non avrà mai una conclusione, ormai
distante da questo pianeta, troppo distante dagli umani dipinti d’inganno.
Più guardo questo – grumo – di sangue e più mi viene voglia
di non sbarcare dalla mia
“Pegasus “ .
Oh sì, c’è stato un tempo in cui valeva la pena di rimanere,
c’era una vita che sapeva di musica, e la notte era illuminata da milioni di
falò in riva al mare: che spettacolo era la vita!
Un giorno apparve all’orizzonte un carrozzone e una fila
interminabile di giocolieri e saltimbanchi, acrobati, era arrivato il Circo, a
capo di tutti lui: il Magnifico, il Signore dei Signori, il mito, il dio dell’avanspettacolo …. Il
Signor Mangiafuoco.
Accorsero tutti ai suoi spettacoli sempre più belli, sempre
più allegorici, ma nessuno di questi si chiese: è il dietro le quinte, dov’era
il dietro le quinte?
Tutto cominciò a ruotare attorno a Mangiafuoco.
Il dietro le quinte di questo fantasmagorico Circo sono, la
corruzione, la perversione, la vita che vale meno di un pugno di sabbia, le
incertezze, ma più di tutto le tristezze, gli addii quotidiani, la nauseante
viltà.
Questo non è vivere, Mangiafuoco fa credere che questa sia
vita, ma non lo è, no può essere questa la vita che ci è stata consegnata …
questa è tutto, tranne che vita.
A salvarmi da questo imbuto è il sogno.
Il sogno di poter amare senza costrizioni, oltre i limiti,
oltre le indecenze.
Il mio grande sogno è quello di vivere e rimanere negli
occhi di una donna, la donna che sa come prendermi e portarmi via, in una notte
sola, andare e tornare, svegliarmi dalla catalessi e pensare al sogno,
attendere lo scorrere lento delle ore, perché è la che voglio andare,a
quell’incontro, a quell’amore di silenzi e di brezza, nei tramonti e nelle albe
del sogno o dei sogni che vanno a farsi nell’attesa di lei che come marea torna
sempre all’imbrunire per illuminare la mia notte.
Io e lei ci cerchiamo nei silenzi nella notte, ci
nascondiamo nelle parole durante la luce…
È come se ci fossimo amati in un’altra vita e incontrati
oggi senza cercarci, se accade è amore.
Ti faccio dono delle mie dita
che scivolano tra le pieghe della mia vita per donarti la mia, la più intima la
più vera. Ti faccio dono dei miei sogni. Ti faccio dono dei miei occhi, aperti
sui tuoi, sulle tue labbra, del mio
fremere quando mi guardi, quando porti alla mia bocca il gusto dei tuoi baci,
quel mio e tuo insieme, fusi nel desiderio che ci sovrasta.
I nostri umori mescolati
nella saliva. Ti faccio dono di me, di
quello che sono, di quello che nessuno ha mai respirato né mai avuto.
Hai la mia vita.
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