Entro a volte, nei suoi sogni
Di Vincenzo Calafiore
14 Luglio 2020 Udine
“ ….. ora che si sono placati
i rumori, i frastuoni delle tempeste.
Mi guardo attraverso questi specchi
che sono le mie pagine, e mi vieni in mente tu
che non mi ascolti, che non mi leggi.
Sono diverso, in quegli specchi frantumati
e sarò diverso ogni qualvolta che mi leggerai
diverso per ognuno che proverà a leggermi.
Questo è il segreto di chi scrive, non di uno
Scrittore, ce ne sono troppi e tutti lì
pronti alla scalata, al successo a qualsiasi costo.
Io scrivo e basta. “ ( Citaz di Vincenzo Calafiore)
( Proprietà letteraria riservata )
Quante volte ho pensato di
andare via e non tornare più. Scappare dalle realtà che uccidono e far perdere
le mie tracce, per andare in un luogo molto lontano e ricominciare una nuova
vita, senza bagaglio; una vita solo mia, vivere davvero!
E che a volte a questa vita
manca il senso, ecco perché ti scrivo da qualunque mio ovunque, mi guardo
attorno e vedo gente tutta uguale, che si somiglia in tutto. C’è chi cammina a
testa bassa guardando un telefono, c’è chi non si ferma mai a guardare il
cielo, il mare.
Io invece sono qui attorno ai
suoi occhi a farmi mare, cielo.
La mia attesa è una lunga
processione di istanti tutti con il calore dei suoi occhi, dei suoi sorrisi.
Entro a volte nei suoi sogni!
La vita come il mare a volte
allontana invece di avvicinare, è quando finirà la tempesta che probabilmente si renderà conto di averla
attraversata uscendone malconcia; non saprà mai se la tempesta sia finita del
tutto, si troverà ancora essere nel vento.
A sera sempre torna dal mare
e ne ha la voce roca del gabbiano, sempre dagli occhi di un gabbiano guarda il
mondo ove ormai più non vivo; e testa bassa come il cielo basso di nubi mai
stanche di muoversi.
Ogni volta torni a farmi
rivivere come cosa antica, ormai lontana dal tuo cuore.
Già sapeva il cuore.
Come buoni amici,parliamo con
la stessa voce e viviamo in terre diverse sotto cieli poveri cerchiamo il sonno
della morte con la stessa pena, con lo stesso sguardo da gabbiano.
Fummo fatti per questo: per
amarci!
Ma non è più, braccia, ne
mani, ora si dibattono invano nel silenzio di certe distanze che s’apprestano
al lento ricominciar della morte, come cosa disconosciuta e ignota, che qualche
volta sembra rinascere dal mare.
Ho capito che mi piace molto
aspettarti, mi piace pure quella mancanza che fa male, ma c’è, esiste.
Mi piace quel mio guardarmi
intorno nell’inganno d’aver udito la tua voce, pensando cosa potrei trovare
negli occhi suoi, mi guarda distante e arcigna senza nulla dire, la morte che
sveste i silenzi.
Se il mare appartiene a chi
sa ascoltarlo, io apparterrò a chi saprà amarmi, parla a chi capisce il suo
linguaggio. Da la forza a non arrendersi mai, e insegna facendo vedere come supera
gli scogli, come si abbatte contro i muri di alte scogliere.
Entro a volte nei suoi
sogni….
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