Dietro una vetrina
Di Vincenzo Calafiore
18 giugno 2018 Udine
A un certo punto capita di guardare in dietro e le vedi
cose, ancora lì con il loro essere, con il loro esistere dietro una vetrina
poco illuminata, disordinata di tante altre cose ormai ammuffite sul svanire.
Capita, e quando capita, penso a un inganno della memoria.
Di là, sulla parete davanti alla scrivania, un grande
specchio, da cui alzando gli occhi nelle giornate buone, posso guardare il
mare; l’odore forte di tabacco, un bicchiere vuoto, e una penna abbandonata su
dei fogli ai quali avrei dovuto consegnare le rime di una poesia.
Le mie cose migliori sono l’assenza da me stesso, le grandi
fughe, le mie evasioni, i miei viaggi nello spazio a bordo della “ Pegasus “.
Le peggiori sono quei vincoli e quelle costrizioni che in
qualche modo, “ incrapettandomi” mi costringono a rimanere prigioniero qui, in
questo sistema ormai insopportabile, ove quando va bene si può incontrare la
bruttezza.
Con la “ Pegasus” ormai da tempo ho superato il –punto di
non ritorno- e di quegli spazi conosco ogni latitudine, ogni anfratto; ed è in
queste distanze che ogni mio sentire si origina, si quieta nelle solitudine di
cui non posso ormai farne a meno.
Mi giro e mi guardo in quella stanza di follie, ove tutto è
possibile perfino il sognare ad occhi aperti, tutto è così reale, così
possibile che vien voglia di allungare le mani per prendere o abbracciare,
stringere un viso da baciare, capelli da accarezzare.
Mi giro e mi vedo vecchio, allo specchio!
Come sono invecchiato, deformato nelle mie fattezze! Mi
guardo e non mi riconosco, sento tutta la lontananza da quel mondo che mi
rifiuta e preferisce gli uguali, alla stessa maniera, disorientati e inzuppati
di stupidità, di poca dignità.
Mi sto accingendo alla precipitazione in un baratro di
assoluta libertà di pensiero, come fosse sabbia di una clessidra, una corsa
inarrestabile in quel che sono, questo io sono.
Ma in fondo a tutto c’è quella mia “ sconsiderata” coscienza
che mi vuole e mi ama, mi adduce a lunghi silenzi, la mia fantastica visione
dell’amore.
La guardo e lei sa cosa le sto dicendo,
l’ascolto e non mi stancherei di ascoltarla, la mia “
sconsiderata “ funambola pazzamente innamorata della vita.
Io e lei dietro una vetrina nascosti agli occhi ci amiamo
sicuri della nostra eternità, da quella ingenua promessa – per sempre- e per
sempre sarà.
Ma ……. se appena mi sfiora ….!
E’ vita.
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