Vincenzo Calafiore
“ Era bellissimo quel treno
-Freccia del Sud - , spartano
Pure sporco a volte, ma quante persone
incontrate e storie sentite su quei vagoni, rossi e blu, lungo le
rotaie…. “
Vincenzo Calafiore
Io classe 1946 sono come uno perduto in una lontanissima stazione di un millennio che non mi appartiene, e allo stesso tempo vivo come fossi in una bolla temporale che non mi permette di tornare a casa.
Allora ci voleva più coraggio a rimanere che a partire, era il tempo della grande migrazione italiana. Si partiva per fame, per andare via dalla miseria, in cerca di un futuro, che la mia terra, la grande madre: la Calabria non avrebbe potuto offrire.
E Dio solo sa, quanto mi è costato andare via, quanti rimpianti, quante assenze, quante mancanze!
E mio Dio quante volte ci sono ritornato con quei lunghi convogli che si chiamavano: Il Peloritano, Trinacria, Conca d’Oro, Freccia del Sud, 20 e passa ore di viaggio.
Salirci su quei treni era bellissimo da Villa San Giovanni a Roma e qui attendere la coincidenza, il “ Romulus “ ( che andava in Austria) per Udine.
Stazione dopo stazione, traversina dopo traversina… c’era tutta l’Italia, che vedevo cambiare dal finestrino, con le luci del giorno e al buio della notte, città e sperduti paesini di campagna, zone industriali e coste mozzafiato, pianure infinite e le monotone montagne attraversate da lunghe gallerie e man mano che il treno si avvicinava al Nord, cambiava la vegetazione, cambiava l’aria, cambiava tutto!
Era bellissimo quell’espresso – Freccia del Sud – spartano, pure sporco a volte, ma quante persone incontrate e ascoltate storie su quei vagoni rossi e blu, lungo quelle rotaie.
I panini e le lattine che dovevano servire per tutto il viaggio, puntualmente erano già finiti dopo due ore di viaggio!
Ricordo la fermata di Sapri e da lì l’ingresso nelle “ Calabrie “ !
Oggi i ragazzi si annoiano tutte queste ore sul treno, si distraggono con i cellulari e tablet, guardando un video su – youtube- . Trenta e passa anni fa era diverso, perché eravamo diversi noi, si socializzava di più, vivevamo a ritmi più compassati, che ci facevano assaporare meglio cose, persone,situazioni.
Per me tornare a casa mia, la Calabria è ogni volta un viaggio nell’anima.
Per chi non conosce la mia terra deve sapere che c’è una Calabria raccontata dai giornali e una Calabria bellissima come una sposa. C’è una Calabria splendente, di tanti smisurati orizzonti e una Calabria remota, persa nella memoria.
C’è la Calabria di mari viola, di scogli a fior d’onda, di gabbiani e la Calabria di vette innevate e boschi impenetrabili.
C’è una Calabria molto lontana da qui, da Udine, un arcipelago di Calabrie viste da fuori e raccontate da tante voci diverse di poche verità e di tante bugie, ma c’è una Calabria, una e una sola, dentro ciascuno di coloro che la abitano, la vivono e dentro l’anima di chi come l’ha lasciata per un tozzo di pane.
Andare in Calabria è un viaggio nell’anima, dunque uno smarrimento e ritrovamento come spaesamento e distanze lontane da quel terribile turismo usa- e –getta che depreda i luoghi e li mortifica. Trasforma l’anima alla ricerca di suggestioni di bellezza del sublime, disarmonica e perturbante, una bellezza che è propria della Calabria, ancora oggi ritenuta una terra di frontiera “ hic sunt leones “ infestata di malavita e di gente parassita che non ha voglia di lavorare, ignorante pure, ma non è così è l’esatto opposto.
La Calabria è un luogo antico e magico. Tutte queste Calabrie s’incontrano e s’intrecciano nei ricordi, nell’amore verso quel mare, viola o azzurro intenso, verde, chiaro, calmo e tempestoso!
Quel mare che se appena ti sfiora non ti lascia più andare via!
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