domenica 6 novembre 2016



Poeti viaggianti


di vincenzo calafiore
6Novembre2016Trieste

….. non chiuderti come fiore di notte alla vita! Lascia che sia tutto e sempre sogno! Solo così potrai dire: io ho vissuto! “
                  ( vincenzo calafiore )
Abbiamo camminato lungo strade che si adagiavano come una sposa lungo il mare, io e lei con lo stesso sogno, la stessa meta; strade che salivano e scendevano, quasi a scivolare fin sulla riva di scogli e rena bianca.
Tra suoni di conchiglie e sassi rotolanti che la risacca con maestria alzava in cielo, c’era una luce splendente, pregna d’essenze lontane, di musica lontana, e di parole di diversi colori come coriandoli portati dal vento.
Era lento il passo, impronte che diventavano tracce di sperata umanità, da seguire per un incontro, per un parlare con coloro che non ci riescono più, per donare amicizia a chi non l’ha.
Si c’era allora nell’aria una melodia che nell’andare in sottovoce la si cantava era una magia che faceva bene e, trasformava in coriandoli che vorticando in quella sospensione portavano luce e colori!
Che tempi quelli!
Le notti attorno ai falò predatori del buio, per chi in balia di un mare bastardo erano fari verso cui nuotare, tanti non ce l’hanno fatta, altri sono giunti a noi per unirsi e continuare il viaggio su questa terra che a volte si sveste di poesia e cangia i colori, sperde la musica. Ci fosse  rima si potrebbe inventare una filastrocca, da raccontare ai bambini prima di metterli a dormire; ci fosse amore lo si potrebbe fare prima di addormentarsi stretti in un abbraccio per svegliarsi con un approccio diverso con la vita.
Sono strade che attraversano città vuote e paesi abbandonati, cimiteri di tante umanità perdute! E’ strano il desiderio di rimanere invece vicino al mare più che andare là dove ogni cosa è pregna di grigiore; strano il desiderio di fare della propria vita piazza in cui incontrarsi per scambiare doni, parole e musiche, per andare a vite nuove.
Eravamo una fila lunga di giocolieri e saltimbanchi, pagliacci, cavallerizzi e domatori, mangiafuoco, funamboli sospesi su un filo tra sogno e realtà, tutti con le braccia al cielo in equilibrio su un baratro disperato.
Una carovana di circensi di razze diverse, ma di tanti sogni, di tanta allegria, di tanta vita.
Ora che il mare abbiamo lasciato alle spalle ci addentriamo in città sconosciute e di grandi solitudini, di poche finestre e porte sbarrate, acceleriamo il passo con gli occhi chiusi per non vedere, per non ascoltare lamenti di sogni spezzati e impigliati negli angoli di cieli ancora da farsi.
Camminiamo spediti per incontrare nuovamente il mare, un mare sempre più distante, sempre più miraggio!
Io e lei, assieme sottobraccio, nello stesso sogno.
Amore quale sogno sei? Quale sogno sei che mi costringe a rimanere in un attesa, dentro un si? Amore che vai e torni come una marea?
Se la vita è sogno, tu sei vita! Una vita sempre da cominciare, da sognare, da amare. Ma sai che tu vivi fino a quando io sarò mare, fino a quando io sarò mano; sai di vivere e di essere fino a quando noi siamo verbo, o coriandoli d’una felicità intima e preziosa!
E’ questo l’amore, è questo il significato di quell’andare e tornare sempre costeggiando il mare!
Se tu vuoi felicità è al mare che devi andare, vacci senza paure, senza timori, vacci per una nuova vita che sia amore e non importa quanto, ma che sia onda capace di travolgerti con l’emozione, con un bacio, con una stretta al cuore, amore che sia vita.
Là fuori cade silente la pioggia mentre s’appresta l’alba e io sono ancora qui a ricamare sogni da funambolo che sono, vado su un sospeso di inquietudini, mentre la pioggia mi scolora come fossi una pagina che mano di bambino ha colorato con i colori più belli … che sciogliendosi colorano e lasciano scie di arcobaleni.
Sono come una barchetta di carta che vola veloce su rivoli che costeggiano i marciapiedi, una barca che galleggia fino a quando appesantita di nulla scomparirà inghiottita!
Si è fatto giorno e torno a chiudere gli occhi fino al prossimo Sogno!

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