giovedì 6 marzo 2025


 

Marea


Vincenzo Calafiore

07Marzo 2025 Udine

 

Adesso io in questo mare basso e senza vento, galleggio in una lunga deriva, che non va da nessuna parte; racchiuso tra gli scogli, in poco mare, posso vedere nei tratti tra uno scoglio e l’altro il mare grande, azzurro e spumeggiante è una visione bellissima, di grande respiro e di libertà assoluta.

Mi pare di essere in paradiso, assorto nei miei pensieri; è una condizione di impareggiabile serenità, che mi porta in alto, e come un gabbiano guardo il mio mare da lassù, da quel cielo dipinto e tratteggiato dalle ali.

Tutto questo è racchiuso come in uno scrigno, nella parola, nel verbo amare; forse da me coniugato malamente per aprire una breccia nel suo cuore, provato da molte tempeste.

Marea!

E’ in piedi e fissa il mare dalla finestra aperta, il mare calmo in questa notte di marzo che sembra appartenere a un’altra stagione vissuta in una precedente vita.

Il suo profilo è nitido contro il profilo del mare e, dolcissima melodia sembra invadere la stanza.

Inizio a prendere i primi appunti … di notte i pensieri diventano superfici vitree su cui scorrono scene d’amore e di carezze, baci, è un inganno del forte desiderio di averla; sono dei riflessi strani che gli occhi ingannano, cerco un registro per potervi annotare queste sensazioni notturne.

E’ bellissimo tornare a scrivere dopo tanto mare, sono forse lo scriba dei suoi sogni.

La mia mente barbaglia come il mare, sotto la miriade di immagini che lei cattura e mette a fuoco.

Il volto di Marea ha una luce diversa, i suoi occhi cerulei brillano di luce bellissima, come mai li ho potuti vedere.

So cosa sta pensando in questo momento, la sua mobilità, la sua maniera di guardare sono forme di amore che ancora devo imparare a conoscere, per poterla amare come vorrei; non mi è difficile parlare di lei.

La penna stilografica corre sul foglio, a tratti si ferma come se in un  -bianco – si cancellassero le mie immaginazioni, come precipitassero in un vuoto d’aria; ma subito l’emozione nello scrivere di lei mi cattura, torna a proiettarsi in me il senso dell’amore.

Dunque da quando ho cominciato a scrivere, mi ha ripreso una strana voglia di vivere, che avevo dimenticato per troppi anni. La piccola lampada che rimane accesa tutta la notte è un faro, è la mia salvezza dall’incubo di non sapere amare; è uno degli incubi che mi perseguita da un po’ di anni a questa parte.

La solitudine in me è una tempesta che strappa le labbra, è come tagliare le ali a un gabbiano!

Ricordo il sogno, quando la incontrai e ci siamo trovati a distanza ravvicinata, è stato come trovarsi con angelo volante, ci siamo abbracciati e, baciati …..

Nell’alito acre, che i miei pensieri mandavano ho respirato l’emozione di risalire il cielo tra le sue braccia, ma anche la duplicità del Tempo che rimaneva romantico, dolce e insieme mielosa sua presenza.

Poi aprendo gli occhi per un breve attimo ho potuto vedere il vero volto della solitudine nell’abisso del vuoto attorno a me!

La sintonia con una donna, quando è profonda è uguale al rapporto che si ha con una melodia ascoltata; c’è sempre qualcosa di indefinito o di indefinibile che definisce il destino.

Guardare una donna negli occhi è un qualcosa  che ha a che fare con il ritmo del cuore, con la delicatezza che è propria del volo di una farfalla.

Me la ricorderò negli anni migliori se mai ci saranno, con l’innocenza testarda della mia vita!

Ricorderò lo splendore del suo corpo che mai ho potuto vedere e mai vedrò.

Sono anni ormai, da quando il mio essere < Ladro di Coriandoli > non mi ha permesso di fare ritorno sulla terra … ogni giorno ho rimandato questo appuntamento con la morte, e sono rimasto in quella stretta al cuore che si chiama: Amore, amare una donna!

