Come vuole sia
Di Vincenzo Calafiore
28 Aprile 2017 Trieste
Perchè c’è in me la strana sensazione dello straniamento
come se io non appartenessi a nessuno e poi quel sentire fortemente la mancanza
di un qualcosa non definita, e della quale o per la quale avere una latente
nostalgia?
A volte avvertita come una specie di forza o dominante
sensazione di allegria paragonabile a quella
rilasciata dalla visione di fuochi d’artificio; poco durevole o
momentanea sopraffatta dalla mancata visione di ciò che più amo!
C’è un volto che sta nel palmo delle mani, un volto da
stringere con dolcezza e avvicinarlo alle labbra che vorrebbero baciarlo;
ci sono due occhi che sanno come guardarmi e allo stesso
tempo chiedermi; occhi che hanno in se quella strana brillantezza che sono gli
occhi che sanno amare.
Accade così che ogni giorno, tutte le mattine da un remoto
ignoto vado in contro loro con altri occhi per avere amore, fosse solo un
bacio.
Mi commuovono, fanno tenerezza, fanno amore!
E’ una vita che cerca vita in questo “ altrove “ di una
lenta e inesorabile senilità stemperata, smorzata nei colori come un magico
tramonto a cui andare sulle ali di quel voler ancora amare anche se nella
lontananza o distanza tra occhi e labbra a volte incolmabile.
E’ un altrove o luogo non luogo, tempo non tempo … lei così
dolce così irraggiungibile.
Lei così “ suono” che non ha voce è colore che ha voce, è
forma che si trasforma in un limite da raggiungere o rompere o già lontano.
Cammina a piedi nudi o cavalcando un’onda d’emozione per
giungermi nell’animo, per fuggire assieme all’iniquo vestiti da manti di seta,
senza corpo perché lasciato come punto a cui tornare; se questo è amore, noi
cosa siamo?
Tra le emozioni, lei, è l’emozione!
Ma che cosa sia l’amore, che cosa sia il significato, come e
perché a un certo punto con voce esile si arrivi a dire : t’amo !
Io non lo so, non so o non saprei spiegarlo perché è
linguaggio criptato del cuore un codice intraducibile e allo stesso tempo così
palese, così evidente, così forte, così ingenuo tanto da farci commuovere o
sorridere, essere felici o infelici, amati o rifiutati.
Cosa voglia dire questa comunicazione che viaggia sui fili
delle intime felicità, uno scambio di mani tra cuore e anima, io ancora adesso
non sono riuscito ad interpretarlo, ma quel che so è quella strana sensazione
d’esistenza o d’essere, quel sentire dentro che obbliga a volte a pensare e rimanere
svegli o sognare di sognare lei, alla quale consegnare parole e sentimenti che
sanno di quasi eterno.
Allora perché il più delle volte proprio l’amare significa
più levare che donare?
Perché se di donazione si tratta si sente in fondo al cuore
quel sottile dolore che comprime il petto dentro una morsa?
Perché amare non è solo queste.
Amare non è solo un verbo anche sulla bocca degli stolti o
di ciarlatani, o di quegli uomini che non sono capaci di amare e di donare
amore.
Amare è il sacrosanto, la grandezza dell’umano che si
manifesta tra anima e cuore.
Io amo o ti amo. Lo
dico sempre ogni momento ogni mattino, ogni sera, non solo in quei momenti di
intima corrispondenza; glielo dico con quel mio e solo mio sentire che mi fa a
volte uomo a volte mare che si perde in
altro mare; che mi porta a divenire altrove in un altrove dove forse lei chissà
se sa di trovarmi. Ma basti che volga lo sguardo dove credo sia e mi ritrovo
solo, così capisco che non sono mai stato con lei che sono stato solo e solo
sarò stato sempre!
Eppure nonostante ciò io ugualmente ubbidendo a un forte
richiamo d’eterno continuerò nonostante tutto a dirle: t’amo! Chissà perché!
Nessun commento:
Posta un commento