Come due gocce d’acqua
Di Vincenzo Calafiore
18Luglio2017 Udine
Io e te due gocce d’acqua che scivolano piano sui dorsali
della vita, mano nella mano fino alla prossima alba ancora ci diciamo “ t’amo
“! Quel t’amo che come una promessa ogni dì si rinnova.
Chi l’avrebbe mai detto
che dopo tanto tempo io ancora ti penso e ti immagino come un tempo,
coniugo quel verbo all’infinito nella stessa misura e intensità della prima
volta che te lo dissi!
Ricordi?
Tornavamo dal mare dopo una giornata sotto un ombrellone con
le labbra di sale, dopo tanto immaginare, sognare di poterti dare il bacio…. Il
primo bacio che mai ho dimenticato.
Ancora oggi coi capelli bianchi quando ti sono vicino provo
la stessa emozione, e tu hai la stessa pelle morbida e vellutata di sempre.
Entrambi ormai avviati verso quel tramonto davanti al quale
sdraiati sulla sabbia baciandoci siamo rimasti fino a notte.
Dimmi, come fai a farmi essere così innamorato?
Come fai a farmi restare in quel sogno così di tanti altri
sogni e di pregne immaginazioni che rincorro a volte disilluso dalla mia
pochezza, dal mio essere prigioniero di un mare che cerco ad ogni costo da una
finestra che a volte non c’è?
Dimmi amore che uomo mai sarei senza i tuoi occhi, il tuo
corpo che bramo, mielosa danzerina notturna già nel sogno che sta per nascere?
Ritorno sui miei passi, dentro la misura di un passo, la
stessa in cui rimani ad ascoltarmi nei miei lunghi silenzi di cui conosci le
voci e tutte parlano di te della tua infinita di farmi dimenticare come il
tempo invece piano mi ha cambiato perfino negli occhi che lentamente svaniscono
man mano che il giorno torna.
E’ così bella e dolce la mia prigione?
Tanto da farmi rimanere ancora adesso ai tuoi sogni, al tuo
essere Circe, sestante o bussola che da qualsiasi mare io all’imbrunire a te
torni sempre con quel sorriso che accende lo sguardo!
Io ti amo!
Ti amo nelle mie guerre, nelle mie sconfitte, nelle mie
arrese, in quei miei sogni che ti fanno regina di un mio insoluto quando chiedo
al tuo corpo di farmi tornare in paradiso, nei miei muri che ammuffendo si
sbriciolano prima dagli intonaci, fino a crollare,
ti amo coi miei pensieri,
coi miei desideri,
nelle mie immaginazioni.
Ma apro gli occhi e trovo polvere di pagine sfogliate troppo
in fretta, pagine di un libro che racconta di te, del tuo essere quotidianità,
domenica, festa, colore e musica!
Una musica che pur conoscendola m’incanta sempre, o
preghiera di una cattedrale vuota di scempi e mutilazioni, libertà negate, ove
sedersi e ascoltare le voci che da un profondo distante gli echi annunciano le
tue labbra, i tuoi baci, le tue carezze.
Di notte, come due gocce d’acqua corriamo sulla pelle
dell’altro disegnando così percorsi da realizzare, mentre in un lungo abbraccio
come sassi di risacca le nostre mani si cercano , s’intrecciano in un desiderio
che si placa o si riaccende sulle labbra, occhi negli occhi, pelle su pelle!
Ecco perché ti amo, come dagli occhi di un gabbiano!
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