La 19^ pagina
Di Vincenzo Calafiore
2 novembre 2015 –Udine
Sono parole lasciate dalla cruna di un ago nei tessuti
delle nostre anime, quelle che assieme a tante immagini tornano da memorie
sconosciute, da tempi lontani che noi naviganti su questa zattera sospesa nel
blu, non ricordiamo, non riconosciamo.
Abbiamo attraversato tante
rovine e mari di solitudine, con quelle parole, che a volte c’era sembrato di
averle sottratte da certe rime in forma di poesia inneggianti all’amore, alla
vita.
Siamo andati via dalle nostre
stesse vite, sperduti inconsapevolmente in quella piacevolezza dell’intrattenimento
con i ricordi delle nostre vite; quante volte ci siamo giurati amore! E’ per
questo, di mare in mare fin qui portati da lunga deriva riuscimmo a rivivere
quel miracolo che è il – ritorno – con il nostro tempo quasi finito, consumato
e dissipato che in qualche modo pulsa ancora. Ed ha anche dei suoni, una
sembianza di boleri e canti gregoriani, voci che ci presentizzarono al nostro lontano.
Tu, l’hai sempre saputo che a
un certo punto sarei arrivato io, nella tua vita e mi attendevi su quella
zattera alla deriva, aspettavi le mie braccia che ti avrebbero sollevata,
abbracciata, tenuta; sapevi già che ti avrei dato felicità e già sognavi
un’altra vita, altre mille vite assieme, tu vela e io corda su cui saresti
scivolata per tornare a navigare di bonaccia in bonaccia verso un infinito che
solo tu ne conoscevi l’esistenza.
Innamorarmi di te è stato per
me un nuotare tra i flutti di giovani innocenze, di consapevolezze, impalpabili
sensazioni e dolcissime emozioni; eri quella mano tesa che spesso nelle mie ore
notturne diveniva linguaggio di poesia
in cui rimbalzano immagini tue, fluttuanti in quel blu.
Amare, amarti, non verbi ma
linguaggio in cui sono accolti i loro ritmi in un dolce amaro che è la
ricordanza che restituisce per rinverdire vitalità al nostro desiderio di
raccontarci incrociando solamente lo sguardo.
Amarti dunque era ed è ancora
una poesia, dialogo con le realtà di ciò che è stato e sarà; ma è un fiume che
sale dalla lontananza al presente e non lasciandosi dietro immagini lontane,
tornar mi fa tra le tue braccia.
Amare non a volte, ma sempre,
con tutti i suoi linguaggi.
E’ – esserci – su questa
zattera e continuiamo a scriverci, a raccontarci, ad amare più quello di noi
che pian piano si sta perdendo entro un’evanescenza di scansioni temporali.
La mia vita di pazienza, ah! ,
quante volte l’ho vista stracciata e sprecata dall’orgoglio e dalla cupidigia,
dalla vanità di certi pensieri, dall’indifferenza degli dei più volte vinto,
più volte sconfitto ancora con quelle parole nell’anima.
Amore è la parola che congiunge
e unisce le diverse lontananze, i diversi distacchi, forse una modalità di
pensiero non definitivamente perduto che vive nella contemplazione oggi come
ieri nella continuità artefice della sconfitta di tutte le distanze.
Un tempo ho creduto che la
distanza altro non fosse che una risorsa dell’anima, oggi mi sono stancato di
nuotarci dentro, a volte ci annego altre volte ci galleggio dentro una deriva
che non so in quale spiaggia un giorno mi depositerà.
Mi è rimasto che l’ amore, remo
che mi permette ancora di poter navigare, forse per raggiungerti o per perderti.
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