La felicità in un pugno
Di vincenzo calafiore
14Novembre2016 Udine
Per uno come me
abituato più alle “ spiagge “ che piuttosto ai “ lidi ”
e alla ricerca della genuina Arte di fare teatro, trovarsi dinanzi ad una
interpretazione fuori dagli schemi e dalle solite “ regie “ metodiche e fine a
se stesse è stato come uno scatto d’autore.
Dunque gli attori ma
meglio definirli gli “ affabulanti “ che
sul palcoscenico o meglio
“ tavolaccio ” , si sono mossi no seguendo uno
schema preciso ma come fossero per strada tra la gente, fanno parte del: Gruppo
Teatrale Pari Opportunità della Carnia
Ognun la conte a so mut
“ Melie Artico dai Lops “
“ Ognun la conte a so mut “ Ognuno la conta a suo modo o a modo suo! E’
questo il punto di partenza ma di arrivo allo stesso tempo dopo tanti anni di
tavolaccio di teatri di paesi e contrade, di periferie, ma non importa questo
poiché il calore di questi luoghi di pura poetica sperimentazione; non lo si
troverebbe su uno di quei tavolacci blasonati….. quelli con la puzza sotto il
naso, per meglio intenderci.
Dunque, “ ognuno la conta a modo suo “, è un’idea
geniale venuta a Dino Persello
( e menomale) perché si tratta di una visione
innovativa del fare teatro o meglio recitazione.
L’idea di per sé è geniale perché gli attori
non sono attori, ma neanche recitanti, sono dei funamboli appesi alle parole
pronunciate come stessero leggendo pagine di un libro; questo è spirito libero,
arte da apprezzare standosene seduti lì davanti a loro e allo stesso tempo
farne parte integrante dello spettacolo.
Quindi è come se in quel preciso momento ci
fosse un coro a due voci, platea- palco e viceversa!
Con gli attori che interagiscono con il
pubblico, piuttosto che separati da immaginario spazio.
Una sorta di umorismo e ironia, da strada… la
più genuina, la più vera, quella che tornando a casa fa pensare a qualche particolare,
a qualche espressione, a qualche brivido di emozione. Forse è ciò che conta
poiché quei funamboli delle fiabe di questo si nutrono e non chiedono nulla di
più se non un po’ di felicità in un pugno, l’applauso! , per sentirsi ancora: Artisti di strada, uomini
e donne liberi dal limite della concettualità restrittiva che è l’idea del
teatro ancora troppo di schemi già collaudati e superati.
E’ di ascolto che si tratta, ma anche di
conoscenza, del ricordare, del comunicare, di saggezza popolare, di fresca
bavisela, di popolare, di autoironia, ma soprattutto di riflessione.
Dino, Elia, Elsa Livia, Nives, Marta,
Rosalea, Solidea, Celestino, come mare si muovono per raccontare e parlare con
la gente della Carnia, della loro
Carnia, quella intima e preziosa, fatta di vette bellissime e boschi, valli
incantate, ma di storia, di violenze e distruzioni, lutti, occupazioni subite e
vissute come terre di confine, come terra di mezzo tra due cani che lottano per
un pezzo di osso, ma anche di solitudine di isolamento, è qui che sta l’anima è
qui che giacciono i ricordi. Ma raccontano anche la Carnia operosa, la Carnia
che se appena ti avvicini te ne innamori perdutamente.
Allora si che le note della chitarra classica
di Marta ne diventano la colonna sonora, assieme alla voce da mezzo soprano di
Livia, ma anche per ricordare colei che non c’è più e che ne ha fatto parte ed
era una carnica: la Elsa Martin!
La bravura di Dino Persello sta in quel
dialogo a ruota libera, quella magia che ha il familiare, l’amica incontrata,
della simpatia che si instaura in ogni piccolo o grande teatro tra i recitanti
e la platea!
E’ questa è una buona se no ottima idea per
fare teatro, cioè l’uscire fuori dagli schemi, dalla solita commedia dai toni
drammatici, pesanti come drappi polverosi e ammuffiti a una parete! E’ uno girare pagina, con una
forma innovativa almeno per me che per tanti anni ho calpestato quei tavolacci,
recitando monologhi a braccio, inventandomi parole per un incanto da tenere
dentro una vita: il respiro lento, il patos, la poesia di un applauso che fa
dimenticare le fatiche dei trasferimenti, il freddo, e la mancanza di riposo!
Ma questa, è un’altra storia!
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