C’ERAVAMO
TANTO AMATI
Monologo
in due tempi
Anno 1999
Recitato al Teatro di Cividale Udine
C’eravamo
salutati con quella nostra promessa, che io ricordo ancora.
<< non ci lasceremo mai! >>
Poi un giorno sei uscita per andare a comprare dei fiori per dare colore e
calore alla nostra casa dicesti …. ;
io ero rimasto in casa a preparare la recita della sera giù al “ Blue Bar” di
alcune tra le più belle poesie di Pablo Neruda.
Rientrasti
tardi quella sera e pioveva più del solito, per aspettarti, al posto mio mandai
dei musicisti, volevo vedere a che ora saresti rientrata. Avevo spento tutte le
luci e rimasi seduto in quell’angolo mio, al buio, in cui vado a fumare quando
devo – pensare - .
Tu rientrasti,
piano come una ladra in casa tua, ti muovevi nel buio, sicura di sapere dove
mettere le mani, ti levasti il soprabito gettandolo sul divano come sempre fai
e poi ti sei diretta immediatamente in bagno, senza chiederti dove io fossi,
senza cercarmi in casa, tanto eri sicura della mia assenza.
Sono
uscito dal mio angolo e ho rifatto le scale a piedi scalzi per non fare rumore
e giunto dietro la porta del bagno ho guardato dal buco della serratura cosa
stessi facendo. Spinto più dal piacere di guardarti che dallo spiarti.
Ti
guardavi allo specchio compiaciuta, e ho visto il tuo volto che conosco bene,
ed era lo stesso di quello che io ho sempre visto dopo che tu avevi fatto
l’amore tutto il giorno in quel letto che profumava di rosa.
La doccia era proprio davanti alla porta d’ingresso e ho visto come ti lavavi
il seno e come passavi più volte le tue mani in mezzo alle gambe che
risaltavano tutta la loro bellezza sotto la doccia.
Più ti guardavo e più ti desideravo, dietro una porta, aggrappato a una maniglia
… e con la stessa intensità di quando tu mi eccitavi obbligandomi a guardarti
mentre sdraiata sul letto giocavi con quel lenzuolo in mezzo dal seno alle
gambe!
Conoscevo
il contorno delle tue labbra e poiché era in rilevo capii che avevi baciato a
lungo altre labbra.
Tornai giù e raccolto il materiale uscii piano da casa.
Lo so, giocasti d’inganno!
Giù al
porto, dalla banchina illuminata da luna lamentosa, seduto su una bitta,
guardai a lungo il mare bordeggiare e alzarsi, bagnarmi le scarpe …. Presi quei
fogli, e li librai in aria; addio Pablo, addio Neruda sulle ali di gabbiani già
morti.
Consuelo,
prostituta spagnola, era seduta su uno sgabello, decadente di vita, con il
bicchiere in una mano e una sigaretta in quell’altra, appena mi vide con gli
occhi mi fece cenno di avvicinarmi a lei, fiato con fiato!
<<
Hola chico que pasa! >> mi disse con la sua corte voce sensuale.
<< Consuelo lasciami perdere, questa notte voglio solo ubriacarmi….. !
>>
<< Perché ubriacarti ci sono qua io! >>
Il
mattino entrò piano nella stanza di una pensione del porto, quasi a non voler
svegliare lo squallore dei tanti uomini e donne che hanno lasciato tra le
lenzuola. Lei riversa su un fianco, dormiva ancora profondamente. Aveva in viso
un’espressione di contentezza che lo segnava, con le mani sul mio petto,
attorno al collo.
Pensai alle mie notti ruggenti, alle canzoni cantate in sottovoce con una
chitarra poco accordata. Alle serate di follia sulla spiaggia quando
accovacciati attorno ad un falò io le raccontavo dei miei viaggi dentro una
lontananza flagellata dal desiderio di andarci e tornare con le mie pochezze in
mano.
Lei era quella che mi faceva gioire e a sentirmi un dio sulle tavole del
piccolo palcoscenico dal quale recitavo le poesie di Pablo Neruda e le sentivo
mie, parte della mia vita da granchio tra le alghe!
E
piange il cuore lasciando un amaro in gola che diluendosi con la saliva si
raggruma ai bordi di un cuore che non vuole più tornare.
Raggiungo
allungando le braccia dalla finestra, un ramo di un rosaio, strappo una rosa
che lascio sul comodino. Una rosa come il profumo delle lenzuola…. Uscendo
accosto la porta senza fare rumore, lasciando anch’io come tanti il mio
squallore!
C’è animazione e un sole che costringe gli occhi a chiudersi, sistemo il cappello
in testa, e accendo una sigaretta, io già ti lasciai senza rimpianti senza
ricordi, vuota come quando ti levasti lo sporco di dosso, non saprei più come
chiamarti!
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