A MIO FIGLIO
C’è stato un tempo,
anch’io come te avevo di fronte a me una grande finestra da cui guardai il
mondo e c’era una porta che dava alla luce, ampia tanto che ci passai
agilmente, come gli anni miei.
Non sono più
rientrato da quella porta.
Anche tu ormai come
me l’hai attraversata e sei parte di quella “ luce” , la vita.
Non credere, non è
stato facile per me farti crescere,
a darti un’istruzione
con le mie mani callose; non è stato facile lasciarti andare per la tua strada
come non lo è stato seguirti e accudirti come la cosa più preziosa: un figlio.
Ti ho cresciuto con
amore e ho affrontato i più grandi sacrifici pur di vederti sempre felice.
Oggi, ti chiedo, sei
felice?
Io non lo sono più da
quando hai varcato quella porta che ti ha portato via da me.
Ricordo quel tempo,
ricordo le lunghe
passeggiate in riva al mare, quando raccoglievamo conchiglie e sassi colorati,
pezzi di vetro che luccicavano al sole e si spegnevano lontano; così sono ora
io senza il mio sole: tu, figlio mio.
Ora che sono vecchio
e stanco come “ una barca stanca di mare “ non voglio costringerti a venirmi a
trovare, non farlo se non lo senti nel cuore.
Non voglio che tu
legga per me il giornale,
né di fare qualcosa
per me, appartieni alla vita e non più a me.
Ma se ti sentirai
solo, bussa alla mia porta, si aprirà.
Se hai fame ti
sfamerò ancora,
se stai male io ti
curerò,
perché sono tuo padre
e non finirò mai di esserlo neanche quando non ci sarò più.
Ma ti prego non
diventare un pezzo di vetro che non luccica più!
Non ti scordare del
tuo “ vecchio “ ma conservalo nel cuore, passa a trovarlo potrebbe essere anche
l’ultima volta, per non rimanere senza ricordo.
Aiutalo ad infilarsi le
scarpe, accompagnalo lungo il viale nei suoi vestiti troppo larghi e la barba
incolta, parla con lui e guarda i suoi occhi inumidirsi dietro lenti spesse.
Tienigli le mani che
tremano, quelle mani che ti hanno cullato e coccolato, lavorato per te.
Parlagli di te,
raccontagli le tue sconfitte, come le vittorie, del tuo orgoglio di essere
diventato uomo e padre.
La vita sai, è una
ruota che gira, tutto si ripete alla stessa maniera, si nasce e si muore soli.
Ma un padre non muore
solo perché ha nel cuore, tutte le cose che ora ti appartengono.
Ciao!
Vincenzo
Calafiore
Monologo Recitato in
teatro, 1989
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