SENECA
DI VINCENZO CALAFIORE
10 Agosto 2023 Udine
Lucio Anneo Seneca
(in latino: Lucio Anneo Seneca; Corduba, 4 a.C. – Roma, 19 aprile 65), anche noto semplicemente come Seneca o Seneca il giovane, è stato un filosofo, drammaturgo e politico romano, tra i massimi esponenti dello stoicismo eclettico di età imperiale (nuova
Stoà). Attivo in molti campi, compresa la vita pubblica, fu senatore e questore durante l'età giulio-claudia. Condannato a morte da Caligola, fu graziato
dall'intervento di un'amante dello stesso imperatore. Venne più tardi
condannato alla relegatio in insulam dal
successore Claudio, che poi però lo
richiamò a Roma, dove divenne tutore e precettore del futuro imperatore Nerone su incarico della madre Giulia Agrippina Augusta. Dopo
il cosiddetto "quinquennio di buon governo" o "quinquennio
felice" (54-59), in cui Nerone
governò saggiamente sotto la tutela di Seneca, l'ex allievo e il maestro si
allontanarono sempre di più, portando il filosofo al ritiro a vita privata che
aveva a lungo agognato. Tuttavia, Seneca, forse implicato in una congiura contro Nerone, cadde vittima della repressione dell'imperatore,
scegliendo il suicidio.
Parlare
di Seneca è molto complesso, ma è forse di entrare nella sua concezione
dell’anima, all’interno del suo pensiero filosofico che fa emergere, da un
lato, la sua fondamentale ortodossia nei confronti dello Stoicismo, dall’altro,
il suo contributo.
Miseria
e grandezza dell’uomo:
L’espressione “ Humana condicio “, si trova per la prima
volta in Cicerone, avrà una straordinaria risonanza in Occidente, solo con
Seneca, che ne farà un uso insistente per indicare una sola cosa: l’ambivalenza
costitutiva dell’uomo. L’uomo quindi è l’essere problematico per eccellenza: si
interroga su tutto, e quando posa lo sguardo su se stesso, scopre di essere
multiforme. “ NEMO SUUM AGIT, CETERI MULTIFORMES SUMUS “ .. nessuno si attiene
a un solo ruolo, siamo tutti multiforme, cioè desiderosi di assumere sembianze
diverse; per questo cambiamo maschera di volta in volta fino a non sapere chi
siamo o a non riconoscerci.
Ma
come riconoscere un volto dietro le molteplicità delle maschere?
Fino
dall’opera prima, “ Ad Marciam “, Seneca ha scelto per la sua filosofia un
punto di partenza molto difficile, benché avesse a sua disposizione un solido
baluardo, il sistema stoico, non si è messo al suo riparo per far tacere
l’incertezza e il rischio che caratterizzano l’avventura dell’uomo nel cosmo.
L’uomo è una creatura che nasce debole, fragile, nuda, priva di difese naturali
è bisognosa di aiuto altrui. “ Quocunque se movit, statim infirmitatis suae
conscium”: in qualunque direzione si muova l’uomo ha subito coscienza della
propria debolezza” e la sperimenta a ogni passo perché non è cosa da deporre ad
altri. L’ignoranza, la malattia, la certezza irrefutabile della morte… che cosa
è, dunque l’uomo? Un vaso che si rompe alla più piccola scossa.
Nell’immensità
sconfinata dello spazio, nella serie dei secoli passati e quelli che verranno,
l’uomo non è che un “ punctum “ un punto
impercettibile, e la sua vita breve come un sogno, sprofonda in un imperfetto
attimo.
La
finitezza dell’uomo, la sua contingenza, l’improrogabilità della morte sono,
dunque, le prime acquisizioni del percorso filosofico di Seneca. Ma l’uomo è un
paradosso vivente, situato ontologicamente al punto di congiunzione della
parola con l’inespremibile, della
speranza con la disperazione, del finito con l’infinito, dell’eroismo e della
meschinità sordida, del sapere col non sapere, della vita con la morte.
La
duplicità dell’uomo si manifesta ovunque, così diventa inevitabile che ogni
domanda sulla sua natura e sulla sua vita si presenti in forma di dilemma.
Seneca
ha avvertito fortemente la presenza del male nella vita dei singoli e nella
società; tuttavia. E pur sempre all’uomo, e solo a lui, che è data la
possibilità di “ trasfigurare” la sua esistenza!
Dio
ha voluto, che noi riconoscessimo la gloria della sua opera e ha immesso in noi
un ardente bisogno di “ conoscenza” vera molla del nostro viaggio in ogni
campo, verso l’ignoto, verso l’infinito.
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