Questa si che è vita, vivere!

mercoledì 5 marzo 2025


 

L’allegria

( in attesa della vita che verrà)

Vincenzo Calafiore

 

Udine, 5 Marzo 2025 ( in attesa della vita che verrà)

“…. l’allegria?

Peccato che sia morta! In questa vita

sociale triste, dove il malcontento e il rancore

non smettono di crescere fra la gente nauseata

da una corruzione talmente esercitata, da

diventare normale, come fosse una funzione

vitale: mangiare,bere, fare sesso …. “

                                Vincenzo Calafiore

 

L’allegria? Peccato che sia morta! In questa vita

sociale triste, dove il malcontento e il rancore

non smettono di crescere fra la gente nauseata

da una corruzione talmente esercitata, da

diventare normale, come fosse una funzione

vitale: mangiare,bere, fare sesso !

E’ un pensiero che nel tempo è diventato qualcos’altro,

una costante, specialmente questa sera, sempre più lontana dal mare e dalla risacca, sempre più distaccata dalla realtà. A guardare l’altra faccia è come guardare il mistero, invece è un qualcosa di diverso, è uno spartito musicale dell’universo, una musica a noi sconosciuta.

Se la si potesse ascoltare, sarebbe come tendere l’orecchio dentro di se, verso le profondità dove esiste un mondo inferiore, e uno superiore dove esiste un “linguaggio” che siamo noi.

E’ che questo “ linguaggio “ è sconfinato silenzio, sconfinata solitudine, ecco perché, mi sembrano inutili le parole che ho in mente, nel cuore, di cui abitualmente mi servo.

Sono molti i momenti in cui ho la netta sensazione che queste parole non servono e non potrebbero servire a niente, tanto non cambierebbe nulla.

Un tempo ero più che convinto che la bellezza fosse ovunque, la bellezza è qualcosa che sentiamo dentro, perché è fatta di parole, delle parole più belle da cui siamo stati formati.

Ed io la sento, in me.

Certi momenti  riaffiorano i contorni di una notte, non una notte qualsiasi ma la notte in cui mi sono perso su una riva rischiarata dalla luna, incantata dalla risacca e di tanti lontani orizzonti mai raggiunti.

Vorrei chiedere a questa magica notte di impedirmi di ricordare, rimango zitto, arreso, mentre la mente torna indietro nel tempo.

E mi pare che la notte che s’appresta vada facendosi  più quieta intorno al mio perdermi e ritrovarmi tra le braccia dell’amore, che m’appare come fantasma, quieta e perfino clemente, intorno al mio desiderio di amare.

Nel mio delirio ho potuto vedere la mia vita, confusa  tra le tante cose ammucchiate nell’odore stagnante di muffa; la vidi sotto la luce di un lume che la rischiarava come un volto votivo.

Sorrideva al vuoto, e mi sembrò bellissima e quando mi disse: “Ciao, come stai” con quel tono che una madre riserva a un bambino, mi sono fatto forza per non correre tra le sue braccia, e anche io le risposi: “ Ciao Vita”! C’è stato solo un gran silenzio, sospeso nell’aria catramata di questa notte dagli artigli affondati nella pelle.

Basta poco e finisce l’incanto, la vita che ho è una brutta, bruttissima copia di quella che avevo, un tempo l’allegria e la vita andavano a braccetto, oggi la vita non sa più ritrovare l’allegria, è andata perduta nelle impronte lasciate dai cinghiali. Così quella notte ho visto la vita scivolare nuovamente nel suo naturale alveo delle cose ripetute, della noiosa quotidianità …. Stavo per chiederle:

“ liberami” !

Liberami dalle abitudini, dal potere occulto plasmato addosso alle persone. Di lasciami andare al di là delle barriere dello spazio e del tempo, in un fiato umanissimo, che si espande su uno specchio delicato e segreto: la mia anima.

Tornare lassù dove tutto è cominciato, fra gli angeli!

La mia anima ha una sua strana luce, i suoi occhi sono azzurri, come mai li ho visti, è un oceano, un oceano-mare, sempre in movimento, sempre spumeggiante, sempre più di vita.

Guarda! L’infinito che c’è in me.

