martedì 10 maggio 2016

                                            E…. se ne va, la mia vita

Di Vincenzo Calafiore
10 maggio2016- Trieste
 


 
Vedi cose che esistono e ti chiedi "perché"? Ma io sogno cose non ancora esistite e chiedo "perché no"?


A un certo punto mi perdo, e non sono più in grado di fare certe cose, o semplicemente non mi va più.
E’ l’emozione di perdersi a guardare, a sentire con gli occhi, a guardare e immaginare, inseguire visioni che non fanno più parte della quotidianità.
E’ una partecipazione a un’emozionata “ inesistenza “ con lo sguardo che non è soltanto percezione ma è anche proiezione di una certa sensibilità, della curiosità intellettuale; un magnifico incontro tra ciò che sta dietro gli occhi e un sentire interiore.
Riuscire ancora a sorprendersi e a sorprendere è un miracolo di ogni giorno che accadendo apre a nuovi incanti.
A volte “ il dover rimanere”  nella quotidianità è come rimanere in una terra faticosa e arida, in una guerra non dichiarata, ma in realtà è il trovarsi in una discesa nel passato, un universo mai scomparso e sempre presente, un passato narrativo.
Si presentano il bianco e nero dei ricordi antichi, gli interni sonnolenti, gli entusiasmi finiti nell’oblio e riemergono in una confessione a volte breve e fulminea, ora lenta e pausata.
E’ la condizione questa, del trovarsi a metà percorso della fine, un camminare alla meno peggio, lento ma progressivo, in cui mi auguro di avere coraggio, ma il tempo del coraggio è quello di curare la propria anima vedere la sua sofferenza, le sue tristezze in cui nascondo a me stesso le lacrime.
Bisogna ad ogni istante avere il coraggio di assumere una decisione, a un volto: adesso coraggio vuole dire voler vivere …. E ce ne è sin troppo !
In  tutto questo c’è  “lei”   la donna che amo, a guardarla semplicemente mi ricordo le notti bianche e i bei momenti vissuti in una intimità straordinariamente viva ancora e la desidero, guardo il suo corpo, lo tocco con mano, vellutato come sempre, desiderato come sempre; allora tento di amare come un tempo e invece sei perso e arreso! E’ un dolore vissuto a cui non ritrarsi, semmai analizzarlo nei suoi cambiamenti lasciandosi andare nella dolcezza, espressione di un grande amore.
C’è paura e tanta pure, in questa discesa inesorabile.
Rivivono così luci e ombre di un’età dolceamara che parla attraverso le cose che non faccio più e immagini che si sovrappongono, si distinguono si alternano, proprio come un sogno. Diventa allora difficile per me distogliere lo sguardo l’età mia è lì sotto gli occhi pronta ad ingoiarmi; in ogni caso, non c’è ferita del corpo che possa essere più grande di quella dell’anima, dilaniata dalle mancanze e niente potrà colmare l’interna voragine che lentamente sfalda e consuma, riduce l’esistenza.
Così il dolore riletto, interpretato e rivissuto attraverso le “ presenze specchio “ di notte viene affrontato senza misure; il sangue che scorre dalle ferite dell’anima risveglia e colora il buio con rivoli di sofferenza interiore che esce dal cuore.
Allora la rabbia, la vergogna, la colpa e la delusione, corollari della sofferenza trovano il giusto stordimento nell’enfasi dell’assenza, come se gli anni non fossero passati, e ciò mi fa sentire imperfetto, come un’onda che non riesce a sormontare uno scoglio.
Ma in fondo, è solo senilità l’età imperfetta!
E qui noi due, io e quello che ero, cominciamo a recitare quella vita da burattino, da oggetti senza coscienza e senza anima così come vuole il burattinaio.
Fino a diventare umani, in un mondo dove i veleni della cupidigia hanno cancellato ogni umanità!
Oscià!



Nessun commento:

Posta un commento