venerdì 21 giugno 2024


 

I giorni idioti

( da – Il canto del cardellino-)

 

Di Vincenzo Calafiore

20 Giugno 2024 Udine

“ …. L’amore, quello custodito

nella memoria, affinché non si cancelli.

Torna ora in queste mie notti silenziose

in questo mio – estraneo – ora, che posso

solo sognarlo, che lo posso ancora sognare.

Tutto è rimasto uguale nella memoria:

un luogo lontano da tutto, così vicino a Dio!

Tutto è qui incredibilmente vivo,

tutto è qui finché non lo cancella il vento. “

                                    Vincenzo Calafiore

 

 

Io lo sapevo, che solo l’amore con la sua anima mi rende così innocente ora di fronte al baratro che mi si prospettava da tempo e non mi aspettavo, ma che si è presentato adesso con tutte le sue credenziali; è un’amante silenziosa e cinica l’età mia che non perdona e nulla di più concede.

La primavera col suo primo giorno di sole pieno e caldo ha fatto evaporare l’umidità accumulata nei lunghi mesi invernali e riscaldò le fragili ossa, lungo i sentieri del giardino fiorito; Marco, il poeta malinconico, è rimasto a letto, i suoi occhi vedevano solo i suoi incubi notturni, le sue orecchie sorde al canto degli uccelli, non declama più Checov .

Beatrice la maestrina altoatesina, vestita col suo abito bianco, cappello a larghe falde e velina sul viso, avanza lentamente fra i cespugli di fiori e piante profumate, seguita a distanza dai suoi adoratori, quelli che l’amano nell’anonimato e si nascondono dietro le siepi per spiare il suo passaggio.

L’inverno era stato molto duro e lei non era mai uscita dalla “ Casa delle fate “; respirò profondamente i profumi nell’aria e calcolò i giorni che mancavano al suo viaggio di ritorno a casa sua per una breve vacanza.

Osservò il giardino, rabbellito dal germogliar della primavera, sentì il profumo della terra bagnata; i fiori brillavano ancora della rugiada notturna nel viale che portava al padiglione degli ospiti, dall’aspetto opaco e triste.

I suoi occhi man mano contavano gli anziani c’erano quasi tutti tranne io e il poeta malinconico!

D’improvviso uno dei suoi adoratori si avvicinò e le posò le mani sui seni, premendoli più con curiosità che con lascivia. Lei rimase immobile, finché una sorvegliante non si accorse della situazione e intervenne, ma lei con un gesto la trattenne, come per sorvolare sull’accaduto.

Come ogni mattina, quando l’alba si affacciava dietro i monti, mi preparai il caffè, inumidii il pane del giorno prima con il latte, mentre il sole si alzava piano; quindici anni, erano trascorsi quindici anni da quando sono arrivato in questo posto: “ La casa delle fate”, la casa di riposo, dove i vecchi finiscono i loro giorni, me ne ricordo come se fosse appena ieri.

Beatrice è stata la prima donna che ho incontrato passeggiando nel parco, mi presentai a lei per conoscenza; lei appoggiò il suo braccio sul mio e continuammo a passeggiare lungo i viali del parco.

Mi rivolse mille domande come un esteso interrogatorio: quante donne per notte … quanti anni avessi … e come mai ero finito in questa casa di riposo; sulle sue labbra quell’investigazione acquisiva una candida patina d’innocenza.

Da quel giorno mi aspettava ovunque e ovunque la trovavo ad attendermi.

La sua semplicità catturava la simpatia di tutti, non era più tornata dalla famiglia, ne aveva più rivisto i suoi fratelli; ma ogni mese spediva dei soldi a un suo amico che le teneva in ordine la sua casa, dove spesso vi faceva ritorno.

Non aveva dimenticato il suo mondo di cieli chiari e notti stellate, di profumi deliziosi, calore e ore passate sdraiata sull’erba a guardare le nuvole correre in cielo.

Dicono che la cicala canta per una sola estate, e io pensai al mio tempo sempre più breve, lei questo lo leggeva nei miei occhi smarriti ….

 

 

 

 

 

 

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