Il Coraggio di vivere
Di Vincenzo Calafiore
04 Aprile 2016
Trieste
“ mi sono chiesto in questo tempo da rintanato
quale sia il senso della vita, ma poi ho pensato alla
donna che amo, alle persone che voglio bene, per capire
che sono loro il senso della vita.”
Dopo giorni rintanato
in una stanza piena di libri e di vecchie fotografie, a pensare più al passato
che nonostante la pesantezza del tempo è ancora lì vivo più che mai con tutto
quello che ha in se, gioia e dolori, amore e passione, ma anche la morte; che
al presente che è sfuggevole, durevole quanto uno schiocco di dita.
E’ stato come fare un
viaggio all’indietro nel tempo per catturare più quei periodi più o meno felici
della mia vita, ma per fare ciò dovrei vivere in eterno, ma c’è lei, la mia
ombra: la morte che da qualche parte mi attende, ed io ci sto andando anche se inconsciamente
…
Il diniego della fine
sembra essere alla fine la più forte motivazione che spinge gli individui ad accumulare
denaro, potere, successo, quasi in maniera spasmodica, ad impegnarsi in
attività che sfidano l’inesorabile scorrere del tempo.
Così in questo folle
tentativo di rimanere o apparire inossidabile al “ tempo “ egli affronta sforzi
sovraumani per funzionare al meglio e rendere il personale aspetto fisico il
più possibile inalterato anche ricorrendo a più ripetuti interventi di
chirurgia estetica.
In una tale ottica,
pure l’anima e i sentimenti finiscono sottoposti a lifting con dispendio di
energia personale impiegata per “ apparire” per essere quello che più non si è se
non una vaga rassomiglianza.
Insomma “ apparire “
impermeabili alle emozioni, simpatici a tutti i costi, con un sorriso
stereotipato ma non più ingenuo sul volto; eterni ragazzi e ragazze, spesso in
competizione con le generazioni ultime per confortare se stessi sullo scorrere
implacabile del tempo.
Tuttavia, come sempre
accade quando si vuol forzare la natura o la realtà, si finisce per diventare
macchiette di se stessi, ottenendo risultati contrari a quelli sperati, si
finisce per essere traditi dalle aspettative, delusi.
Ecco, allora
sorprendersi a tradire l’emozionalità che tanto si cercava di nascondere, o
cadere schiacciati dal peso degli anni; così per quanto ci si impegni in tutti
i campi e in ogni periodo della vita, non si può intervenire nella necessità,
nonostante il caso possa in apparenza regalare la sensazione di poterlo ancora
fare, come il sesso, o scavalcare un muro, o semplicemente salire su un albero
alto a raccogliere frutta.
Queste combinazioni o
accadimenti non sono altro che il segnale lampante della fine naturale di un
ciclo, di una vita a cui solo rassegnarsi accettandoli come “ naturalmente”.
Se la fine viene
adeguatamente gestita bene non è più fine, bensì conclusione d’un processo
vitale che comunque sia ha avuto a suo tempo e durante, un senso.
Questi pensieri da “
rintanato” in una specie di paradiso sono più volti tornati proponendo visioni
di un immaginario possibile; così mi sono riscoperto capace ancora di amare o
emozionarmi tanto da lasciare le lacrime scorrere; mi sono ritrovato nudo
davanti a uno specchio a confronto con quel che ero e che sono o come il tempo
mi ha cambiato e ridotto a un minimo esistenziale. C’è il fortissimo desiderio
di amare e invece sbattere violentemente contro l’incapacità o inconcludenza
che sia.
E così come ci sono
tante maniere per vivere, esistono altrettante maniere di morire, sebbene il
più delle volte il modo in cui ci si congeda dalla vita, dalla sessualità, non
può essere scelto; mentre è data a tutti la possibilità o l’opportunità di
poterlo almeno solo “ pensare” o
“ immaginare”
considerandole tra le esperienze necessarie collegate alla propria esistenza.
La vita ha comunque un
senso, strutturato dal soggetto stesso attraverso l’adozione di un processo
lineare di causa-effetto, ignorando il più delle volte, o inconsciamente
negando, l’incidenza del tempo sia per gli accadimenti piacevoli che per quelli
decisamente nefasti.
Quando invece la
longevità da benedizione si trasforma in incubo come quella di non poter più
amare, il senso della stessa esistenza viene smarrito e parallelamente anche
quello della morte come evento funzionale alla vita stessa, trasformando tutto
in “ inesorabile sconfitta” la normale esperienza alla fine.
Quando il filo che
lega alla vita si fa sempre più sottile, come fare a dialogare nella maniera
più giusta, ora che si sta per lasciare ciò che più si ama o si è
accaparrato nell’arco di una vita?
Quali contenuti
umani?
La morte è quando non
si riesce più a fare ciò che si faceva, è più dura se si lascia discorsi a
metà, spiegazioni non date, perdoni non concessi o ricevuti; il trapasso è
inquieto se il rimorso e la colpa non vengono chiariti, sia per chi muore che
per quelli che rimangono a vicende terrene che la stessa morte può rendere
incomplete per sempre.
Allora come ebbe a
dire Torquato Tasso: ” se non ci riesci sorridi piuttosto che piangere, tanto
non servirebbe a niente! “
Finchè avrai un sogno
nel cuore non perderai mai il senso della vita: sogna!
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