I sogni non muoiono
mai
Di Vincenzo Calafiore
23 Settembre2019 Udine
“Siamo fatti della stessa materia
di cui sono fatti i
sogni'. “
Così torno a sedermi alla scrivania, in questa domenica
indecisa tra se farsi amare o maledire, per leggere uno dei miei libri
preferiti, è come fare due chiacchiere con gente con cui mi piace stare, gente
che mi accoglie e capisce il significato del pensiero.
“ I sogni non muoiono mai “, noi si però, di una morte
lenta, quasi dimenticata, come lo saremo dimenticati, nonostante le promesse:
ti verrò a trovare, ti porterò un fiore… non è così, non sarà mai così, soli
siamo stati e soli lì saremo con tutti i nostri sogni che non siamo riusciti a
realizzare, con tutte le delusioni, lì in quella cassa, sotto tre metri di terra.
E’ un tornare in dietro nel tempo, quando mi fermavo con Gabriella
a parlare di libri, parlavamo di libri, parlavamo tanto.
Finché io le dissi, ho scritto una poesia, te la farò
leggere, si intitola “ i sogni non muoiono mai”.
Verso del vino in un bicchiere vecchio di cento anni e
comprendo che mai più mi sarà dato sapere quando avrò superato il punto di non
ritorno.
Io avevo scelto di vivere!
C’era un uomo, un grande, uno che aveva visto più volte il
mare, lo conosceva bene, sapeva tutto di lui anche se gli faceva sempre più
paura, un po’ come la vita che pur amandola ne aveva terrore dei suoi inganni,
dei trabocchetti.
Lui sempre mi diceva: siamo sogni, fatti della stessa
materia… I sogni non muoiono mai, se no dimmi che senso avrebbe vivere? Che ci
stiamo a fare su questa terra.
Mando giù un altro sorso, ho voglia di sconfiggere il
cinismo da quattro denari che è dietro ogni angolo.
Penso a una poesia da dedicare al cinismo che esala questa
vita microbica!
Siamo fatti di carne e di ossa, di organi che pulsano sotto
la pelle, che si sviluppano, crescono, muoiono, è una poesia dolce e serena, la
morte … senza metafore, senza ipocrisia, è nuda e cruda vera.
Io vorrei vivere, quel tanto per sapere se ho ancora tempo,
non per cullarmi in un sogno, ma per dimenticarlo nella mia immortalità, la
peggiore minaccia di quei sogni non sogni, segni.
Vorrei vivere per barattare metafore, disegnare il mio cielo
con i pastelli che più mi aggradano, per desiderare e realizzare un sogno
sapendo che avrà una sua fine e che si trasformerà in un altro o in una
chimera, per lasciare spazio alla prossima vita.
I sogni muoiono ed è proprio questa la meraviglia: la morte
di un sogno!
I sogni muoiono e io
lo so bene, per fare in modo che io viva nella fantasia che ho. E’ qui che devo
stare, stare qui e mangiare la poesia delle cose che accadano attorno, che
succedono quando succedono, devo stare qui a farle succedere, affinchè vinca la
fantasia.
Altrimenti morirò assieme a lei.
Bevo un altro sorso di quel non ritorno!
E ci sono attimi come questi in cui mi assale un pensiero,
così rapidamente che non ho il tempo di difendermi… e mi ritrovo ad ascoltare
un pezzo del Nabucco guardando l’immagine di un faro solo in mezzo al mare che
si accende per dire: la vita è qui!
E con un sorriso dal retrogusto amaro, penso a quando
quell’immagine non era soltanto una china su un foglio del mio Blog!
E poi succede che la mia testa si libera dalle catene e
proprio non ne vuol sapere della vita che si fa così e la vita che si fa cosà..
Forse aveva ragione lui, stavamo dicendo le stesse cose, mi
disse che la vita giusta è di formidabili passioni.. peccato che se ne sia
andato, come devo andare via io, non prima di averti letto la mia poesia: la
dimenticanza! E da qui in poi ci metto mille anni prima di andare nel mio letto
di terra.
Prima di addormentarmi vorrei risentire la favola degli
origami, che un dì dal Giappone salirono a bordo di un vascello di carta per
scoprire la vita!
E ancora oggi nessuno sa dove siano andati a finire, ma ci sono e crescono, esistono liberamente, al riparo
di un sistema che li vorrebbe morti.
E nemmeno più gli uomini li vogliono.
Ma loro sono lì, in mezzo al cuore perché unici e
irripetibili, proprio come lo è la stessa razza dei sogni.
I sogni.. se ne sono andati, ognuno si è ripreso il proprio
corpo, lasciando traccia di se su un letto di un poeta irriverente, serbo,
circense per scordare il proprio nome, dell’esistenza dell’amore… e mi
addormento prima che inizi la vita.
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