domenica 12 giugno 2016



Quel che rimane

Di Vincenzo Calafiore
13 giugno 2016- Udine

“ E, nell'impalpabile stasi silenziosa del sonno, tutto si risveglia, gli amanti sono ricongiunti e Psiche volerà al cielo con Amore e lì dimoreranno, felici, ... “


Se si potesse in qualche maniera sentire il respiro della vita, non saremmo affossati dal peso delle cose inutili addosso.
Se solo si potesse urlare quel sentire dentro di tanto amore senza paura, non saremmo così soli!
Eppure così, coi nostri confini invisibili dividiamo il tempo con altre persone sperando di non essere delusi o traditi, supportati e confortati da un Dio buono a cui fiduciosi nei silenzi andiamo a riparare nelle procelle di un quotidiano convulso.
Ma immancabilmente accade che a deludere a volte sarà la persona che più si ama a cui si è creduto o l’amico, così si conosce l’apatia, il rifiuto, ed è come andare per margini nella solitudine, nel distacco.
Il commercio degli affetti è un redditizio mercato in cui si svolgono cortese compravendite al dettaglio come fosse cosa normale dimenticando che di sentimento si tratta. Abituati a non dare valore alla scansione temporale del quotidiano, come se dovessimo aspettare il momento che verrà per vivere davvero questa vita. Non ci rendiamo conto che la stiamo già vivendo nella sua implicita pienezza dandole un’impronta originale e irrepetibile. Forse bisognerebbe fermarsi e riflettere, pensare, un istante: sto dando valore alla mia vita, o la do per scontata? Il tempo scorre intanto in un vivere di senso o privo di senso?
A volte succede che il “ presente” o l’amico, la persona che si ama possono non essere più rassicuranti, appariscono invece noiosi nel loro ripetersi. Se consideriamo la routine quotidiana, gli incontri saranno soliti, scoloriti, anonimi. Se viceversa siamo in grado di affrontare con umanità, le opportunità, la sacralità del presente, ciò che scorre quotidianamente e monotono, si colorerà di insolito e apparirà interessante. Era il 1985 e 1986! Ricordo le lezioni, allora, di Remo Bodei, di Sergio Moravia, di Sergio Givone, di Aldo Giorgio Gargani, di Cacciari, di Pier Aldo Rovatti, di Mauro Ceruti, di Maurizio Ferraris, di Vittorino Andreoli. Prima che la filosofia diventasse spettacolo ci s’interrogava - un po’ sulla falsa riga di quel che avveniva al San Carlo di Modena - intorno agli orizzonti culturali contemporanei, si cercava di comprendere il rapporto tra etica, politica, filosofia, si esaminava lo sgretolarsi delle ideologie di fine secolo, s’indagavano risposte possibili agli interrogativi dell’uomo contemporaneo nella post-modernità. Ci fu grande interesse all’idea iniziale di Riccardo Tosi, e forse perché ancor freschi di filosofia grazie anche ai nostri insegnanti come Adriano Vignali, dopo aver incontrato a Pisa il prof. Aldo Gargani, avevano deciso di offrire a un pubblico vasto ed eterogeneo riflessioni  che fino allora erano di pochi studiosi.
Ricordo il grande successo della lezione di Padre Ernesto Balducci (chi oserebbe oggi parlare di uomo planetario?) ne conservo le sue note!
Oggi sembra che la filosofia abbia conquistato un grande spazio nella società dello spettacolo e mette a dura prova la cultura di questi anni un po’ oscuri. I filosofi possono aiutarci a pensare e a ridare un senso profondo alle nostre azioni. Un po’ come la meditazione, quella che rimanda all’idea di esercizio, di ripetizione, di applicazione di tutto l’essere personale.
Verrebbe voglia di dire: C’est la vie! In questo dissacrante e anonimo in cui come me tanti sono costretti a vivere pietose manifestazioni di intelligenza e di cultura, altro non è che polvere di pseudo!
Pervadono il cattivo gusto e la demenzialità, l’ignoranza, la durezza, la scellerata violenza che per sopravvivere costringono all’isolamento, al rifugiarsi in sogni che mai si avvereranno, come quello di amare certi di non essere traditi o peggio ancora messi da parte perché noiosi!
Concludo:
“Per gli antichi meditare è leggere un testo e impararlo a memoria con tutto il proprio essere, con il corpo perché la bocca lo pronuncia, con la memoria che lo fissa, con l’intelligenza che ne comprende il senso, con la volontà che desidera metterlo in pratica“. (Jean Leclercq)

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