Dolore muto
Di Vincenzo Calafiore
17 maggio2016-Udine
Cristina e Federico,
madre e figlio di quattro anni, una vita stroncata ancora sul sbocciare come un
bocciolo di rosa reciso; quel che più mi fa triste è immaginare la sua fine,
annegato dentro un auto che precipita in un lago.
Non ho mai voluto
scrivere per parlare di morte, fondamentalmente in rispetto dei defunti, della
morte stessa, la signora cieca vestita di nero che falcia continuamente vite;
della quale non avere paura poiché è anch’essa una creatura voluta da Dio,
della quale avere rispetto.
In questa società
sorda e ignorante, pregna di solitudine e di vuoto, di tanto egoismo, abituata
a leggerla e a vederla da uno schermo, la morte assume il significato di un
“trafiletto o di un ritaglio” di un giornale, acquistato o letto in qualche
bar, più con la curiosità tipo < … vediamo cosa è successo oggi…. > o guardando le foto dei defunti del giorno.
Invece pensare a come
sia potuto accadere o immaginare la casualità, le motivazioni che hanno originato
il dolore in quelli che sono rimasti attoniti e portato alla morte.
Certo la verità è
rimasta sigillata assieme a loro due e nulla potrà sedare il dolore dentro, la
solitudine, il silenzio delle cose inanimate in una stanza, le speranze
disegnate e i giocattoli, i vestitini del piccolo Federico.
Nulla potrà sedare il
dolore del padre e sposo, neanche il tempo che lo farà rimanere muto e sempre
presente.
Immaginare solamente
al vuoto che hanno lasciato nei cuori e nelle esistenze di chi li ha conosciuti
e amati, dei compagni di gioco e delle ore liete, viene freddo un freddo che
difficilmente il calore dissolverà.
Dovrei inventarmi
qualche parola nuova per manifestare il mio dolore provato sentendo in radio la
notizia, poi lanciata in rete dai telegiornali, e non ci riesco per me è troppo
grande il dolore provato e sentito, pur non conoscendo madre e figlio.
Ma ugualmente sono
rimasto colpito e da cosa? Forse dalla maniera di morire, e non importano i
retroscena poiché sono cose dell’intimo e appartenenti ai familiari ai quali va
il mio cordoglio, specialmente a quel padre e sposo.
Cosa dire a
quest’uomo, o al papà ?
Le solite cose banali,
le condoglianze di un minuto, essere presenti e partecipi alle esequie, magari
sbirciando il cellulare? Già, la vita continua, e deve continuare anche se
carica e pregna di solitudine.
Amare la vita così
com’è, e con i suoi peggiori aspetti, con i suoi doni fantastici, con la morte
che è in se, con l’amore che dona a volte a piene mani.
L’amore che tutti
cerchiamo e non vediamo, ciechi e sordi come ormai questa società è !
A coloro che sono
rimasti di cui queste due anime facevano parte sento di dir loro tramite queste
righe, “ amateli e continuate a pensarli ” ,
parlatene come fossero presenti festeggiate i loro compleanni e
onomastici, apparecchiate pure la tavola come fossero presenti, perché è così e
così sarà per sempre.
Ciao Cristina, ciao
Federico.
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