La paura di guardarsi dentro
Di vincenzo calafiore
12 Ottobre 2016 Udine
“ Se temete la
solitudine, non sposatevi!
( Anton Cechov) “
Porto via con me
sempre il mio buon libro che tiro fuori nei momenti lunghi dell’attesa, in
aereo, in treno; un libro che leggo e rileggo da una vita: “ La mia memoria, la
memoria di Moby Dick “ e non bastano mai i giorni per leggerlo.
Sfogliare le sue
pagine è come porre una resistenza passiva al gioco degli uomini fino alla
depressione e alla follia.
Si tratta di quel
rifiuto radicale che portiamo spesso dentro di noi, della “ nullità del vivere
se non ci si guarda dentro .”
C’è il desiderio, la necessità di comprendere
tutte le distanze che via via sono state create che allontanano per una banale
o forse voluta incomprensione dell’altro, dell’altra, che anima la qualsiasi relazione, spinti anche da tensioni
mai sopite.
Per questo ci
portiamo dentro quel rifiuto conscio o inconscio, quella paura di guardarsi
dentro!
Succedono cose strane
con le parole e quando si legge il libro dell’uno e dell’altra saltano fuori le
inquietudini e sembra di leggere il proprio diario …. Qualcosa che non c’è, ma
che si avrebbe voluto, potuto, scrivere. E’ qui.
L’errore sta nel
volersi sentire protagonista e non un semplice trasmettitore per donare la
qualsiasi emozione, per questo essere < trasmettitore> non è cosa
difficile, ma,anzi, molto piacevole.
Riemerge il diritto
di leggere le pagine del nostro diario, leggere ad alta voce importante quanto,
se non di più, di quella tradizionale silenziosa.
Quindi leggere a voce
alta per farsi ascoltare ma anche ascoltare l’altra/o.
Ci sono le proprie
solitudini e della propria solitudine si hanno delle percezioni particolari,
del tutto personali.
Per alcuni essa
rappresenta un fatto monocromatico ( è un argomento che già trattai tempo fa),
qualcosa che non cambia mai di tonalità e quando ne avvertono il sopraggiungere
vengono colti dallo stesso sgomento che proverebbero di fronte all’imminenza di
un evento minaccioso.
Forse è importante
più di ogni cosa guardarsi dentro prima di “ giudicare” reperire un’ulteriore
modalità di comportamento che porta a considerare ed accogliere della nostra
solitudine l’aspetto di mutevolezza. Chi è capace di sentire quanto possa
essere preziosa la sua modulazione, è anche in grado di considerare l’altro/a,
di considerane, oltre alle note melanconiche di quando diventa dura e struggente,
anche la fecondità dei momenti in cui essa suscita tranquillità, calma,
possibilità di dialogo col più autentico amore.
E ciò in quanto la
paura di guardarsi dentro rappresenta il più delle volte la molla che fa
scattare il timore del silenzio, identificato col “nulla”, col vuoto
esistenziale.
“ Solo “ potrà
definirsi colui o colei che, oltre a prendere le dovute distanze dagli altri,
evita di entrare in contatto con se stesso se stessa, per fare i conti con le
proprie emozioni e valutare le proprie scelte.
Se ogni individuo
riuscisse infatti ad interrogarsi sul perché non riesce a star solo/a, potrebbe
allargare il quesito fino a chiedersi perché non sappia stare in armonia con
gli altri.
Probabilmente
osserverebbe che la responsabilità è tutta sua e non degli interlocutori o compagni
di viaggio. D’altra parte, di persone che vivono male la solitudine, come pure
le relazioni, è pieno il mondo.
Ma è pur vero che
spesso una tale condizione e constatazione rappresenta solo una difesa e,
quindi un ulteriore passo verso la già descritta strategia di < evitamento
>.
Se gli incontri
interpersonali si realizzassero sotto l’auspicio del riconoscimento reciproco,
e se la gioia del donarsi si coniugasse con un analogo atteggiamento dell’altro/a,
potrebbero nascere rapporti autentici, privi di paure e pregiudizi, vivificati
dal piacere della condivisione del proprio corpo…. Quello che tutti
desideriamo: amare e essere amati per quello che siamo e non per quello che
potremmo essere, fare l’amore per il desiderio di sentirci fusi in una sola
unità durasse anche solo un attimo, ma autentico, puro, vero, unico; lontano
dalla scadente volgarità espressa a volte in centimetri e diametri, duratura!
Cercando l’amore di sé
continuamente nella conferma di un “si” di un ti amo!
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