Oltre i confini
Di Vincenzo Calafiore
3Novembre2016 Udine
Sai che svegliandoti,
troverai ad attenderti le cose lasciate, fra queste le peggiori sono quelle
incompiute che muovendosi corrodono e portano via parte di noi; ma ci sono
anche le cose belle, o le persone che più ami a cui andare e che ti restano in
testa, stanno lì e ti raccontano, si raccontano e, fanno di te la cosa più
preziosa della loro vita.
La vita comincia là
dove finiscono e nascono i sogni, i pensieri, i grandi sentimenti.
E’ una sfida continua
il sopravvivere alla quotidianità, come lo è l’amore per la nostra vita stessa
che bisognerebbe essere al di sopra di ogni dubbio, della presunzione, di
quelle “ verità presunte” divenute assolute, dell’abitudine secolare di pensare
all’altro come un qualcosa da conquistare e derubarlo di tutto perfino
dell’anima.
E’ l’atteggiamento
inutile dell’uomo che spera di portarsi ovunque il suo bagaglio di cose inutili
senza apprendere che nulla può essere più vero, autentico dell’amore; a volte a
salvarci dalla nostra stessa inutilità è quel senso che è più dei poeti e
viaggiatori, che io forse abusandone ho avuto modo di chiamare “ altrove”.
E’ una conoscenza
degli altri e attraverso questi, conoscere se stessi per vincere l’indifferenza
radicata in noi; ma c’è sempre la necessità umana di alimentare la coscienza
con un “altrove”, il senso in più che da sé si alimenta nelle coscienze di chi
nel proprio prossimo si identifica.
Allora si può viaggiare,
anzi bisogna viaggiare sempre nel corso della nostra esistenza, approdando a
lidi distanti dal proprio, per cogliere occasioni propizie e rendere bella la
vita.
Ma anche chiedersi
cosa farsene di una vita piena di paure, di ossessioni, di una vita sprecata
nell’inutilità e nel massacrante gioco del quotidiano?
Che farsene di una
vita se non si è capaci di cavalcare un sogno?
Che farsene se non si
è all’altezza di accettare l’idea che la terra è di tutti, come lo è l’amore,
che farsene se poi si debba vivere col peso e il rimorso di una decisione che
potrà cambiarla totalmente in bene o in peggio se non si è all’altezza di
prenderla?
E’ dunque importante
dare un senso al nostro viaggio, viaggio vissuto come attimo prolungato di
fascino e mistero, fino al punto da diventare fatto di coscienza o
semplicemente sentimento; nella stessa misura in cui l’altrove non sarà tanto
un luogo da raggiungere, quanto un grande desiderio di amare.
Perché allora non
vivere la propria vita al plurale, invece che io, noi!
Perché non fare il
nostro viaggio in modalità sempre diversa, con una maniera di muoversi nella
propria vita scoprendosi poi meno intruso e più complice?
Si spiegano così le
innumerevoli possibilità di chi del proprio viaggio verso nuovi altrove vuole
farne una vera ragione di vita: viaggiare per cantare la musica altrui,
ballare gli altrui
passi
declamare gli altrui
versi
amare per poter
cavalcare il sogno, il proprio sogno.
Sorge una visione
franta in aree di commozione di sagome errabonde, ove le parole si coagulano in
frasi brevi come un ti amo che è invece un verbo! Colonna sonora che non va
oltre l’immagine inchiodata allo scatto dell’epigrafe, ma può essere un treno
lungo che porta lontano carrozze piene di malinconia.
Forse il “ nulla “
avrà alla fine il suo sopravvento, e ci sentiremo essere in un lungo viale
alberato in autunno …. Colorato si, ma triste, pieno di vento, che ci solleva
come foglie morte in vortici sempre più incalzanti, sempre a pochi centrimeti da
terra, mai a toccare il cielo!
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