sabato 31 ottobre 2015



Le verità invisibili

Di Vincenzo Calafiore
1 novembre 2015-Udine

Avrei voluto impostare la mia vita in una certa maniera, poi come succede il suo essere fiume mi ha portato dove io non avrei mai voluto esserci. E ho vissuto con il peso delle responsabilità, ho assaporato l’acidulo sapore che hanno le privazioni; pur di donare a chi era con me una vita almeno decorosa, ci sono riuscito senza mai chiedermi quanto mi fosse costato.
Ho pensato di aver “vissuto” quel mio tempo trascorso, invece quel tempo malgrado il mio pensiero, è andato perduto senza essere stato vissuto senza la possibilità di coglierne il senso, perché invisibile.
La sua invisibilità, a dispetto della apparente concretezza del mondo e degli esseri umani, è andata persa in apparente lungo percorso ove sono state rivissute certe interiori tristezze senza dissolverle, senza riconciliazione con la mia anima orfana.
Forse è di lontananze che si tratta. E mentre continuo il mio viaggio man mano si concretizzano le conferme delle manifestate lontananze che trovano il loro correlato psicologico nell’idea stessa della separatezza ove si amplificano gli spazi fisici o mentali che dividono, creano allo stesso tempo il senso di un’interna mancanza.
Ci sono gli inganni della memoria che interviene sui fatti trasfigurandoli e rendendoli allo stesso tempo oggetto di nostalgia, dolce sofferenza alleviata dal seme della speranza.
Ma questa non è “ vita ” e non lo sarà maggiormente se saremo sorpresi a godere della propria sofferenza per trarne chissà quale attenzione altrui o dell’immediato contorno, ai quali non gliene importa proprio nulla.
Che il ricordo si faccia rimpianto di ciò che non è più, ossia tanto lontano e vicino allo stesso tempo da non poter essere afferrato e tenuto, questo lo sapevo già, ma quello che non riesco ancora a capire è in realtà sapere cosa significhi realmente “vivere” .
Accade così che io viva negli amori finiti o nei ricordi delle trascorse stagioni, della vita che se ne va nel passato immergendosi nei fatti sperando di ritrovarli come se nulla fosse cambiato, nonostante gli anni trascorsi, negando a se stessa che ormai ci sono troppe lontananze, troppe verità invisibili.
Tuttavia sono stato proteso a diminuire il carico delle negatività che la lontananza stessa contiene, ma forse più che altro ho cercato di vivere le lontananze per sconfiggere l’umana finitezza che come un’immagine torna a volte da luoghi e tempi diversi, lontani; per rompere le severi leggi dell’irreversibile: per questo “ vivere” e per il suo accoglimento che m’appare perfino più dolce, ho tenuto aperto un varco su queste mie profonde distanze interiori.
Allora andavo sicuro a scrutare per me per quelli con me, per quelli come me nuovi orizzonti ampi e lontani forse per esorcizzare la paura della fine.
Per non essere preda, ho fatto ricorso a una difesa antica e sempre efficace per combattere le solitudini connesse alla terrena limitatezza di quanto mi è stato negato o mi viene ancora negato e che continuerà ad essere negato: la felicità.
Lo so è coraggio.
Coraggio di soffrire tenendo serrata la bocca, senza far trapelare se non il sorriso scenico, che tanto piace, poi il resto è solo che lontananza e solitudine.
C’è l’amore che per fortuna mi fa concepire mete diverse per ritrovare quella felicità e serenità che mi sono state negate.
Io Amo.


Nessun commento:

Posta un commento