Che dono prezioso è….
Di Vincenzo Calafiore
16 Novembre 2021 Udine
“ … quando pensi di avere e trattenere
vita come in un bicchiere, ti
rendi conto
di possedere che un bicchiere
vuoto … “
Vincenzo Calafiore
Con il sonno leggero dei
“vecchi “ e delle gambe stanche di tanta strada, la notte sembra non finire mai
in quelle distese di campi nomadi.
Spossato dall’immenso, il
corpo si scalda, si dilata, ricorda gli anni di tanto cammino, i sentieri umani
formicolano lungo tutta la colonna vertebrale, sussulta.
Sogni e pensieri
appesantiscono le palpebre, le spine della vita si incistano nei fianchi, il
sonno mi avvolge di pareti di parole di tanti inchiostri, che mi murano. L’ultimo
pensiero: che dono prezioso è la vita!
Ho avuto la fortuna di
ascoltare le nuvole parlarmi, e l’amore di tanta gente chiamarmi che con la
grazia di quel movimento discendente, e ascendente, del latte quando viene
versato in un bicchiere di un buon tè caldo, si disperde in mille cerchi per
diventare un unico colore, quello della lontananza.
E comunque io da ogni angolo
guardi il cielo procura poca gioia, è un sortilegio dell’illusionista
pachistano che riesce a farmi vedere un barattolo di latta zeppo di gente che
si lascia portare da una velocità, disattento della vita che scorre ai lati
come fiume in piena.
Mentre un violino
saccheggiato rievoca armonie di un eden spazzato via da un sistema subdolo e
affamato; la mia vita prende forma appesa al gorgoglio di un’alba che
attraversando i suoi giardini mi raggiunge, come un soprano leggero in una
serata d’onore.
Lo so di esistere solamente
per un minuto quando qualcuno riesce a leggermi, è un pensiero che mi fa
socchiudere gli occhi per vedere meglio, come un miope per leggere le pagine
del libro delle sonore argille, parole come segni incisi sulla pelle, un libro
che racconta tante storie di musica e parola, tutto ciò che mi tormenta.
A volte mi pare d’essere in
mezzo a uno sterminato prato in fiore e immagino che i fiori siano un unico
grande popolo di tanti colori, e steli danzanti nel vento;un linguaggio unico di
bellezza vibrante.
Scende in me una quiete
lattiginosa, va coagulandosi la voce del silenzio.
Tintinnio di parole e
sonagliere di pennini borbottano sul piano della scrivania.
Accanto ad ogni parola appare
un sogno e un volto ! La mano tiene la barra fissa sui righi, il dolce graffio
del pennino, il profumo dell’inchiostro forte come l’aroma del tè pachistano … inizio a comporre una strofa di vita! Ed è
poesia,lontananza da ogni cosa terrena.
Guardo quel piano nel
disordine di fogli e penne, matite, c’è l’antico guardiano delle parole che mi
rammemora, della vita mia luccicante e cangiante quando ancora ero mare, c’è
una ragione in questo esistere ed è quella di essere in paradiso, mi tiene
lontano dalla pidocchiosa altura di baracche e tendoni di piccoli circhi oltre
i vetri. Le parole e le magiche visioni scorrono tra accampamenti di umanità che si è perduta
nei dettagli di un inferno, scorrono risuonando come secchi per la mungitura di
capi di bestiame sfiancati, fumanti, intrisi di povertà.
E’ come trovarsi in un
recinto di agnelli da sacrificare a un dio minore perverso.
Ancora una volta la notte se
n’è andata passeggiando come un equilibrista su righi di parole sospese su una
terra che conosco, come estasiato dello sfrontato incendio delle parole che
come papaveri, vividi vivono fino a un sottile dolore, emblemi di una felicità
mancata e di pensieri che come falene dalle bocche cave volano su deserti
piani.
Invidio i bambini che con innocenza
danno ali ai papaveri tra l’erba … io con loro chino su un papavero, rosso sulle
mani e fuoco, come fossero carboni ardenti ardono gli occhi, la magia della
vita ha inizio.
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