NOTTE DI SAN LORENZO
Di Vincenzo Calafiore
“Succederà anche a
te”, le sue parole prima di salutarci sulla spiaggia già nelle ore prime della
notte; avevamo trascorso assieme una giornata di parole di tanti spazi, per
riflettere, è stata una giornata indimenticabile.
Io venivo fuori da
una bufera malconcio, con ancora in testa gli echi dei tanti litigi, con i
segni disegnati sul volto come vecchie cicatrici, già, vecchie cicatrici di
vecchie ferite nell’anima.
Lei, veniva da un
lontano disastro interiore.
C’eravamo in contrati
la notte di San Lorenzo sulla stessa spiaggia, entrambi con un asciugamano ed
un cuscino sottobraccio, stesi sulla sabbia poi a guardare il cielo. Non ci
scambiammo neppure una parola, persi in quell’incanto, nemmeno ci siamo sfiorati
pur essendo quasi gomito a gomito.
Seguimmo le stelle
cadenti in silenzio, immaginando la nostra vita perduta senza una scia
luminosa; la spiaggia si era riempita e a me balenò l’idea di dirle: “
sembriamo tanti leoni marini stesi al sole su un’isola sperduta in mezzo ad un
oceano” e Lei Pamela, così si chiama, senza farmi sentire perfetto idiota ed
estraneo alla sua vita rispose alla mia battuta con un sorriso che mostrò i
suoi denti bianchissimi e due occhi luminosi, in quel buio.
Furono proprio i suoi
occhi e il suo sorriso a rimanermi in testa per tutti i giorni a seguire come
un ritornello di una canzone imparata a metà.
Non ci incontrammo
più per diversi mesi, io su quella spiaggia ci sono ritornato tutte le sere con
l’intima convinzione che l’avrei nuovamente incontrata.
Così giorno dopo
giorno, sera dopo sera fino a notte inoltrata, nello stesso punto l’aspettai ed
era passato zitto,zitto, un anno, un lunghissimo anno fatto di speranza e della
stessa convinzione, della quale ormai ne ero pregno, dipendente.
Un vestito blu mare,
lungo fino alle caviglie, stretto alla vita ed un cappellino di paglia in
testa, occhiali da sole e scarpette di tela color carta da zucchero ai piedi;
quella sera non c’eravamo neanche presentati né guardati in viso se non per
quella brevità quando lei si voltò verso di me sorridendomi.
La seguii quella
figura,elegante nei suoi passi incerti, attratto da un sentire dentro che mi
diceva che era “ lei”, ma la conferma ai miei dubbi non tardò a venire quando
lei incontrando un’amica fece quel suo sorriso che confermò quel mio sentire.
Senza perdere tempo e
per non perderla nuovamente attesi con calma e trepidazione che avessero finito
di consumare il gelato e alzandomi dal mio tavolo accanto mi presentai ai suoi
luminosi occhi.
“ …….. salve ci siamo
incontrati casualmente la notte di San Lorenzo là sulla spiaggia….” Mi ero
sentito un idiota e sentii pure il rossore divorarmi il viso; ci presentammo,
mi fece accomodare al suo tavolo e lì rimanemmo non ricordo per quanto tempo.
Un giorno più bello
fra tutti della mia vita.
Ogni volta è così.
E’ tutte le volte che
andando via porto con me la tristezza del lasciarti e vivere i giorni con
l’attesa in gola di incontrarti. Dovrei essermi abituato a questo mio moto di
marea ed invece ogni volta lasciandola è come morire; ricordo ancora la sua
frase quando negli incontri ci raccontavamo la nostra vita, e dopo che io le
confessai e affermai stupidamente: “ non mi innamorerò più”.
Amandola ho scoperto
un’altra vita, e mi pare di vivere su un’isola distante da tutto in cui assieme
facciamo dei nostri sogni amache su cui riposare; assieme dentro la stessa
parola, dentro lo stesso verbo coniugato nelle nostre disperate assenze e
assieme ancora diventare una canzone cantata ed amata sottovoce, sotto lo
stesso cielo.
Ecco che si fa giorno
e il pensiero torna a lei che sussurrandomi…. L’amore è come un giorno… mi
dice: t’amo! Lungo quasi un respiro.
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