Un autunno lungo come un pensiero
Di Vincenzo Calafiore
05 Maggio2016
–Trieste
“ … non so se è un sogno o è la realtà
eppure le dico ti amo! Racconti che sono
stati scritti e poco letti… i suoi occhi.
Lei che è l’autrice i miei li conosce e sa
di non vivere un sogno, ma un grande amore
lungo una vita.”
Saranno le albe
chiare e limpide già col sole in cielo, sarà forse il desiderio di fare ritorno
al paese natio, ai ricordi…… al mare!
Ma la verità è che
ormai è da molto tempo che non programmo un solo evento, è come se fossi caduto
in una forma di piattezza senza via di scampo.
Per fortuna o per non
impazzire del tutto, a salvarmi dalla catastrofe c’è il balcone dal quale posso
ammirare i tetti di capannoni e antenne mentre fumo la mia sigaretta; ma ci vuole
coraggio solo a immaginare che da un’altra finestra di tanto tempo fa, a
occidente potevo scorgere un treno percorrere sferragliando lungo i binari che
corrono a ridosso della spiaggia.
E’ un ricordo che mi
rammenta il mondo dal quale provengo, un segno discreto che mi riconsegna nella
quiete in cui un tempo mi immergevo, tra barche e dune di sabbia, scogli, e
silenzio rotto dal vento e dalla risacca.
Immagino quel lungo
convoglio scivolare sulla sabbia, più rumoroso di quei trenini con cui amavo giocare
da bambino, e a volte mi diverto pure a contare i vagoni prima che spariscono
l’uno dopo l’altro all’orizzonte.
Di notte accade che
l’immaginazione mi porti ancora più lontano, in fondo agli occhi della donna
che amo, ma lei a quelle ore dorme e chissà in quale sogno si sarà perduta,
sempre più distante, sempre più lontana da me perduto in fondo agli occhi suoi.
Prendono così corpo
sempre più le mie immaginazioni nella mia notte lunga come un urlo, in un’aria
soffocante e pregna di malinconica attesa negli smorzati e struggenti colori
d’autunno ed ecco che “ lei “ ritorna, improvvisa e primavera.
A poco a poco si
rompono gli indugi e si ricompone chiara l’immagine mi misuro con la luce dei
suoi occhi che sembrano reclamare una soluzione; il mare in me si placa respira
la vecchia aria salmastra in cui si posano quei desideri morti appena nati è la
– moya- come io la definii tempi addietro ove a volte riemergono le occasioni
perdute, le amicizie e gli incontri mancati, a volte per una minima frazione di
tempo perché in questa mia vicevita tutto scorre pigro e uguale a se stesso, e
tutto può diventare importante fondamentale.
Lei….. un’immensa
deriva di parole!
Ma il sogno continua,
piccoli fotogrammi in bianco e nero scivolano via in una sequenza lenta è una
vita che cerco di trattenere a volte perdendola; poi come per incanto come in un film prendono vita le immagini e
ritornano le vecchie memorie di spiagge e notturni illuminati dai fuochi e di
lunghe attese di albe.
La vecchia – moya-
andandosene porta via tutto, lasciando un vuoto amaro che serra la gola, si
restringono gli occhi, lei è nella focale ristretta, mentre il fumo della
sigaretta disegna l’aria dietro i vetri di un’alba friulana, lontana da ogni
cosa, da ogni dove!
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