
Di Vincenzo
Calafiore
13 Giugno 2019
Udine
“….. allora, a
quei tempi non
si gettava via
niente, nemmeno i
ricordi. Un
bacio era un miracolo
da ricordare
nella vita, custodito
come fosse un
tesoro.
Il ricordo di
lei, delle sue labbra
Si conservava
gelosamente per non
Dimenticarlo.
E da quello si
ricordava la vita
Si imparava
qualcosa che non sarebbe
Mai più
dimenticata: l’amore.
Oggi, consumiamo
tutto, distruggiamo tutto
Ci disfiamo di
tutto, perfino delle persone,
perfino
dell’amore. “ Vincenzo Calafiore
Le ore morte. Le
ricordo tutte col loro carico di inutilità, quelle ore morte e inutili, mute.
Ricorro alla
musica per salvarmi dalla noia, Schubert, Mahler, Mozart, Brahms, mentre i
ricordi frullano in testa. Riuscissi almeno a tenerli a bada, potrei almeno
riempire le ore morte, mi instillerebbero un po’ di vita, come la respirazione
artificiale a un annegato in un abisso di ricordi.
Mi pare di
essere chiuso in una gabbia da dove non posso uscire se non con il soccorso di
un solo ricordo importante.
Il ricordo di
Leda è talmente bruciante per me, che non faccio nulla per lenire il dolore del
distacco, della sua assenza, nella mia solitudine la intravedo, ed è dolce,
un’àncora di salvezza.
Ricordo le mani
di Leda, nervose e attente, sono mani capaci di lenire ogni dolore dell’anima.
Sono così
assetato di lei che sono disposto a credere a qualsiasi cosa. Le prendo le mani
e la stringo forte a me, trasmetto calore dalle mie mani al suo corpo.. dal
profondo del mio silenzio penso che non c’è solitudine paragonabile a quella di
essere un uomo che ama.
Così ci sono dei
giorni che non ho bisogno di essere qui o dentro di me, molto semplicemente,
non ho bisogno di essere.
C’è stato un
momento in cui ebbi la possibilità di scegliere tra Leda e la mia vita, ho
scelto di andare da Leda! Quello fu il momento in cui ebbi la possibilità di
scegliere e decidere io al posto del destino.
Se volevo avere
successo, nell’editoria, mi sarei prostituito per esso. Ma ho scelto la vita,
scelsi di viverla fino in fondo come bere
un bicchiere d’acqua tutto di un
sorso, trattenendo il respiro. Ma se fossi rimasto in quel mondo, avrei dovuto
trattenere il respiro per non sentire l’odore del marcio, dell’essere una
puttana prezzolata al servizio di un padrone, come uno scimpanzé dentro una
gabbia.
Ma ci sono i
miei settantatre anni che profumano di libertà, un traguardo e allo stesso
tempo l’ultimo giro di boa.
Mi sono
ripromesso di svegliarmi ogni mattino dietro una finestra a guardare un mare
lontano nella lontananza, un mare che ormai esiste solo nella mia memoria.
Sulla spiaggia
dei gabbiani infreddoliti, aspettano il
sole, si alzano in volo se mi avvicino e volano bassi; e quando c’è odore di
tempesta volano via come se volessero cancellarla, ma io come faccio a cancellare
la mia tempesta?
A sera, la linea
dell’orizzonte si sfuoca e non si riesce più a distinguere dove finisce il mare
e comincia la notte.
A questo me
stesso mormorai davanti alla mia immagine riflessa, a quel me stesso che
guardavo per l’ultima volta prima del giro di boa, non so se con piacere o
dispiacere, mi dissi con un timbro di voce serio: addio Vincenzo!
Leda, gli uomini
come, sono quiete e tempesta allo stesso pari. Tu resta con me perché noi siamo
una sola cosa.
Noi ci fiutiamo
e ci scrutiamo, consapevoli di essere fatti della stessa pasta, è sufficiente
una parola, o un gesto, è un codice che aiuta a identificarci.
Il confine
attorno a noi è a volte confuso, anche se hanno tentato di tutto per renderlo un’
area circoscritta.
Amare,
desiderare, invadere, assaltare, imprimere.
Avido il mio
corpo. Sono divorato dal desiderio… e io che pensavo che il piacere fosse una
cosa sublime, bastasse solo provarlo nuovamente per tornare a vivere.
Il desiderio
diventa un tormento… può scindersi il sesso? E’ possibile che una parte
raggiunga il massimo godimento e l’altra parte aspira invece a provare ciò che
dà il piacere?
Desidero con
tutto me stesso invadere Leda. Palpare il suo corpo per sentire com’è fatto
dentro, insinuarmi in ogni sua parte, stare nella sua carne.
Sono il tuo
destino, devi accettare Leda, la mia presenza, sono rimasto prigioniero delle
tue labbra, dei tuoi occhi…. Leda!
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