Quel che rimane
Di Vincenzo Calafiore
13 giugno 2016- Udine
“ E, nell'impalpabile stasi silenziosa del sonno,
tutto si risveglia, gli amanti sono ricongiunti e Psiche volerà al cielo con
Amore e lì dimoreranno, felici, ... “
Se si potesse in
qualche maniera sentire il respiro della vita, non saremmo affossati dal peso
delle cose inutili addosso.
Se solo si potesse
urlare quel sentire dentro di tanto amore senza paura, non saremmo così soli!
Eppure così, coi
nostri confini invisibili dividiamo il tempo con altre persone sperando di non
essere delusi o traditi, supportati e confortati da un Dio buono a cui
fiduciosi nei silenzi andiamo a riparare nelle procelle di un quotidiano
convulso.
Ma immancabilmente
accade che a deludere a volte sarà la persona che più si ama a cui si è creduto
o l’amico, così si conosce l’apatia, il rifiuto, ed è come andare per margini
nella solitudine, nel distacco.
Il commercio degli
affetti è un redditizio mercato in cui si svolgono cortese compravendite al
dettaglio come fosse cosa normale dimenticando che di sentimento si tratta.
Abituati a non dare valore alla scansione temporale del quotidiano, come se
dovessimo aspettare il momento che verrà per vivere davvero questa vita. Non ci
rendiamo conto che la stiamo già vivendo nella sua implicita pienezza dandole
un’impronta originale e irrepetibile. Forse bisognerebbe fermarsi e riflettere,
pensare, un istante: sto dando valore alla mia vita, o la do per scontata? Il
tempo scorre intanto in un vivere di senso o privo di senso?
A volte succede che
il “ presente” o l’amico, la persona che si ama possono non essere più
rassicuranti, appariscono invece noiosi nel loro ripetersi. Se consideriamo la
routine quotidiana, gli incontri saranno soliti, scoloriti, anonimi. Se
viceversa siamo in grado di affrontare con umanità, le opportunità, la
sacralità del presente, ciò che scorre quotidianamente e monotono, si colorerà
di insolito e apparirà interessante. Era il 1985 e 1986! Ricordo le lezioni,
allora, di Remo Bodei, di Sergio Moravia, di Sergio Givone, di Aldo Giorgio
Gargani, di Cacciari, di Pier Aldo Rovatti, di Mauro Ceruti, di Maurizio
Ferraris, di Vittorino Andreoli. Prima che la filosofia diventasse spettacolo
ci s’interrogava - un po’ sulla falsa riga di quel che avveniva al San Carlo di
Modena - intorno agli orizzonti culturali contemporanei, si cercava di
comprendere il rapporto tra etica, politica, filosofia, si esaminava lo
sgretolarsi delle ideologie di fine secolo, s’indagavano risposte possibili
agli interrogativi dell’uomo contemporaneo nella post-modernità. Ci fu grande
interesse all’idea iniziale di Riccardo Tosi, e forse perché ancor freschi di
filosofia grazie anche ai nostri insegnanti come Adriano Vignali, dopo aver
incontrato a Pisa il prof. Aldo Gargani, avevano deciso di offrire a un
pubblico vasto ed eterogeneo riflessioni che fino allora erano di pochi studiosi.
Ricordo il grande
successo della lezione di Padre Ernesto Balducci (chi oserebbe oggi parlare di
uomo planetario?) ne conservo le sue note!
Oggi sembra che la
filosofia abbia conquistato un grande spazio nella società dello spettacolo e
mette a dura prova la cultura di questi anni un po’ oscuri. I filosofi possono
aiutarci a pensare e a ridare un senso profondo alle nostre azioni. Un po’ come
la meditazione, quella che rimanda all’idea di esercizio, di ripetizione, di
applicazione di tutto l’essere personale.
Verrebbe voglia di
dire: C’est la vie! In questo dissacrante e anonimo in cui come me tanti sono
costretti a vivere pietose manifestazioni di intelligenza e di cultura, altro
non è che polvere di pseudo!
Pervadono il cattivo
gusto e la demenzialità, l’ignoranza, la durezza, la scellerata violenza che
per sopravvivere costringono all’isolamento, al rifugiarsi in sogni che mai si
avvereranno, come quello di amare certi di non essere traditi o peggio ancora
messi da parte perché noiosi!
Concludo:
“Per gli antichi meditare è leggere un testo e impararlo a memoria con tutto il proprio essere, con il corpo perché la bocca lo pronuncia, con la memoria che lo fissa, con l’intelligenza che ne comprende il senso, con la volontà che desidera metterlo in pratica“. (Jean Leclercq)
“Per gli antichi meditare è leggere un testo e impararlo a memoria con tutto il proprio essere, con il corpo perché la bocca lo pronuncia, con la memoria che lo fissa, con l’intelligenza che ne comprende il senso, con la volontà che desidera metterlo in pratica“. (Jean Leclercq)
Nessun commento:
Posta un commento