Quando scrivere significa partecipare alla vita
Di Vincenzo Calafiore
14 Agosto 2023 Udine
“ … in viaggio
su una zattera
in un mare grande, a volte
troppo, in cui è facile perdersi, smarrirsi,
questo mare, narrazione d’una vita
slegata e smarrita ….”
Vincenzo
Calafiore
Lo sguardo attento e
visionario dello scrittore centrifuga le visioni alterandone con la sua abilità
i termini, i limiti, rendendo tutto fluido ove le forme si evolvono le une
nelle altre e quello che prima era vero diventa falso, e il falso diventa vero,
facendo – deragliare – i tragitti del pensiero conosciuti negli aspetti segreti
del quotidiano seguendo piste oblique del visibile che portano all’interiorità,
al nucleo vitale dell’esistenza stessa.
Per rimanere oggi in questo contesto odierno occorre
non palesare quella forte sensazione d’estraneità, costruirsi insomma una realtà diversa, dove tutto è
sfuggente, superficiale, infinitamente ipocrita.
Sono troppi i muri delle
apparenze, troppe le maschere indossate per l’occasione dello spettacolo che
riduce tutti a fantocci con la stessa maschera.
Ma c’è, ed esiste una dimensione fatta di lontananza
da questo idiota disumano teatro del nulla, una dimensione che bisogna imparare a vivere con consapevolezza, per
allontanarsi sempre più da questa immane bruttezza.
Quindi la distanza è una necessaria meravigliosa
risorsa dell’anima!
Questa vita odierna a me pare
“ un’allucinazione disperata “ per opposto può essere anche quella dei
sognatori in fuga, colti o sorpresi nel loro vagare verso mete di diverse
emozioni, di nuovi orizzonti proibiti; da questa odierna narrazione di una
realtà simile a una Colonna Infame, emblema d’odio e paura verso il nuovo e il
diverso pensiero, che da lontano arriva a turbare gli animi imbecilli dei
fantocci di questo odioso sistema.
Sono una marea di storie
personali che del viaggio sentono il dramma, nel confronto cercato con le
questioni irrisolte dell’oggi che d’esistenza non hanno proprio nulla.
E’ tutto così maledettamente
circoscritto, tutto in una parabola discendente, deludente, degradante. E’
viene da questi fantocci difeso come se fosse la cosa più preziosa, mentre non
lo è affatto: è solo che una lurida, schifosa ipocrita menzogna, non è vita, è
una vice vita, quella vera è andata perduta, diluita in questo suo stesso
surrogato.
Allora l’ultima fiaba che si sta per scrivere, come
metafora di un orientalismo rappresentativo di culture che s’incontrano sui
temi più cari dell’ingenua bellezza e della spontanea allegria, sospesi su
immaginari molteplici e su variegate emozioni, che del viaggio mai smarriscono
il sogno!
Allora sì che è vita!
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