mercoledì 14 agosto 2024


 

O’ SCIA’

 

Di Vincenzo Calafiore

15 Agosto 2024 Udine

“…. Sai cosa c’è?

C’è il bisogno di parlare, avere

qualcuno che ti sappia ascoltare.

Io ho smesso di parlare e se succede

parlo senza abbassare gli occhi, non

per paura, ma perché semplicemente

guardo più in là, dove è inutile

appostarsi per aspettarlo.

Guardo il mondo da dentro i miei occhi

e per questo mi sento sempre più solo …. “

                              Vincenzo Calafiore

 

 

Guardo il mondo da dentro gli occhi, questo mondo dove sono nato e finirò i miei giorni. Qui è tutto provvisorio, è come se ogni individuo abbia già dal nascere il suo ruolo; da questa prigione non si scappa.

Per sopravvivere mi sono inventata un’altra vita, dove posso pensare a un mondo diverso, posso anche vederlo, da qui, dal buco di mondo dove sono rinchiuso e se ne parlo ti danno del pazzo, non ti aiutano a crederci.

Gli altri, quelli con cui è difficile parlare o averci a che fare ti ricordano quello che sei in ogni momento, ti ricordano che non sei come loro!

Questa per me è una grande fortuna.

Che cosa è la vita?

Di queste domande che si rincorrono nella mia testa sono tante, sono lunghe fila di prigionieri senza patria e senza amore tra le vie di città piene di imbecilli. A me stesso rimprovero l’inutile esistenza, e l’incapacità dei miei occhi che invano desiderano e cercano la luce lontani dalle guerre sempre più rinnovate, sempre più attuali.

A me stesso rimprovero i meschini giochi d’una esistenza, vicino alle follie, alle sofferenze attorno, i miei e degli altri i vuoti e inutili anni vissuti senza amore … la domanda ahimè è sempre la stessa: cos’è la vita, ricorre in mente mia e che cosa c’è di buono in tutto questo?

Uno come me davvero non ci può stare in questo mondo, e qualche volta vorrei andarmene tanto mi ha stancato.

Le notizie del mondo, quelle che ci dicono sono sempre le stesse, non cambia nulla davvero!

Della mia vita mi sono rimaste impresse poche emozioni, senza data; il mio tempo è una misura breve.

I cerchi dei giorni si ripetono, ritornano quelli che erano passati, e si sovrappongono gli uni sugli altri in maniera imperfetta e lo spazio tra uno e l’altro sono il mio prima e il mio dopo.

Il tempo è breve, quanto il mio essere O’Scià, un respiro, che a volte non appartiene a nessuno.

Lo stesso” momento” che mi sono inventato non è mai tornato, niente fa ritorno.

Gli occhi della vita possono anche ferire, guardandomi. In me è molto forte la consapevolezza di essere parte di un luogo, di un giorno, di un attimo, cose che non appartengono al mondo, nel quale uno come me deve giustificare la sua presenza, il suo provare a passarci.

Mi sento e vivo da estraneo, a volte non mi riconosco o faccio finta di non riconoscermi. Chiedo a qualcuno se conosce O’ Scià …  o cambia discorso o fa finta di non capire!

Solo uno mi ha detto: ho conosciuto tempo fa un uomo che mi ha parlato tanto e solo del mare …. Può darsi che lo abbia cercato con il nome sbagliato, penso.

In certi momenti ho avuto l’impressione di essergli stato molto vicino, di essermi ritrovato … ma ho visto una barca in mare battuta dalle onde, c’erano a bordo tre persone e uno di loro stava a poppa in piedi, perfettamente immobile.

Era O’ Scià!

Solo lui può rimanere immobile tra le onde come se non lo riguardassero: era questo il significato della vita!

 

 

 

 

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