Di Vincenzo Calafiore
07/Novembre/2019 Udine
“ …. Ho guardato il mondo intorno
a me e l’ho
percepito come un’apocalisse
imminente, è
un grido d’allarme che
si leva alto:
i Barbari!
Ci sono segni
che mostrano il loro esistere,
sono i segni
del saccheggio di un’umanità.
Rimane la
malinconia della mia memoria,
fotografie in
bianco e nero.
Quelli che
chiamo – i barbari – sono una
specie di
uomini senza cultura, e si
nutriscono di
quotidianità sempre uguale,
non sanno
respirare e preferiscono vivere
sott’acqua, o
sotto terra …..”
VC
Là
fuori dietro le finestre ci sono milioni di traiettorie che corrono in diverse
direzioni, e tracciano i sentieri guida del sapere.
Sono
invisibili, ma ci sono, esistono … non per i barbari, uomini lillipuziani, e
penso che in questo scenario non ci sia posto per l’anima.
Le
note del Nabucco aprono scorci inattesi sul paesaggio che si prospetta, il
paesaggio dei barbari.
C’è
sempre qualcuno che si erge a denunciare la miseria di pensiero, che i più si
esentano dal dover comprenderlo, così la muraglia si alza sempre più, si
moltiplica la cecità nell’idolatria di nuovi re, re che esistono solo per i
barbari.
E’
come un confine tra l’intelligenza e l’ottusità, l’ignoranza! Un confine che
esiste, non si percepisce, ma c’è e i barbari si vantano di difenderlo.
Non
c’è confine, i barbari sono ormai ovunque. Non c’è confine.
Ho
pensato che ci sono molte cose che vorrei capire a riguardo di quanto è
accaduto e accade intorno a me.
Per
“ mio intorno “ intendo la sottilissima e fragile porzione di mondo in cui mi
muovo io … persone che hanno trascorso la vita a studiare, altre che continuano
a studiare, narratori e affabulatori, gente dello spettacolo .. gli animali del
tavolaccio, gente che respira coi polmoni della conoscenza, del sapere.
Un
mondo a se per tanti versi, ma è lì che le idee nascono, e diventano coraggio! Coraggio all’esistenza,
alla vita stessa .. . è lì che sono
nato.
Ho
sempre pensato che alla fine ciò che mi salverà sarà la cultura, quello che è
stato tenuto a memoria, e poi scritto, messo al riparo dai tempi, perché
tornasse a ridiventare se stessa in un tempo nuovo che verrà dove i barbari
saranno definitivamente spariti.
Noi,
Principessa ci raggomitolammo accanto al fuoco, attaccati, cuciti insieme,
legati, i nostri corpi fusi; la mia mano si è posata sulla tua testa, le dita
si infilarono tra i capelli, mentre seguivo il ritmo del tuo respiro la mia
mano continuò a giocare con i tuoi capelli. Amami così come sono, con la mia
poca memoria, col mio desiderio di rimanere fuori dalle orbite degli occhi,
Principessa.
Ci
baciammo e in quei baci se ne andarono le nostre vite!
Ricordi?
Ti
spogliai come fosse l’ultima volta e ti toccai con un’insolita smania; ci
accarezzammo a lungo, come due che si amano sanno fare.
Percorsi
il tuo corpo baciandolo dappertutto, lo adorai, lo baciai con tutto l’amore che
è in me.
Ora
in questo mio tempo misero e mortale amore mio lasciami ricordare i tuoi occhi
così profondi, così belli … non puoi immaginare quanta bellezza c’è dentro i
tuoi occhi, amore.
Le
tue radici non erano in te, né nelle vene, nelle tue arterie, né nelle tue
ossa, non lo sapevi e arrivasti a lui, al barbaro, affamata e mutilata.
Entrasti
nella vita per interpretare l’unico ruolo, bella nella tua innocenza, tragica e
bella, perduta.
Amarti
o poterti amare è bellissimo da sempre, da una vita, da un sempre .. se ti
fossi vista, almeno per una volta dopo l’amore avresti creduto alla tua
bellezza.
Bella
nel tuo pallore solitario, sei apparsa dagli abissi stessi dell’amore come una
visione che mi fece volare alto nel cielo; quella notte fosti di fuoco… Principessa
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