Non a caso ….
Di Vincenzo Calafiore
22 ottobre 2015
Più i no che i si: il
gioco dei sogni.
Ci sono solitudini
alle quali mi sono avvicinato pian piano nel tempo, solitudini tanto personali
da tenerle custodite come un bene prezioso.
Sono nate dalla mia
storia ormai quasi macerata, cose che difficilmente potrò sanare se non
gettandole via cercando di sopravvivere a questa specie di “morte interiore”.
Alla mia vita ci ho pensato spesso, non è mai passato un giorno senza pensarci,
è stata solo che una distesa brulla, monocromatica, senza la piacevole
sensazione di essere amato, per lo più si è trattato di un tempo durante il
quale ebbi modo di recitar silenziosi soliloqui. Ecco da dove giungono le mie
solitudini.
Poi sono stato in
grado di dare amore, io che l’amore non lo conoscevo ancora.
Così accade di veder
la mia vita consumarsi in silenzio, il
silenzio come una prigione che amo.
Ho imparato a parlare
con gli occhi più che con le parole, già i miei occhi che tante tristezze hanno
visto e ne sono rimasti affascinati, incantati da quelle parole così capaci di
dare ancora amore.
Non a caso ci sono
queste mie solitudini! In questo mio continuo intrecciarsi di vicende
personali, di storie degli altri, della mia vita che va contro con il mondo che
comunque va oltre, disinteressandosi dei piccoli-grandi drammi delle esistenze
che a volte si consumano dietro un sorriso, uno sguardo, fissate nell’attimo
lungo delle stagioni della vita.
Le mie memorie da
vecchio.
Ricordi, appunto.
Segnati nella mente,
alla prese con l’ansia e le paure di un domani incerto succube di una morte che
arriva puntuale, come una condanna, come un treno ad una stazione ove
inconsciamente ci salirò assieme a tanti altri sconosciuti.
Chissà se incontrerò
qualcuno che ricordandosi di alcune parole si ricorderà di me, ricorderà le mie
parole scritte!
Non sono stato un
buon regista della mia vita. Vissuta non da protagonista, per me è sempre stato
meglio tenere in mano un buon libro piuttosto che uno scettro, una vita lunga
in un secolo breve.
Breve per un ragazzo
un po’ cresciuto di poche parole e schivo che si sorprende a ritrovarsi di
colpo maturo attraverso l’inequivocabile segno di tanti capelli bianchi,
scoperti un giorno all’improvviso.
Poi l’abbrutimento di
giorni e giorni, settimane, senza guardarmi allo specchio.
E’ breve anche per un
mondo che porta in sé già i segni dei
problemi del nuovo.
Ma cosa contava di più?
Era contato di più
l’amore che ho donato, rivissuto poi come un malessere personale nelle maglie
di una serena possibile obiettività, dettata più dal rifiuto e negazione da chi
avrebbe potuto riceverlo, che dal tempo comunque trascorso. Che accentua e non
annulla le ansie, e lascia l’amaro acidulo della sconfitta, i disagi, e tutti
nei contesti più ampi di un ineludibile scorrere del tempo che nulla più
concede.
Una vita dai tanti
nomi dai destini diversi ma in qualche modo tra loro incrociati, tra un si e i
tanti no.
E nel frattempo la
vita è passata e non c’è più tempo, nè la voglia di combattere, non c’è più voglia di
compromessi, né di concedere amnistie, c’è solo desiderio di rendere giusta la
giustizia per fare in modo che io possa scegliere di vivere o morire in un
presente sempre rincorso per una brevità migliore.
Nessun commento:
Posta un commento