I giorni idioti
( da – Il canto del cardellino-)
Di Vincenzo Calafiore
20 Giugno 2024 Udine
“ …. L’amore, quello
custodito
nella memoria, affinché non
si cancelli.
Torna ora in queste mie notti
silenziose
in questo mio – estraneo –
ora, che posso
solo sognarlo, che lo posso
ancora sognare.
Tutto è rimasto uguale nella
memoria:
un luogo lontano da tutto,
così vicino a Dio!
Tutto è qui incredibilmente
vivo,
tutto è qui finché non lo
cancella il vento. “
Vincenzo Calafiore
Io lo sapevo, che
solo l’amore con la sua anima mi rende così innocente ora di fronte al baratro
che mi si prospettava da tempo e non mi aspettavo, ma che si è presentato
adesso con tutte le sue credenziali; è un’amante silenziosa e cinica l’età mia
che non perdona e nulla di più concede.
La primavera col suo
primo giorno di sole pieno e caldo ha fatto evaporare l’umidità accumulata nei
lunghi mesi invernali e riscaldò le fragili ossa, lungo i sentieri del giardino
fiorito; Marco, il poeta malinconico, è rimasto a letto, i suoi occhi vedevano
solo i suoi incubi notturni, le sue orecchie sorde al canto degli uccelli, non
declama più Checov .
Beatrice la
maestrina altoatesina, vestita col suo abito bianco, cappello a larghe falde e
velina sul viso, avanza lentamente fra i cespugli di fiori e piante profumate,
seguita a distanza dai suoi adoratori, quelli che l’amano nell’anonimato e si
nascondono dietro le siepi per spiare il suo passaggio.
L’inverno era stato
molto duro e lei non era mai uscita dalla “ Casa delle fate “; respirò
profondamente i profumi nell’aria e calcolò i giorni che mancavano al suo
viaggio di ritorno a casa sua per una breve vacanza.
Osservò il giardino,
rabbellito dal germogliar della primavera, sentì il profumo della terra
bagnata; i fiori brillavano ancora della rugiada notturna nel viale che portava
al padiglione degli ospiti, dall’aspetto opaco e triste.
I suoi occhi man
mano contavano gli anziani c’erano quasi tutti tranne io e il poeta
malinconico!
D’improvviso uno dei
suoi adoratori si avvicinò e le posò le mani sui seni, premendoli più con
curiosità che con lascivia. Lei rimase immobile, finché una sorvegliante non si
accorse della situazione e intervenne, ma lei con un gesto la trattenne, come
per sorvolare sull’accaduto.
Come ogni mattina,
quando l’alba si affacciava dietro i monti, mi preparai il caffè, inumidii il
pane del giorno prima con il latte, mentre il sole si alzava piano; quindici
anni, erano trascorsi quindici anni da quando sono arrivato in questo posto: “
La casa delle fate”, la casa di riposo, dove i vecchi finiscono i loro giorni,
me ne ricordo come se fosse appena ieri.
Beatrice è stata la
prima donna che ho incontrato passeggiando nel parco, mi presentai a lei per
conoscenza; lei appoggiò il suo braccio sul mio e continuammo a passeggiare
lungo i viali del parco.
Mi rivolse mille
domande come un esteso interrogatorio: quante donne per notte … quanti anni
avessi … e come mai ero finito in questa casa di riposo; sulle sue labbra quell’investigazione
acquisiva una candida patina d’innocenza.
Da quel giorno mi
aspettava ovunque e ovunque la trovavo ad attendermi.
La sua semplicità
catturava la simpatia di tutti, non era più tornata dalla famiglia, ne aveva
più rivisto i suoi fratelli; ma ogni mese spediva dei soldi a un suo amico che
le teneva in ordine la sua casa, dove spesso vi faceva ritorno.
Non aveva
dimenticato il suo mondo di cieli chiari e notti stellate, di profumi
deliziosi, calore e ore passate sdraiata sull’erba a guardare le nuvole correre
in cielo.
Dicono che la cicala
canta per una sola estate, e io pensai al mio tempo sempre più breve, lei questo
lo leggeva nei miei occhi smarriti ….
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