Vincenzo Calafiore
27 Gennaio 2022 Udine
“ …. Ricordare la “ Shoah “ !
Oggi occorre dargli un
significato
che rimanga impresso nella –
memoria -.
Altrimenti sarà una data
importante
da celebrare con la solita
ipocrisia propria
dell’umano. Come lo è “
l’evento Shoah
forse fin troppo umano. Dal
quale sempre
si deve ripartire; affinché
si indaghi sulle
individuali e collettive
radici del razzismo,
della xenofobia,
dell’antisemitismo. “
Vincenzo Calafiore
Se questo è un uomo
Voi
che vivete sicuri
nelle
vostre tiepide case,
Voi
che trovate tornando a sera
il
cibo caldo e visi amici:
Considerate
se questo è un uomo
Che
lavora nel fango
Che
non conosce pace
Che
lotta per un tozzo di pane
Che
muore per un sì o per un no.
Considerate
se questa è una donna
Senza
capelli e senza nome
Senza
più forza di ricordare
Vuoti
gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate
che questo è stato:
vi
comando queste parole
scolpi
tele nel vostro cuore
stando
in casa andando via,
Coricandovi
alzandovi;
ripetetele
ai vostri figli.
O
vi si sfaccia la casa,
la
malattia vi impedisca,
i
vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
IL CORAGGIO DI VIVERE
Oggi si celebra il - Giorno della Memoria – e ci vorrebbe una cartolina da Auschwitz, il Lager -simbolo nella memoria storica e nell’immaginario collettivo, del delirio di onnipotenza di Adolf Hitler; il quale assisté drammaticamente alla fine del suo Reich, dal bunker sotto Berlino.
AUSCHWITZ , è il Lager- simbolo del sistema concentrazionario nazista ma anche espressione profonda della crisi della civiltà occidentale e della ragione umana.
Il Lager-simbolo della Shoha, evento definito umano, forse fin – troppo umano – che sottratto alle leggi della storia si trasforma in un evento metafisico inspiegabile.
L’analisi odierna deve assolutamente rimuovere i molteplici
luoghi comuni antistorici e la stereo tipizzazione dei fatti e dei suoi
protagonisti su cui si fondano le nostre conoscenze. Che ricordano di ricordare
questa “ storia “, letta ancora oggi da molti, come le agiografie sui
martiri e gli eroi, solo in occasione delle ricorrenze ufficiali celebrative o
commemorative.
Dobbiamo noi comprendere che l’evento Shoha, investe la storia morale di questo secolo e che da questo si deve ripartire per scavare e indagare sulle radici individuali e collettive del razzismo.
Eppure c’era la musica, in quei campi dell’orrore ! Tra le mortificazioni dei corpi, delle dignità, delle anime, tra la distruzione e l’annientamento c’era chi aveva salvato brandelli di qualcosa d’altro, e li ha difesi come ha potuto affermando così le ragioni della vita e del pensiero ove regnava il nonsenso della violenza e della morte.
Era un’orchestra di solo donne messa su nel più spietato dei Lager : Aschwitz- Birkenau! L’unica orchestra mai esistita in un solo campo di sterminio, perché i nazisti, uomini colti e raffinati, amavano la musica almeno quanto odiavano i loro prigionieri.
Era diretta da Alma Rosé, grande musicista nipote di Mahler.
La musica era per loro la salvezza, del corpo e dello spirito.
Ad Auschwitz non faceva solo freddo, non cadeva solo la neve, c’erano anche urla, latrati dei cani, comandi, pianti, lamenti, disperazione .. questi erano i rumori di Auschwitz.
Ma c’era anche un’orchestra di donne prigioniere e umiliate, il campo sentiva quelle note sotto i cieli plumbei, donne che subivano ogni giorno l’orrore e la musica era la cosa più bella, come una rosa tra i fili spinati, ed aveva un pubblico di assassini.
Assassini capaci di assaporare a occhi chiusi un’aria della “ Madama Butterfly “ e mandare a morte con un si o un gesto, un gruppo di bambini, un incubo apocalittico, da fine dei tempi.
Non a caso, Oliver Messiaen scrisse in un campo di prigionia il celebre “ Quartetto per la fine del tempo”. Così la musica salvò quelle donne di Auschwitz-Birkenau e tutte quelle che riuscirono a sentire una sola nota di quella musica, ma capace di ricordare loro che il mondo continuava ad esistere e a sperare.
L’Olocausto dimenticato
E’ un Olocausto dimenticato quello dei Rom, razzisti persino nel ricordo, 500 mila, forse 1 milione di Rom e Sinti che morirono nei campi di sterminio.
Per loro i nazisti avevano allestito uno speciale Zigeuner Lager , un ghetto nel ghetto di Auschwitz.
“ Al Porrajmos “ , il termine che i nomadi usano per designare il loro Olocausto.
La Memoria degli altri, il Dramma degli altri campi come nel campo di Sachsenhausen, come ad Auschwitz. Il “ Porrajmos Rom “ sarebbe da ricordare assieme all’annientamento dei disabili e poi quello degli omosessuali.
Lo sterminio dei Rom e degli “ altri “ fu sistematico alla pari quasi di quello degli ebrei. E’ difficile recuperare la loro storia perché i suoi protagonisti non venivano registrati proprio perché nomadi per cultura e tradizione, anche se nel tempo studi e ricerche sono stati fatti.
Un Olocausto dimenticato, questo è da ammettere anche per lo steso sottile e sotterraneo rigetto per l’indifferenza che ancora oggi colpisce la popolazione Rom e Sinti, perché ancora oggi ritenuti geneticamente ladri, dunque colpevoli.
Nelle baraccopoli del Zigeuner Lager le donne Rom e Sinte potevano partorire i loro figli, perché quei bambini dovevano fare da cavie umane per il Dottor Josef Mengele, l’angelo della morte.
Quei “ bastardi asociali” così definiti, in Italia in base ad un ordine fascista del 1940 i Rom venivano portati nei campi di Agnone in Molise, A Ferramonti in Calabria,in Sardegna, alle isole Tremiti, a Tossicia in Abruzzo.
Dopo l’Olocausto per le genti zingare non c’è stato riscatto nel ricordo!
Lo si dovrebbe.
“ QUALSIASI DITTATURA CONTIENE IN SE’ LA VIRTUALITA’ E L’ANIMA DI AUSCHWITZ “ ( Vincenzo Calafiore )
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