giovedì 13 giugno 2024


 

Il sogno mio

 

Di Vincenzo Calafiore

14 Giugno 2024 Udine

Quel volto di donna, mi era tanto familiare, lo conoscevo bene, perché ogni qualvolta che passava la sua immagine nella mia testa provavo grande emozione, pur non sapendo in verità chi fosse e dove avessi incontrata quella donna; di lei non conosco nulla, se è alta a bassa, grassa o magra, so soltanto che è bella, bella da morire.

Può anche darsi che questo volto di donna bellissimo sia frutto della mia fantasia, come potrebbe essere ciò che è rimasto in testa di un sogno mio.

In certe sere d’estate, quando il caldo era insopportabile anche in casa, così com’ero in costume da bagno, me ne andavo in riva al mare e lì ci rimanevo fino a notte inoltrata.

Erano delle notti serene, trascorse sotto un cielo stellato con il mare illuminato quel poco per fare sognare; fu in una notte di quelle che vidi una barca sbucare dal buio e arenarsi sulla riva, dalla barca scesero, una ragazza assieme a un ragazzo, e un uomo.

Mi vennero in contro e parlavano un’altra lingua, in qualche maniera feci capire loro di seguirmi e li portai a casa.

Diedi loro la possibilità di lavarsi e di rifocillarsi; non avevano altri vestisti che la ragazza lavò e mise ad asciugare sullo stenditoio in balcone, la ragazza e suo fratello andarono a dormire nel mio letto, io e il loro padre ci sistemammo alla meno peggio per terra in soggiorno.

Al mattino mi recai nell’unica bottega che abbiamo nel villaggio per prendere il latte e tè, biscotti e marmellata per preparare una buona colazione.

Il profumo del basilico dal balcone inondò tutta la casa, mischiandosi al profumo del caffè.

Davanti ai miei occhi lei, all’impiedi, avvolta in un asciugamano! Mi lasciò senza fiato, incantato di tanta bellezza.

Li lasciai fare colazione e andai a bere il mio caffè sul balcone a guardare il mare dello Stretto; poi presi la mia borsa e i fogli da disegno e me ne andai in riva al mare; dando loro la possibilità di rimanere soli e di organizzarsi.

La ragazza sedette su uno scoglio …. Presi un foglio di carta grande, bianco e mi misi a disegnare.

La guardavo fisso, lei teneva gli occhi chiusi, mi fermavo sulle ciglia, sugli occhi. Il padre guardava ora me ora lei come per capire un dialogo incomprensibile fatto nella lingua incantata degli uomini giovani; mi soffermai sulla fronte, fissavo la bocca.

Non si sentiva una parola, come un Dio ricalcavo le sembianze di lei, e lei si sentiva sotto una luce abbagliante con le sue vene, le sue pieghe, i suoi segreti, tutto.

E coprendosi una mano mostrava l’altra e alla fine le nascose tutte e due come due colombe sotto la veste.

Si sentiva percorsa punto per punto dal mio sguardo come se la consumasse, e io stesso imitavo l’atto della sua bocca, spingendo fuori le labbra, imitavo il suo sguardo, la ritrosia delle sue ciglia.

Lei sentiva di disfarsi lentamente, di inabissarsi, di perdersi, di fondersi nell’universo, di entrare in un altro corpo in altre spoglie.

Lei cominciò a guardarmi come se i nostri destini si fossero uniti, le sembrò d’essere stata rapita, che mi appartenesse come se l’avessi sposata, e all’alba di un matrimonio, immemore per un attimo di essersi legata a un uomo.

E io ero il suo uomo, inaspettato, arrivato come una favola.

Si sentì sposa mistica di un uomo che l’aveva rapita.

Si sentì vicine le mani, le mie mani e il mio fiato, e i miei occhi.

Lei aprì gli occhi, mi guardò; pensò e ricordò che somigliavo a qualcuno, sebbene fossi forestiero, forse a un’immagine dipinta in una chiesa.

Sentì per la prima volta il respiro del sangue nelle sue vene, tra i suoi occhi fissi nei miei, mentre il mondo diminuiva al tramonto come accade di sentire nel sonno … le parve di sentirmi addosso, d’essere trascinata in alto sulle ali di un gabbiano.

 

 

 

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