Di Vincenzo Calafiore
27 Ottobre 2020 Udine
La barba bianca, i capelli
scompigliati dal vento, la carnagione olivastra, gli occhi socchiusi al sole,
verdi, mobilissimi, sempre pronti a seguire le strane traiettorie dei suoi
pensieri, che si allontanano velocemente.
Questo sono io … che sente la
vita allontanarsi sempre più, non è di morte che si tratta, è che in questa
società che ormai possiede il controllo della potenza della tecnologia e ha
ormai esageratamente soddisfatto la maggior parte dei suoi bisogni, elementari
e artificiali, per cui meno autentici, avverto ormai da tempo che il proprio
patrimonio intellettuale non ha risposte concrete da offrirmi.
Vivo in una civiltà che
purtroppo in qualche maniera, anche subdola, rischia di farsi rubare il futuro
da un malessere palese che è il COVID 19, ma c’è di più è il furto dell’anima.
La decadenza si tocca, si
manifesta continuamente si trasforma purtroppo in paure, terrorismo psicologico
che si trasformano in paure e indecisioni permanenti.
Se mi volto a guardare a ieri,
penso che il Rinascimento è finito, l’illuminismo anche, il Romanticismo è
diventato per pochi, pochissimi, è diventato poco più che un ricordo; la morte
corre col lento appassire delle coscienze, in pochi avvertono la necessità di
reagire a questo consegnare l’anima a un qualcosa di orrendo.
Pensare di ricominciare a
sperare con l’amore, l’amore è meraviglioso, fa vedere la vita bellissima piena
di luce e di colori, tutto è meraviglioso.
Storia, fantasia, sogni …
raccontano tutto ciò che è nell’anima, ciò che è vita, senza curarsi delle
ansie, delle profonde inquietudini, che bisogna portare a galla per esorcizzare
la morte, in questo mondo esterno, grottesco e stupido.
E proprio per questo è “ anima
“ con amazzoni, giocolieri,pagliacci,, maghi, fate,, ballerine, cavalieri,
draghi, musicanti, marinai, servi e schiavi; no
non può essere anima con il denaro, il potere, la corruzione, il
degrado, la violenza, il male affare!
A salvarci c’è la visione di
luoghi, di visi, uno scenario antico forse, di colori, di famiglia, di figli
che si vedono ancora per casa, piccoli o grandi che siano, il loro profumo, gli
echi delle risa, il sapore delle lacrime, il vuoto degli addii.
Le figure sguscianti delle
pieghe dei giorni e i giorni sgranati nella ricerca dei ricordi per non
morire…. Come in un cristallo di incantesimi l’alternarsi dell’ieri dentro un
oggi che si svuota sempre più, che si veste di solitudine e di amarezze, mai
appianate, mai somatizzate, mai scordate.
C’è l’età, la mia età, che
consente di ammirare lo spettacolo del transito delle stagioni, d’una
conoscenza vasta nella quale il viaggio
retrospettivo abbandona sovente il passo dimesso e minimalista e scegli la
temporalità di un piccolo universo quotidiano
posto specchiarsi nelle onde
meravigliose dello stupore, assieme a
una leggerezza di visione che sembra far scendere sulla realtà un sottile velo
di magia, non per allontanarsi, andare via, ma per rimanere lì dove tutto è
ormai “ radici “.
Ma la vita stessa a volte si
rende indecifrabile immagine fluttuante e senza peso, per farsi trattenere il
più a lungo possibile e fare delle sue fragilità quel teatro volubile d’inganni
che servono per poter vedere sempre oltre l’esistenza: come guardando quel “
Cristo Morto “ di Andrea Mantegna (Pinacoteca
di Brera, Milano) o quel Cristo
Velato di San Severo (NA).
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