Di stazione in stazione
Di Vincenzo Calafiore
21 giorno di Aprile, Udine
( 100 pagine in una… )
Il treno dopo aver attraversato le poche gallerie e larghe praterie in
quell’estate del ’44 si arrestò sferragliando in una piccolissima stazione
sperduta in mezzo a una prateria assolata che per un momento si interrompe, e
si sente qualche sportello di un vagone aprirsi e chiedersi, poi il treno
riprende piano la sua corsa, la prateria assolata torna ad essere di nuovo del
frinire di cicale e del ragliare degli asini all’ombra di alte querce.
Affacciato da un finestrino respiro quell’aria calda piena di mosche e
moscerini nei campi o per le vie di paesi sui fianchi o creste di colline;
tornavo finalmente a casa dopo un lungo periodo trascorso in un sanatorio.
In quel vagone di Terza Classe la ragazza con la velina calata sul viso
si guardava da uno specchietto rotondo, mani infilate in guanti lunghi, bella
con quegli occhi grandi scuri come il ventre di una galleria, controllava le
labbra dipinte da rossetto rosso.
Il padre in giacca blu e cravatta, leggeva distrattamente il giornale
mentre con la coda degli occhi controllava con vaga indifferenza ciò che la
figlia faceva.
“ In Prima Classe, non siamo riusciti a trovare posto, ma neanche nei
vagoni di Seconda, io l’avevo detto a quella benedetta donna di mia moglie che
mettersi in viaggio in questo periodo non sarebbe stata una buona idea…. “ Esordì l’uomo dopo aver ripiegato con calma il
giornale. Lei dove si reca di bello?
Io ancora in piedi e con un gomito appoggiato al vetro dando le spalle
allo scenario che scivolando spariva lentamente come certi ricordi nella
memoria, risposi che mi stavo recando a
casa a Sambiase.
La ragazza seduta su quel sedile di legno, mi guardava con quegli occhi
incantevoli su un viso bianco e sembrava interessata alla conversazione, stava
attenta ad ascoltare.
“ E, quindi va a casa, torna dai suoi genitori per le vacanze come
tutti… e che lavoro fa? Io sono un avvocato e siamo partiti stamane da Taranto;
andiamo anche noi a Sambiase a conoscere la famiglia del suo fidanzato …
Piacere Nicola La Bella, lei è Margherita mia figlia“. Mi chiese l’uomo dopo
essersi presentato.
“ Domenico Pressitano, mi chiamo Domenico, giornalista e torno a casa
dopo tre anni di sanatorio; a casa non c’è nessuno ad attendermi …. non c’è
nessuno ad aspettarmi in stazione”. Rispondo senza riuscire a staccare gli
occhi da quelli di Margherita, che mi seguiva con interesse.” Mi siedo sul
sedile di fronte dopo essermi presentato e vicino al finestrino di quel vagone
semi vuoto.
“ Il fidanzato si è appena laureato in medicina… Si sono conosciuti all’Università
e ora va a promettersi in sposa! Io sono fatto così… mi piacciono le cose fatte
bene!” Aggiunge, mentre si accende una sigaretta.”
“ Così va a conoscere i suoi futuri suoceri, complimenti! Una bella
ragazza come lei difficilmente rimane nubile…. “ Aggiungo rivolgendomi alla ragazza!
Lei annui chinando leggermente la testa; non smisi un attimo di
guardare l’incanto di quegli occhi avvolta in una piacevole nuvola di acqua di
lavanda.
In quell’estate paesana, dopo la guerra, c’era un gran fermento, le
ferite andavano rimarginandosi, i morti erano stati seppelliti e messi dentro
cornici ovali o in ovali d’oro appesi a una catenina al collo.
L’Italia ripartiva da zero.
A casa non c’era nessuno e una volta infilata la chiave nella serratura
la prima cosa che vorrei fare è quella di dare aria e luce alle stanze …
pensavo queste cose nella pausa di silenzio che era calato; mentre guardavo la
ragazza con quel volto dietro una velina e con il corpo dentro un vestitino
stretto in vita, blu a pallini bianchi, a campana sopra le ginocchia. Belle
anche le gambe.. la guardavo e pensavo, immaginavo mentre il treno si
avvicinava alla Stazione di Lamezia.
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Continua -
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