 

 

domenica 2 marzo 2025


 

Sulle ali di una farfalla

 

Era una di quelle sere che hanno un potere, magico di contemplazione, come se una coscienza di forti poteri magici, si fosse librata in aria con l’intenzione di guardarci, con le strade deserte, le piazzette vuote di gente.

Era come se tutto avesse un gran sentore di un qualcosa che sarebbe accaduto da lì a poco dal cielo.

Come la risacca restituisce sulla riva ciò che si butta, la memoria mi restituisce delle immagini che dapprima oltre a non avere significato per me, io non rammentavo affatto.

Una farfalla che era entrata nel mio studio, mi ricordò un sogno bellissimo di quando avevo raggiunto un altro mondo bellissimo, pieno di fiori e cieli fantastici, la cosa strana era l’astronave che appena toccò il suolo di quel mondo si dissolse in una quantità infinita di farfalle; e a quanto mi disse un frate cappuccino, io ero stato in paradiso.

Era entrata nel mio studio forse attratta dalla luce della lampada sulla scrivania, lasciava immaginare la paura e la meraviglia allo stesso tempo che la spingevano a tanto; quando attraversò la luce ho potuto vedere tutta l’ampiezza delle ali sotto i miei occhi i suoi bellissimi colori.

Rimasi affascinato  dalla sua forza, dalla sua voglia di vivere, dai suoi colori; in quel momento c’erano delle vite che si immergevano l’una nell’altra, ed era una bella sensazione.

La gente stava in casa e, dai televisori giungevano notizie di guerra, quella del Golfo.

Le notizie calavano come corvi, sulle case e piazzette, nei vicoli ombreggiati dalle buganvillea, arrivavano ingigantite in quell’aria d’incanto.

Nel mentre l’immagine della farfalla non mi abbandonava, rividi mia madre quando con garbo mi insegnava i suoi pensieri sulla vita. Mi insegnò cos’è il pensiero e mi spiegò la sua energia che sopravvive a ogni cosa e, a come queste energie messe assieme, fanno la storia di un uomo, della razza umana, erano in realtà la vita eterna.

Ho imparato da lei ad annotare i miei pensieri, lei lo faceva su un quaderno, io sul mio portolano.

Lo sfoglio piano, lo rileggo forse per ricordarmi chi sono, lo scritto rimane negli occhi, la mia scrittura pare che si dimentichi di se stessa si interrompe con le – note- i richiami … volando la mente mia raggiunge un – altrove – il cassetto ove è custodito il mio romanzo:

“ Il Ladro di Coriandoli “ istintivamente lo apro a pagina 46 come il mio anno di nascita, accendo un sigaro e mi metto a leggere.

“ Alfonso ( è il personaggio principale ) non si dava pace di essere un padre abbandonato dalla propria figlia che ha cinquant’anni. Lei non si è mai preoccupata dei suoi genitori, non voleva essere e mai sarebbe stata la loro badante, così aveva confidato a una sua amica e, questo pensiero li aveva raggiunti per vie traverse.

Lei non è mai stata bene nella sua casa e con i suoi genitori e, appena possibile abbandonò tutto per sparire nel nulla. Alfonso non si da ancora pace e, questo pensiero lo ha divorato dentro come un incurabile tumore. “

Richiudo il manoscritto e penso al dolore custodito dentro come un bene prezioso da questo uomo,perché è l’unico a riportarlo ogni notte a sua figlia che ormai non ricorda neppure il suono della sua voce. Penso alla sua vita di inferno, ma soprattutto alla solitudine e alla tristezza che si è portato addosso come un vestito per tutta la vita.

Ma la domanda è: come si fa a vivere così, come ha fatto a sopportare tutto ciò?

 La  penombra nasconde ogni cosa, le persone, studiata per creare certe atmosfere, è allo stesso tempo un antidoto alle angosce, esalta le speranze e, prima di superare il limite di quel buio incerto

mi trovai di fronte al mio sogno più bello.

Ma era un inganno, un’emozione da poco, che essa trasmetteva, emozione percettiva e l’impalpabile luminosità che i sensi prendono prima degli occhi a rendere profondamente diversa la mia vita in quel preciso momento, capii ed ebbi la conferma che a ben altra dimensione io appartengo