Potrei
“ … i tuoi occhi raccontano di
magie
che sono tutte lì, nella breve
distanza
di un bacio o di una carezza.
Lasciali parlare
e mi troverai lì alla soglia
degli occhi tuoi a dirti
t’amo. Allora ascoltali i miei
occhi e ci ritroveremo
sempre” Vincenzo Calafiore
Di Vincenzo Calafiore
27Novembre2017 Udine
Ci sono certi pensieri e ricordi che come la neve cade
silenziosa, loro arrivano e tutto cambia
è inevitabile e non ci sono difese o argini buoni a
trattenerli.
E’qualcosa ricordata o da ricordare, che il tempo né cambia,
né cancella.
Ma dentro le distanze non c’è vita, c’è solo rammarico di
scelte o di definiti destini, a cui dare comunque siano delle risposte perché
pretese o volute da quell’amore che nel tempo non smette mai d’essere binario
su cui scorrono le giornate, via via gli anni.
C’è in quelle distanze l’aria ammuffita dell’assenza a cui
convergo in quei momenti smarriti sulle ali delle percezioni.
Oh Dio! Basterebbe una parola e questa non c’è!
Potrei arrendermi e non oppormi più, potrei rimanere là in
quella misura di un passo che a volte mi allontana da una felicità possibile e
tanta agognata, tanto sussurrata con gli occhi ogni qualvolta i miei occhi
incrociano i suoi.
La misura di un passo è un metro, allora queste domande
sprofondato in quei pensieri diventano delle onde anomale che mi sballottano da
un capo all’altro di un mondo che io vedo e sento, ascolto, respiro, mi scrive
su pagine ancora da decifrare.
Penso a quanto cielo ci potrebbe stare in un metro, o quanto
amore in un metro di abbraccio, quanti sorrisi in un metro e quanta vita!
Ecco allora che ogni cosa prende forma, i pensieri si
ricompongono dietro le fila dei desideri che a mano amano cominciano a
scandagliare l’animo levando sonno ne portano uno più grande, più sovrastante:
attenderla per una vita per altre vite, labbra per labbra, mani in altre mani!
Nella misura di un metro quanto cielo sta?
L’incanto è quell’oltre in cui vorrei ancora vivere, ma se
appena gli occhi si scostano da quelle magiche visioni che nella notte si materializzano
e scorrono sulle pareti, sento di svanire assieme ad esse, ma è così pregnante
la distanza, è così tanto forte da sbarrare le magie di un amore così grande?
E’ una notte che vedi
nelle mie mani con quel taglio di luna che appena illumina la scena, piccolo
nella distanza, grande come l’amore che vivo ora in questo tempo mio sbandato
vicino quasi al mio futuro.
E lei è come una musica leggera portata dal vento chissà da
quale deserto, una musica che mi fa sognare è vento che sa di lontano e che mi
prende il cuore.
E’ una notte sperduta in una lontana stazione dove non passa
mai un treno, come su una montagna in cima al mondo l’aspetto e nell’attesa
provo a inventarmi l’amore e mi confondono i suoi seni immaginati e disegnati qui
sul mio cuore.
Forse saranno le mie mani che sanno così poco dell’amore.
Sognarla e immaginarla è già più di tanto, più dei sogni che
vanno a morire senza lasciarmi domande, mi lasciano muto.
E’ una di quelle notti che vanno piano, e pian piano mi
macinano trasformandomi in sabbia di un mare che lo accarezza fino a farlo
saltare sugli scogli oltre i limiti da cui ogni giorno in milioni partano per
un viaggio senza ritorno.
In questa notte di un tempo sbandato, questa notte che corre
e viene a darmi voce.
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