Il vuoto della vita
Di Vincenzo Calafiore
28 Aprile 2018 Trieste
Il “ vuoto” della vita è una fossa di serpenti, in cui
cadendoci spero di salvarmi.
E’ una condizione strana, stesa come un velo che
avvolgendomi mi estranea dal resto della vita; non lo capisco e neanche mi
viene voglia di esplorarlo,sicuro di non venirne a capo di nulla.
E’ il luogo dove io non sono né rappresentato né residente,
vivo da invisibile e lì, proprio lì incontrare gli errori o gli abbandoni o la
strana sensazione d’essere solo.
Non ci sono in quella stanza o fossa, pareti che possano
reggere il “ peso “ delle immagini più care racchiuse in forme ovali o
circolari; come fossero pezzi di vita di altre vite appartenute e perdute o
ancora in forma di appartenenza e so che ciò è solo una giustificazione buona a
reggere il peso di questa informe solitudine.
Ed è lì che s’incontrano preghiere e imprecazioni, felicità
e dannazione, disperazione e saggezza, sogno e realtà! Uno strano miscuglio o
semplice mescolanza a duplice circostanza.
Che mi fanno essere “ scimmia” o umanoide appeso a un ramo
sottile : Il filo tra me e la vita!
Almeno ci fosse lei in questa mia sbornia, in questo mio
malessere velenoso che semina soli che solitudini e tristezze; a porgermi una
mano per risalire il fosso, e invece usare le unghie conficcate nella terra e
palmo dopo palmo tornare in superficie.
A volte non mi riconosco neppure io stesso che tutte le
mattine al mio riflesso gli sussurro
“ ben trovato “ perché io non sono più io ma un altro al
posto mio, in vece mia a rappresentarmi in questa compagnia di artisti di
strada, pezzenti e mendicanti per sopravvivenza stessa.
Mi addormento sicuro di ritrovarmi e accade il miracolo al
mio risveglio non sono io ma un altro che ha preso il posto di quello che ero, o
dell’ultimo che ero.
E Tu, quale ami o hai amato?
Sono gli occhi e il cuore i fautori dell’inganno che
soggiogano e a volte umiliano, offendono il senso del vivere, dell’amore alla
vita.
Sono stanco.
Stanco di inventarmi ogni giorno con parole nuove per rimanere,
di camminare su strade che non conosco con la strana
sensazione addosso di non poter ritornare.
Sono io che mescolando le carte malamente faccio uscire per
prima le più belle e importanti e trattenere le più insignificanti; e allora
dov’è il senso di questa partita se a vincere è comunque lui il “ vuoto” ?
Un coltello, una tenaglia… uno taglia e l’altra estrae… un
po’ come il mare che si emoziona se solo appena lo guardo e mi regala ciò che
non ho! Ma alla stessa maniera mi porta via in altri vuoti se solo non lo penso…
e quanto rassomiglia alla vita!
E come mai non ho paura del mare e della vita si?
Cos’è che mi allontana da essa?
Cosa mi costringe di notte a vagare nei vicoli bui delle sue
città sconosciute?
Ma, lei dorme serena… nella sua serenità chissà se ci sono
io! Una domanda che non ha risposta, ma quel che è certo è che io ancora in
mezzo al mare annaspo per trovare un appiglio, o una mano che mi sollevi dalle
spire di una sensazione traguardata nei confini dell’esistenza.
Forse sarà amore, amore per la vita…. e tu là in quella
lontananza dalla quale non mi giungono nemmeno gli echi né le possibilità di
sfiorarti, avvicinarmi a te !
Che comunque in me sei luce e lontananza, distanza e
imprecazione, malessere e dolore! Tutto in un insieme diverso di diverse
entità, diverse emozioni.
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