Ad uno a uno sotto un
cielo disattento
Di Vincenzo Calafiore
29 Agosto 2017 Udine
( Cento pagine in una)
“ … se amarti significa
ricordare
io voglio ricordare, a te
voglio tornare
ogni sera come gabbiano
solitario
che si lascia un mare in
tempesta alle spalle… “
Vincenzo Calafiore
La cosa peggiore è rimpiangere la felicità e capita
all’improvviso, in quel vuoto di tempo che quando si manifesta è un mare grosso
che ingoia ogni cosa.
Così mi sono ritrovato annegato in un bicchiere di neve,
quando aprendo la porta trovai l’alito dell’assenza è stato come una bava di
vento leggero quasi incapace di sollevare un foglio di carta o rubare polvere
da un mobile.
Mancava qualcosa e non capivo cosa, c’erano tracce di
trascorsa felicità in quelle foto appese a muri quasi cadenti; si sente
l’assenza con tutto il suo vuoto.
In settembre da queste parti il sole una volta superato il
promontorio dei quattro venti, si precipita velocemente dietro la linea
dell’orizzonte, rassomiglia a un uomo che desidera solo di gettarsi tra le
braccia della donna amata al crepuscolo.
Come le vele si piegano e cadono afflosciate, vuote di vento
attorno all’albero di una barca che rientra al porto, al sicuro; così immagino
il tempo mio che riducendosi accorcia le distanze, pochi margini, pochi spazi,
poca vita nella memoria che la ricorda diversa.
Ed è un continuo cercarsi di memoria e ricordo, in mezzo, in
quella terra di nessuno, io che assisto senza nulla poter fare agli sfilacciati
e sfuggevoli lampi di antiche battaglie!
Così come un cercatore sa fare spreco il tempo mio alla
ricerca di una felicità che esisterà solo nella mia fugace immaginazione; è una
dannazione a cui non si può sfuggire, se amarti significa ricordare io voglio
ricordare, a te voglio tornare ogni sera come gabbiano solitario che si lascia
alle spalle un mare in tempesta, torno a te tra le tue braccia che un tempo
erano e significavano amore, certezza, futuro, vita, vecchiezza, fine.
Amarti fino alla fine dei giorni miei!
Era un mio sogno prezioso, custodito e affrancato da una
certezza altrettanto preziosa, poi come in un teatro repentinamente nella
brevità impercettibile lo scenario cambia e mi ritrovo in un inferno a cui
volendo sfuggire nuoto in un mare che a volte voleva annegarmi.
Manca qualcosa e so cos’è, ma lo negherò anche davanti a Dio!
In questa casa di muri tristemente ammuffiti che scolorandosi han lasciato le
voci sospese nell’aria di un mattino, di un giorno più da dimenticare che da
ricordare.
Come spiegare al cuore che qualcosa è andata perduta per
sempre?
Come dare luce a occhi che piano diventano neve?
Così ritorno come gabbiano in porto al tramontar di stelle e
mi ritrovo negli stessi scenari, di un tempo che ti videro felice correre in
braccio a me…
Vivo e muoio in questo inganno come attore dietro le quinte
cercando di ricordare le battute o i lunghi monologhi, solo davanti a uno
specchio perduto in un soliloquio che racconta di te, di te che un vento più
forte come foglio di carta nei suoi vortici ti ha portata via!
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