E’ quasi sera
Di Vincenzo Calafiore
4 Agosto 2018 Udine
“ … potrei non svegliarmi
domani dal mio sogno,
potrei essere chissà nel suo
essere, nella sua magia
che giocando d’inganno mi fa
gabbiano in quell’istante
di quel – ti amo – appena
sussurrato, appena sfiorato da
un insolito desiderio di
rimanerci per sempre … “
Cit. di Vincenzo Calafiore
Più volte al giorno, dalla mia finestra a occidente, posso
scorgere un mare distante e penso che sia il “mio mare” ( ma è solo
immaginazione ).
E’ questo l’unico segno che mi rammenta il mondo dal quale
provengo, un segno discreto, e così lontano da non turbare neppure
fuggevolmente la quiete in cui sono immerso.
E’ come se io fossi personaggio di un romanzo rinchiuso
chissà dove che dalle grate della sua
prigione immagina di vedere il mare.
Ma i personaggi provengono dall’attenzione e dalla
fascinazione di certe esperienze del vivere … dell’autore!
Chissà chi è il mio….
A un certo punto della vita si avverte il bisogno,
l’urgenza, di creare una vita alternativa, rispetto a quella che è o potrebbe
essere, può essere la vita reale … magari imparare a leggere le persone, magari
ci sediamo nel buio di un cinematografo, oppure si sta a fianco di un altro, in
una coda di gente in attesa… e basta che qualcuno dica una cosa qualsiasi o
compia un qualche movimento, perché scatti un qualcosa e si comincia a leggere
il linguaggio del corpo e ci si comincia a chiedersi che cosa ci sia di non
detto in ciò che ci rivela.
“ Come fai a stare ancora qui? “ Mi chiese lei, a tutta voce,
nel bel mezzo di un lungo discorso fatto di convenevoli e di mezze menzogne, di
schermaglie e di parole studiate come succede alle persone con una storia
d’amore finita da tempo, ma che continuano a mantenere buoni rapporti e, di
tanto in tanto, a vedersi.
Nel bene e nel male, i legami non finiscono mai.
La guardai attentamente, senza alcuna sorpresa. Prima o poi,
quella domanda, rituale come i temporali d’estate, come le feste dei santi,
come i quando sei tornato?, come stai?, quando riparti?, sarebbe certamente
arrivata.
Ero disteso sul letto della mia stanza.
I raggi del sole entravano con intensità in quel lato della
stanza; lei mi guardò, mi attraversò tutto, con i suoi occhi neri e sfuggenti.
Era sempre bella, la donna con cui avevo avuto una storia, lunga,intensa,tosta;
una storia che non ricordavo bene quando era cominciata, e non capivo nemmeno
quando e perchè era finita. Hai ragione le dissi dopo un lungo silenzio che mi
era servito per trovare qualcosa di intelligente.
“Sono rimasto qui per attenderti, lo sapevo lo sempre saputo
che tu saresti tornata da me, nulla è cambiato … forse siamo cambiati noi… “
“ No, rispose con aria un po’ distante e un po’ affettuosa –
non è in questo senso che volevo dire… “ , sorrise, si avvicinò ancora più
verso il letto, mi accarezzò i capelli non aveva dimenticato i miei punti
deboli … avvicinati, le dissi, ti faccio posto.. sentii vicino quella donna,
quel corpo, tanto amato.
In effetti, uno non conosce la vita reale della persona
incontrata casualmente, con cui si vive, che si ama, si conosce completamente
la vita dettata dall’immaginazione che in qualche maniera strana si aggancia
all’esperienza dell’amare.
E’ quasi sera, sono sempre qui davanti a una scrivania e, di
tanto in tanto guardo il mare fuori dalla finestra, come fosse una valigia di
fibre piena di assenze, di vuoti e di attese affabulanti dei ricordi, spesso
sorpresi come nell’attesa di lei smarrita chissà dove o in quale letto a
dormire.
E’ una visione, chissà.., piena di un via vai di visi, uno
scenario antico di colori che tornano a brillare come i miei occhi quando
incontrano i suoi, o quando l’attenzione si posa sul fiato breve di un
dettaglio, come le sue labbra pronunciate come il filo di un’onda.
Lei è un orizzonte che divide il mare fuori dalla finestra
dalle lusinghe dei sogni, le figure sguscianti dalle pieghe dei giorni e i
giorni sgranati nella ricerca di un sommerso cristallo d’incantesimi: è
l’altalena dell’amare di ieri dentro un oggi ancora uguale, affascinante e
dolce come un abbraccio, come quel – ti amo – lungo una vita! Uno spettacolo
del transito delle stagioni, di una conoscenza vasta nella quale il mio viaggio
retrospettivo abbandona sovente il passo dimesso e sceglie la temporalità di un
universo quotidiano posto specchiarsi nelle onde soavi dello stupore: l’amare!
Amarla è una leggerezza di visione che sembra far scendere
sulla realtà un sottile velo di magia: non per allontanarmi, ma per trattenermi
più a lungo dentro i suoi occhi, e fare delle mie fragilità quel teatro volubile
delle immaginazioni che servono per poter vedere sempre l’oltre dell’esistenza.
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