Questo mio tempo di saggezza
( …. Scusa, posso amarti..? )
Di Vincenzo Calafiore
4 Marzo 2022 Udine
E’ questo il mio tempo di “
saggezza “ o del moto della lentezza; è un tempo dilatato in cui a differenza
di ieri gli eventi che giungono o accadono sono delle - onde anomale – che lo agitano a volte diviene
ansia, a volte disorientamento, ma è sempre un rimanere a galla, non so come,
giusto per non annegare.
Questo non è importante,
quanto il termine con cui viene definito: vecchiaia!
Che brutto termine! E’
orrendo!
Rovescio la visione e chiedo:
“ … scusa per me non è così… voglio amare e continuare a desiderare, anche se
sessualmente poi potrebbe essere un po’ difficoltoso, a rilento? …. “
L’amore non si lascia mettere
nel recinto delle parole, le parole messe assieme sono suono, linguaggio e il
linguaggio è una convenzione umana; mentre l’amore è un qualcosa che va – oltre
-, oltre ogni esperienza limitata dei sensi, e sfuggendo quindi a ogni
definizione possibile.
E ora in questo mio tempo,
con tutta la mia lentezza o con la probabile inconcludenza, io voglio amare e
così penso milioni di uomini nello stesso marasma.
E’ dunque con il fiato in gola
che dico, affermo, desidero: “ Io ti amo” e nel mentre mi viene in mente il
ragionare d’amore di Socrate.
Un sentire dalla testa al
profondo dell’anima, là dove regna sovrana
l’intuizione!
Socrate è flemmatico, come
tutti i vecchi, e io sono nel suo stesso tempo, quasi neghittoso, e poco alla
volta porta a scalare la grande montagna dell’ignoranza. La prima domanda è chi
è Eros ( la mia rovina) E’ Amore di qualcosa, desiderio di qualcosa.
Ma se lo si desidera,
significa che non lo si possiede, e ne consegue che noi amiamo ciò che non
abbiamo; l’amore dunque è una fortissima energia che succede di perdere perché si
esaurisce nel tempo o magari ci sarà una maniera per trattenerla fino alla
fine? Socrate a leggerlo con molta attenzione suggerisce o indica a noi postumi,
una via d’uscita: amare in quella dimensione temporale, cioè che è possibile
continuare ad amare una persona, cercare di conquistarla per poterla amare, e
dunque è – la tensione – verso un desiderio non ancora raggiunto che tiene in
vita Eros!
Io sono un affamato, bisogna
essere affamati, l’amore resterà vivo finché ci saranno sogni e desideri in suo
nome, finché i verbi verranno coniugati al futuro, finché chi ama e che si
amano non smettano mai, di mancarsi.
Ma ahimè devo fare i conti
con la mia lentezza… vecchiaia! Un termine che indica l’apparire i primi segni
di debilitazione progressiva delle funzioni vitali fisiche e , talora,
intellettive. Questo periodo finale della vita dell’uomo è stato sviscerato in
mille modi, è una concezione complessa nell’alternarsi rispetto e indifferenza,
derisione e venerazione, abbandono. Comportamenti causati da diversi fattori
come quello della struttura della famiglia, patriarcale ( non esiste più) o
nucleare, da certi modelli di bellezza.
Ma io per definire questo mio
tempo, questo amore e desiderio che è in me di amare ancora, mi rifarei a una
bellissima canzone di Pino Daniele:
“ Senza e te “ riporto per
bellezza parte del suo testo:
“ Je te penzo accussi' per ore ed ore
Je te voglio accussi' te voglio ancora e si chésto nun 'è ammore Ma nuje che
campammo'affa' E si chiove o jesce 'o sole Je te voglio penza' Pecché senza 'e
te nun so' niente Je te sento accussi' Comme 'o sango into 'e vene Si chiur 'l
uòcchie, sì Te voglio assaie bene E si chésto nun 'è ammore Ma nuje che
campammo'affa'
E si chiove o jesce 'o sole Je te voglio penza' Pecché senza 'e te nun so'
niente Pecché senza 'e te 'mmo' sient Nun s'avvera 'manco 'a luna Pecché senza
'e te to' giuro Je nun credo cchiù a nisciuno e nun credo cchiù a nisciuno A
nisciuno, a nisciuno “ Grato a Pino sempre!
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