25 Aprile
Di Vincenzo Calafiore
25 Aprile 2024 Udine
Quando un popolo è divorato dalla sete di verità, si trova degli – Osti – che gliene versano a volontà, quanto ne vuole, fino ad ubriacarlo. Accade allora che la si prende. In questo caso non vi è più riguardo, per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una brutta pianta: la tirannia! Ed è quello che è successo in questa giornata, esclusivo appannaggio di una parte sociale che esclude la stragrande maggioranza di altri cittadini.
<< Non c’è mortale che sia libero >> :così Ecuba riflette
amaramente, nell’omonima tragedia di Euripide, sul destino che accomuna tutti.
Per Ecuba, sventurata regina, la libertà è un bene prezioso e fragile,
sempre ricercato ma irraggiungibile, poiché siamo schiavi del denaro, del
potere, delle leggi ingiuste. In realtà, il mondo antico è particolarmente
sensibile ai valori della libertà e alle sue molteplici sfumature.
La lingua greca si serve, principalmente di due distinte parole per
indicare questa condizione:
“ Eleutheria “ (ελευθερία ) è la libertà nella sua accezione politica:
libero è colui che nasce da genitori non schiavi, né è soggetto al potere di un
tiranno ( o di una corrente politica ).
Esiste poi la “ Parresìa “ (παρρησία
), cioè la libertà di parola, esercitata sia in ambito politico, sia nel
dialogo franco e senza timore di giudizio altrui.
Essere liberi non significa semplicemente non essere schiavi, ma
condividere con altri. In questo senso sono decisamente illuminanti le
riflessioni di Michel Foucault sulla parresìa: la libertà di parola, nel suo
legame con la verità, presuppone sempre un vincolo di responsabilità nei
confronti dell’uditorio. Non esiste libertà di parola se non all’interno di un
contesto, che è rispetto di se e dell’altro nella ricerca incessante della
verità.
Ieri ciò è stato calpestato, vietato, violento, aggressivo.
Socrate riconosce che il dialogo è un’occasione di cambiamento,
comporta in esso, la presenza di tre elementi irrinunciabili: la conoscenza (
episteme ), la benevolenza ( eunoia) verso l’interlocutore e la franchezza o
semplicemente la libertà di parola ( parresìa).
Il dialogo vero, ci permette di conoscere meglio noi stessi e l’altro,
ha dunque bisogno non solo di sapere in parte, ma anche e soprattutto di una
predisposizione alla cura e alla responsabilità, come indicano la franchezza e
la benevolenza.
La parresìa è una pratica di libertà che presuppone profonde qualità
morali e sociali.
Svincolata dalla politica. Perché non va mai censurato il discorso di
un uomo giusto e onesto
( dikaios ). Come ci ricorda la Fedra di Euripide, la parresìa è la
condizione di felice libertà garantita dalla buona reputazione, cioè dalla
consapevolezza della propria limpidezza.
Nonostante il valore attribuito alla libertà interiore nei dialoghi
platonici egli viene associato alla condizione di parresìa. Si riconosce in
Socrate il vero maestro capace di vagliare l’animo dell’interlocutore. In
definitiva la “ parresìa” è una pratica
fondamentale del basanizein, cioè del mettere alla prova l’anima.
Nell’Apologia di Socrate, testamento spirituale per l’umanità, Socrate
rivela ai cittadini la via verso la salvezza e la virtù << infatti io
me ne vado in giro facendo nient’altro che cercare di persuadere voi, giovani e
vecchi, che non dei corpi dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcun’altra
cosa, ma dell’anima, in modo che diventi virtuosa, sostenendo che la virtù non
nasce dalla ricchezza, ma dalla virtù stessa. >> Socrate
ricorda che il vero bene è prendersi cura non delle ricchezze e della fortuna,
ma di quel tesoro dell’anima che è la saggezza che è venuta meno in questa
giornata che sarebbe dovuta essere sotto un’unica bandiera e così ancora una
volta non è stato e mai lo sarà se non cambia il pensiero o la condizione della
parresìa!
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