Se la verità rimane invisibile
Di Vincenzo Calafiore
28 febbraio 2016-Udine
Se la verità rimane invisibile l’unica salvezza possibile è il dolore.
Si potrebbe pensare a Rashomon, ma il tema della verità, della
impossibilità di coglierne il senso, insomma la sua svendita o la sua
invisibilità, a dispetto dell’apparente concretezza è antico, uno dei più
antichi del mondo.
La verità preferibilmente viene celata o sepolta viva in cambio di una
promessa, di un interesse, della qualsiasi cosa; il più delle volte svenduta in
cambio di un favore.
La verità è per gli onesti è degli onesti.
Che sono quelli della grande speranza e della grande illusione di poter
cambiare il mondo; davanti all’infelicità di una verità tradita, che il più
delle volte li segna, capitolano rumorosamente, provano dolore.
Il mondo degli onesti sta nel
cono d’ombra del mondo dei disonesti, invisibile!
Quel che più contano non sono la verità e la onestà, sono i cosiddetti
tornaconti personali, per cui si uccide, si massacra, si scarta, si svende, si
tradisce, si usa; ecco tra questi il peggiore o meglio la cosa peggiore è l’uso
di una persona, è follia, è una cosa che fa orrore vivendo nella bellezza del
dramma.
Come l’amicizia tradita.
Quando se ne parla c’è sempre una lei e un lui, o due lui, che negano
che sia mai accaduto qualcosa tra loro, aprendo la strada al dubbio su quanto
di quel che si narra, sia reale e quanto appartenga ai nostri fantasmi, spesso
più forti della realtà stessa, rimanendo comunque il tradimento, l’onta del tradimento.
Anche l’amicizia rientra a far parte dei fantasmi, diventa difficile
comprendere se si reale o no; se anch’essa appartenga al reame, appunto,
dell’invisibile.
Come spesso accade c’è sempre qualcuno che ne paga le conseguenze,
qualcuno che si allontana per sua libera scelta o per sua sopravvivenza, dalla
misera affabulazione per vivere di interiorità; questa è una rivolta personale,
mai simbolica, perché la liberazione dalla drammaticità degli eventi,
sottovalutata spesso, nasce dalla sofferenza, dal dolore muto.
L’ambiguità è il terreno ideale, è il campo di battaglia è la seduzione
momentanea da un qualcosa che non esiste.
Sono gli onesti di pensiero e di fatto i veri poeti di questo orrendo e
disumano quotidiano.
Il più delle volte e come spesso accade causa della disonestà
interpersonale o materiale finiscono rapporti di amicizia, e spesso danno
seguito, imprevedibilmente, a una serie di tragici atti a volte violenti che
sconvolgono la vita e quella di altri attorno.
Peraltro chi nasconde o svende la verità o tradisce un’amicizia, è
segnato dal destino e destinato a morire di solitudine perché fondatore di
violenza e di guerra, condannato all’inferno di Dante ad avere continuamente
tagliata la testa.
La vita è un giocare tra un romanzo e un meta-romanzo, ma soprattutto
scampare al pericolo di dover pagare di persona, scaricando il peso sulle
spalle degli onesti. Che continuamente cercano di dare un senso al male del
mondo e assieme a sottolineare come non si debba mai perdere comunque la speranza,
perché solo il dolore e le illusioni ci fanno andare avanti.
Ma ci sarà sempre un Eros Thanatos che suggerirà costringendo pure a
indagare e fornendo strumenti e sguardi
sui temi dominanti e sulle chiavi di lettura
delle molteplicità e fragilità dell’essere, l’incomunicabilità, del rapporto
tra realtà e finzione, tra individuo e i suoi limiti, tra maschile e femminile,
tra corpo e anima, tra il detto e non detto.
Eros Thanatos è in noi, fautore di una libertà interiore in un contesto
come questo odierno misurato dalle prosaiche statistiche del risultato e dagli
incassi, dalle programmazioni, senza vittoria su temi delicati e scabrosi.
Dove bisognerebbe scavare per individuare i segni di una umanità
perduta, simboli, visioni, interpretazioni, in bilico in un costante gioco del
doppio e di specchi che spesso illudono con la scissione dell’Io.
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